"No a un piccolo imprenditore". Confindustria, la ricetta di Carraro

"Serve un presidente autorevole"

di Redazione
Economia

Carraro spiega perché Confindustria, che si avvia a scegliere il nuovo presidente, ha bisogno di essere guidata da un «imprenditore autorevole, con la capacità di trainare il governo condividendo scelte e percorsi»

 

«È un momento complesso per l’industria italiana», dice Enrico Carraro, presidente dell’omonima multinazionale dei sistemi di trasmissione meccanica e di Confindustria Veneto in un'intervista a Repubblica. Complicato nel breve periodo dalle tensioni geopolitiche e dalla frenata della Germania, «che allontana anche da noi la ripresa». E complicato nel lungo periodo dall’«assenza di una politica industriale», in Italia e in Europa. Carraro parte da qui per spiegare perché Confindustria, che si avvia a scegliere il nuovo presidente, ha bisogno di essere guidata da un «imprenditore autorevole, con la capacità di trainare il governo condividendo scelte e percorsi».

Che cosa significa autorevole?

«Con l’esperienza diretta di chi guida un’azienda leader, innovativa, che conosce i mercati internazionali: cose necessarie in questo contesto».

Qualcuno ipotizzava che potesse essere lei. Il mandato esplorativo che ha ricevuto dal consiglio veneto non è andato bene?

«Non era un mandato esplorativo. Mi ero messo a disposizione non per cercare una poltrona, ma perché non vedevo emergere figure di quel tipo, facendomi portavoce del punto vista di tanti colleghi».

Allude alle candidature degli attuali vicepresidenti Orsini e Marenghi?

«Candidature del tutto legittime e che riscuotono interesse, ma che per dimensioni dell’azienda e per contesto industriale non rispondono all’identikit che molti imprenditori ritengono necessario. Nelle ultime settimane però sono emersi nomi diversi, di imprenditori a tutto tondo, che mi portano a dire che non è necessario perseguire altre candidature».

Prima il presidente di Duferco e Federacciai Gozzi, poi quello di Erg Garrone. C’è un nome che la convince di più?

«No. Abbiamo appena avuto il consiglio di presidenza veneto e ribadito che rimanderemo ogni decisione a valle delle candidature formali. Vedremo i programmi. Ripeto, qui non si tratta di poltrone, ma di avere la voce di un imprenditore competente e leader nel suo mercato».

Le quotazioni di Gozzi sono in discesa, ma al momento non intende ritirarsi. Teme che questi grandi nomi si annullino a vicenda?

«Io spero che chiunque stia correndo lo faccia per il bene del sistema industriale. Il fatto di non perseguire una candidatura per me non è stato un passo indietro, ma avanti».

Il Veneto voterà compatto? Molti lo descrivono diviso.

«È una cavolata. Una dialettica c’è in tutti i territori, vedremo come si svilupperà la situazione. E guardi che vale anche a livello nazionale: ad ogni elezione ci sono schieramenti contrapposti, ma poi tutto si ricompone e si lavora insieme».

Intel aveva ipotizzato di costruire un impianto in Italia, Veneto e Piemonte si erano candidati, invece non si farà. Che abbiamo sbagliato?

«Forse non abbiamo spinto abbastanza, le due regioni lo hanno fatto ma per questi investimenti serve una regia nazionale, che in Italia non c’è mai stata. E anche ci fosse stata, non basta che i singoli Paesi investano le loro limitate risorse, considerate quelle che gli Stati Uniti hanno messo in campo: c’è bisogno di politiche e fondi europei».

Le politiche industriali tornano in tutto il mondo. In Italia?

«Non ci sono. Industria 4.0 fu un grande piano che ci ha permesso di rendere più competitive le nostre fabbriche, oggi si parla di un 5.0 con i fondi del Pnrr, ma ancora si vede poco. E ancora più degli incentivi, per chi investe – anche dall’estero – conta la certezza di avere un perimetro legislativo e fiscale costante. Rendere strutturale il taglio del cuneo, per stabilizzare il costo del lavoro, agire sui tempi della giustizia e sui costi dell’energia: tutto questo è politica industriale».

Tags:
confindustria carraro