L'agricoltura italiana? "In mano alle multinazionali" e "non genera molti posti di lavoro"

L’Eurispes in collaborazione con Confagricoltura ha condotto un’indagine sull’agricoltura come "bene comune", ovvero basata sul concetto di condivisione

di Redazione
Economia

Eurispes, “L'agricoltura italiana come bene comune”

La cronaca quotidiana ha riportato al centro dell’attenzione alcuni fondamenti del vivere civile. Fra i molti, il concetto di diritto, la dipendenza del nostro modello di benessere dalla disponibilità di energia elettrica; la fragilità dell’autosufficienza alimentare; lo iato fra questa circostanza e la crescita dell’export agroalimentare nazionale. L’agricoltura torna alla luce dei riflettori come problema, “issue” che genera numerose domande in una economia globale sempre più interconnessa e dipendente. La ricerca, partendo dall’assunto di “agricoltura come bene comune”, si è posta due obiettivi: esplorare il significato contemporaneo del concetto di bene comune, in generale e nello specifico dell’associazione all’agricoltura; misurare la percezione dell’agricoltura come bene comune nelle dimensioni principali.

“L'agricoltura italiana come bene comune”. I risultati dello studio

I risultati dello studio, condotto attraverso una serie di interviste a esperti e attori del settore, evidenziano alcune importanti indicazioni:

- è solida un’idea romantica della campagna, ispirata dai canoni iconografici delle pubblicità;

- emerge un vissuto totalmente idealizzato: da un lato, un solido percepito di positività umanistiche; dall’altro, la consapevolezza che il benessere materiale sia il prezzo da pagare laddove ci si dedichi all’agricoltura;

- la sensibilità al tema della preservazione dell’ecosistema naturale è forte;

- l’agricoltura è centrale nella formula economica nazionale, sia nel contributo diretto alla vita dei cittadini, che nelle forme indirette di asset paesaggistico, dove però il tema della privatizzazione della terra e della presenza delle multinazionali è presente in una costante controluce problematica;

- fatica ad affermarsi l’idea di un’agricoltura aderente ai mantra tecnologici della contemporaneità:

- emerge l’idea di un’attività ancorata ai metodi tradizionali vista in chiave unicamente positiva;

- il luogo in cui si vive sembra influenzare l’atteggiamento verso la direzione dell’investimento in agricoltura: i cittadini puntano su temi di sostenibilità, in campagna si guarda alla produttività e all’innovazione

L'agricoltura italiana e il suo contributo all'economia

L’agricoltura è considerata una parte fondamentale dell’economia da circa l’86% dei rispondenti, ma non genera molti posti di lavoro per il 53,6%, e non è ritenuta moderna e innovativa nel 43% dei casi.

L’agricoltura, inoltre, non sembra assorbire per i rispondenti troppe risorse pubbliche (55,8%) mentre si percepisce largamente in mano alle multinazionali (71,5%).

I giovani (18-24 anni) si dichiarano convinti (91,9%) che l’agricoltura sia una parte fondamentale dell’economia e che essa però sia in mano sempre più alle multinazionali (81%).

Gli over 35 anni sono più convinti che l’agricoltura sia poco moderna e innovativa e che non generi molti posti di lavoro.

per quantoIl contesto in cui si vive è una variabile discriminante riguarda le risorse pubbliche: il 60,2% di chi vive in un contesto urbano è poco e per niente d’accordo con il fatto che l’agricoltura assorba troppe risorse pubbliche mentre chi vive in un contesto rurale si dichiara (52,6%) molto o abbastanza d’accordo.

L’89,7% di chi abita nel Nord Italia ritiene che l’agricoltura sia una parte fondamentale dell’economia.

Inoltre, chi abita al Nord e nel Centro Italia crede maggiormente che l’agricoltura assorba troppe risorse pubbliche (rispettivamente il 48,3% e il 49,1%) rispetto a coloro che abitano al Sud o nelle Isole (36,2%).

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