Lisin, Usmanov, il fondo sovrano russo: la rete del potere putiniano in Italia

Ucraina, la minaccia Ue contro le banche russe: uno schiaffo agli oligarchi?

di Marco Scotti
Vladimir Putin, 69 anni, fu nominato primo ministro nell’agosto 1999 da Boris Eltsin. Da allora è alla guida della potenza ex sovietica
Economia
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I numeri dell'interscambio commerciale Italia-Russia

In queste ore convulse che sembrano ormai inevitabilmente precedere una guerra, si fatica a capire anche quali siano le contromisure che l’Europa vuole prendere per arginare l’escalation di violenza. L’Ue sarebbe pronta a sanzioni specifiche contro le banche russe, riducendo drasticamente la possibilità di interscambio e quindi tarpando le ali ai famosi oligarchi russi.

Il disegno sarebbe il seguente: fermare le attività economiche di quella pletora di miliardari che, da quando è arrivato Putin al Cremlino, hanno ulteriormente accresciuto i propri patrimoni. E far sì che si crei una sorta di “rivolta” dei paperoni contro il presidentissimo russo, rovesciandolo proprio perché ha bloccato i loro affari.

Una ricostruzione fantasiosa, certo. Ma è indubbio che se dal meccanismo delle sanzioni l’Europa ha molto da perdere – per quanto riguarda le forniture di gas, ma anche per l’interscambio con Mosca – anche la Russia non potrebbe fare finta di niente se si tornasse a un regime sanzionatorio pesante superiore a quello messo in piedi post-invasione della Crimea nel 2014.

Secondo gli ultimi dati disponibili, tra gennaio e ottobre 2021 le esportazioni italiane verso la Russia sono cresciute dell’8,7%, quelle russe verso l’Italia addirittura del 49,3%, sebbene quest’ultima cifra si spieghi soprattutto con il notevole aumento del prezzo del petrolio e del gas forniti all’Italia, rispetto al 2020. L’Italia è il settimo fornitore estero della Russia (4,1%), la Russia è l’ottavo fornitore dell’Italia (3%). L’Italia vende innanzitutto macchinari ed apparecchi (27,5%), prodotti tessili, abbigliamento, pelli ed accessori (22,9%), sostanze e prodotti chimici (17,6%). La Russia vende prodotti minerari (58,8%), metalli e prodotti di metalli (23,9%), coke e prodotti petroliferi raffinati (9,7%).

E se ora si dovesse bloccare l’interscambio, a rimetterci sarebbe ad esempio il “signore” dell’acciaio Vladimir Lisin, con un patrimonio netto di circa 26 miliardi di dollari. C’è Alisher Usmanov, magnate accostato anche al Milan, patrimonio da oltre 22 miliardi, che d’estate viene a svernare in Costa Smeralda da oltre 30 anni e che ha donato oltre un milione per combattere l’emergenza del Coronavirus.

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Non fanno più parte dell’ecosistema italiano nomi forti come Andrey Kostin, nel cda di Pirelli prima dell’avvento di ChemChina. O come Igor Sechin, presidentissimo di Rosneft che fu nel capitale di Saras e della stessa Pirelli. O, ancora, di Aleksander Knaster, che con il suo fondo Pamplona era arrivato a detenere il 5% di Unicredit.

Certo, il peso degli oligarchi in Italia è decisamente più contenuto che in paesi come il Regno Unito. Per esempio, però, un ruolo significativo nel nostro Paese lo ha avuto, e per certi versi lo ha tuttora, il Rdif, il Fondo sovrano russo.

Il quale ha siglato nel 2019 un accordo con Cdp a sostegno dell’imprenditoria italiana che voleva crescere in Russia per un controvalore di 300 milioni e potendo contare su nomi di peso come Barilla o Generali. Poi è stato al centro dell’accordo tra lo Spallanzani di Roma e il laboratorio Gamaleya per la sperimentazione (poi non riuscita benissimo) del vaccino Sputnik V. Insomma, se si uniscono tutti i puntini si capisce bene che le sanzioni farebbero male anche ai paperoni.

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