La guerra del grano con l'Ucraina: "La pasta italiana rischia di sparire"

La petizione di Cia-Agricoltori Italiani: "Abbiamo raccolto 50mila firme, le portiamo al ministro Lollobrigida. La filiera italiana è a rischio, prezzi falsati"

Redazione Economia
Francesco Lollobrigida
Economia

La guerra del grano con l'Ucraina: la rivolta della filiera italiana

La guerra in Ucraina sta provocando conseguenze drammatiche anche relative al grano italiano. Kiev ha i silos pieni a causa del blocco al commercio imposto da Putin e ora sta cercando di liberarsene, ma lo fa svendendoli e alterando i prezzi del mercato. Un grave danno per la filiera del grano in Italia. Le quotazioni del grano duro italiano, in meno di un anno, sono passate da 580 euro/tonnellata del giugno 2022 agli attuali 360 euro/tonnellata. Mentre il valore riconosciuto ai produttori italiani diminuisce, il prezzo pane e pasta aumenta. Sul crollo delle quotazioni, incide l’arrivo massiccio in Italia di grano proveniente dall’estero, in quantità crescenti dall’Ucraina. Sono 40mila finora, ma il loro numero negli ultimi giorni sta crescendo di circa 10mila al giorno, le firme raccolte dalla petizione nazionale lanciata da Cia-Agricoltori Italiani per difendere grano e pasta italiani, con la richiesta al governo di attivare misure che tutelino i consumatori e permettano ai produttori cerealicoli di coltivare grano in condizioni migliori di quelle attuali.

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"Le adesioni cresceranno ancora", dichiara Gennaro Sicolo, presidente di Cia Puglia e vicepresidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, "porteremo quelle firme sul tavolo del ministro Lollobrigida: è ora che la Sovranità Alimentare si trasformi da slogan vuoto e politiche concrete". "La situazione - dichiara Cristiano Fini, presidente nazionale di Cia - è semplice e drammatica: con i prezzi riconosciuti ai produttori, le aziende agricole non riescono a coprire i costi di produzione. Il valore e la redditività devono essere redistribuite più equamente lungo la filiera. Dobbiamo cercare di fare più attenzione rispetto ai grani che vengono importati. La filiera si rafforza se crescono anche il settore primario e la produzione italiana, altrimenti il rischio è che la scarsa redditività costringa le imprese italiane del comparto a rinunciare a seminare grano, con una crescita della nostra dipendenza dall’export e la perdita di posti di lavoro”.

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