Manovra e crisi dell’auto, specchio dell’insolenza che unisce maggioranza e opposizione. Elkann fa bene a disertare il Parlamento

Stride il gap fra la grandezza dei cambiamenti in atto e una classe politica di governo che invece gioca con i migranti e crea aree di flat tax

di Simone Rosti

Carlos Tavares - John Elkann 

Economia

Elkann fa bene a disertare il Parlamento

La recente manovra economica di Meloni è ragionieristica, cerca di rientrare nei parametri europei, resta appesa a un contesto economico non ancora negativo, stabilizza giustamente gli scaglionamenti Irpef a favore dei ceti più deboli, ma in termini di slancio economico e prospettive di crescita contiene zero, oltre al fatto che riduce drasticamente gli incentivi all’automotive, settore importante per la nostra industria manifatturiera.

Non avevamo alcuna aspettativa in merito, bastava infatti ascoltare la recente audizione in Parlamento del gran capo di Stellantis Tavares: la perfetta cartina di tornasole dell’ignavia della classe politica che unisce maggioranza e opposizione. “Deve vergognarsi e chiedere scusa” afferma Salvini contro Tavares, Landini (che ricordiamolo non sta azzeccando previsioni da anni) rivendica un intervento di Palazzo Chigi (sbeffeggiato fino a dieci minuti prima), Urso ha dato poi un ordine secco a Stellantis “torni a produrre in Italia”, l’inconcludente Schlein si è prodigata in un “va salvata la vocazione manifatturiera”, l’avvocato del popolo Conte parla di delusione “rispetto agli interessi dei cittadini italiani”.

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Ci fermiamo qui, sembra evidente che finché la politica sarà rappresentata da ragazzini stizzosi e animosi capoclasse, totalmente ignoranti degli scenari economici, incapaci di offrire uno straccio di analisi che non sia dettata dal livore, non avremo alcuna possibilità di evitare l’irrilevanza manifatturiera.

Stride il gap fra la grandezza dei cambiamenti in atto e una classe politica di governo che invece gioca con i migranti e crea aree di flat tax per gli autonomi senza una briciolo di pudore, parliamo però anche dell’opposizione che rimpiange ancora Conte lo statista nonostante abbia caricato sulla fiscalità generale il “make up” delle case dei ricchi, che dimentica che Landini rappresenta solo pensionati e pochi lavoratori già protetti, che proclama il green ed è contro la rimodulazione delle accise pro green.

In questo contesto, cosa avrebbero potuto dire di intelligente a Tavares i nostri rappresentanti istituzionali? Nulla, infatti hanno recitato la solita manfrina degli aiuti decennali alla Fiat, hanno chiesto di produrre più auto in Italia come se l’automotive andasse a gonfie vele (in Cina invece corre assai!). Nessuno che abbia tentato un’analisi seria sulla mobilità, di come non serva sbraitare “produrre di più” senza considerare per chi e a quali condizioni.

Ascoltino Musk sul futuro della mobilità e non solo per tratteggiarne l’indole punk e ribelle e pro Trump. Anche in Germania, regina europea del settore automobilistico, la questione della crisi dell’auto è al centro del dibattito politico a causa delle dichiarazioni shock su prossime chiusure di fabbriche Wolkswagen, ma almeno la Germania non ha fatto la sciocchezza (come invece ha fatto l’Italia) di votare a favore dei dazi contro le auto elettriche cinesi che sono stati approvati in Europa in questi giorni.

Una mossa che accentuerà solo l’agonia di un settore che più resterà chiuso e più diventerà piccolo. Si leggano le dichiarazioni di Kammer (capo del dipartimento Europa del FMI) che su Il Sole 24 del 25 ottobre afferma: “Raramente i dazi aiutano, anzi rendono i paesi che li impongono meno competitivi, aumentano i costi e scatenano ritorsioni, che sarebbero da prendere sul serio per qualsiasi economia che trae grandi benefici dal commercio come quella europea”.

Gli Stati Uniti hanno imposto dazi enormi però hanno avuto la lungimiranza di stimolare la propria economia con risorse che l’Europa si sogna e i risultati sono di fronte a noi, basta comparare le crescite e le prospettive delle stesse.

La Cina avrà pure molte colpe ma su come ha cavalcato (anche con mezzi discutibili) una discontinuità tecnologica per trarne vantaggio competitivo va lodata, noi invece a piagnucolare perché si producono poche auto approvando stoltamente, da un lato i dazi contro la Cina, dall’altro avallando scadenze assurde sullo stop al motore termico dimostrando di essere ammalati di regole solo per soddisfare le proprie coscienze ma uccidendo interi settori produttivi.

Il dibattito sull’auto in Italia assomiglia molto al gran ballo sul Titanic mentre stava affondando. Il popolo italiano (ma il discorso ovviamente si estende a tutta l’Europa), per usare espressione cara a Salvini, compra meno auto, cambiano anche le abitudini, si fanno meno figli, tutto questo ci proietta in un contesto nuovo che forse pesa ancora di più del processo di elettrificazione in atto.

Sono passate ormai alcune settimane dalle polemiche su Tavares ed è tornato il silenzio, si è ricominciato a parlare di tutto (di Giuli e di spioni soprattutto) ma di sviluppo e di come attrarre investimenti veri (e non solo speculazioni - legittime - dei fondi di investimento) non c’è ancora traccia e tantomeno nella manovra economica appena presentata che, fra l’altro, come detto sopra, quasi azzera le risorse al settore automotive. E forse, dopo aver ascoltato le baggianate della nostra classe politica contro Tavares, ha fatto benissimo Elkann a rifiutare di andare in Parlamento.

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