Nomine, il governo vorrebbe fare piazza pulita ma non può: ecco perché

Come dimostra la vicenda delle Agenzie Fiscali, il taglio netto con il passato non è così facile come si pensava. Occhi puntati anche sulla comunicazione

di Marco Scotti
Giorgia Meloni, presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica dal 22 ottobre scorso, prima donna a ricoprire tale carica nella storia d’Italia
Economia

Nomine, il governo vorrebbe azzerare tutto ma non può: i motivi

Dice l’adagio che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. E ha ragione. Prendiamo il capitolo nomine: fonti accreditate riferiscono ad Affaritaliani.it che l’intenzione di Giorgia Meloni e dei suoi fedelissimi sia sempre stata quella di cambiare tutto, azzerare le poltrone che rimandano allo spoils system operato prima dal Pd e poi dal Governo Draghi. “Faremo saltare tutti” ringhiava qualcuno vicino al dossier. Ma la montagna ha partorito un topolino: nella complicata partita delle Agenzie Fiscali, ad esempio, si è scelto di mantenere lo status quo in due di esse (Demanio e Agenzia delle Entrate) e di cambiare le Dogane.

A quanto ci risulta, però, la scelta di non confermare Marcello Minenna sarebbe stata dettata più da un’esigenza di riequilibrare le forze in campo (la testa di Alessandro Rivera al Mef in cambio, appunto, di quella di Minenna) che da una reale necessità di discontinuità con il passato. Proprio la direzione generale del Mef rimane un’altra partita di notevole interesse, anche perché chiarisce un preciso modus operandi che il governo ha messo in atto e che vuole continuare a perpetrare.

Pare, infatti, che la sera prima della scelta dell’esecutivo, ad Alessandro Rivera non fosse arrivata nessuna chiamata in cui si preannunciava la decisione. Così come sembra che anche Minenna non sia stato pre-allertato. La strategia è chiara: tenere le carte coperte, sempre. Ma anche mantenere alta la tensione e la pressione sui manager che hanno a che fare con la cosa pubblica. Ora che Riccardo Barbieri, a sorpresa, è diventato direttore generale del Mef, bisogna capire che cosa succederà in Via XX Settembre.

Le deleghe verranno spacchettate, magari riproponendo quell’Antonino Turicchi che sembrava la persona scelta dal governo e che invece per ora deve accontentarsi della presidenza di Ita? È vero che verrà costituita una direzione generale ad hoc per le partecipate? E chi si occuperà di nominare i vertici delle aziende un tempo statali che vedranno scadere in primavera i consigli di amministrazione?

Poste, Terna, Eni, Enel, Leonardo, Ferrovie, Guardia di Finanza: il borsino

A quanto può riferire Affaritaliani.it, al momento le scelte sui nomi rimangono totalmente nell’ambito politico. Giorgia Meloni, metodica com’è, ha da tempo una sorta di “griglia” con tutte le poltrone che devono essere assegnate. Ma si affida anche ai suoi fedelissimi, in particolare il viceministro Maurizio Leo per la parte economica. Il momento è particolarmente complesso, perché si attendono i risultati delle regionali in Lazio e Lombardia per decidere come muoversi e quali “pesi” far valere.

Al momento, chi è (quasi) sicuro di restare al suo posto è Claudio Descalzi, il “timoniere” di Eni che ha saputo cambiare rotta al cane a sei zampe preconizzando che l’eccessiva dipendenza dalla Russia si sarebbe potuta tramutare in un clamoroso autogol. Per fortuna, altrimenti oggi ci troveremmo in guai ancora più seri. Per quanto riguarda Enel, Stefano Donnarumma sembra avviato a prendere il posto di Francesco Starace, che è stato aspramente criticato da Matteo Salvini nelle scorse settimane.

Donnarumma, attuale amministratore delegato di Terna, potrebbe aprire un vero e proprio domino. Al suo posto potrebbe arrivare perfino Fabrizio Palermo, al momento al vertice di Acea, che però ha un marchio forte di “grillino”, essendo stato nominato amministratore delegato di Cdp proprio dal governo a trazione Cinque Stelle. C’è da dire che di quell’esecutivo faceva parte anche la Lega e quindi Palermo potrebbe avere qualche legittima ambizione.

La Guardia di Finanza, il cui comandante Generale è Giuseppe Zafarana, potrebbe vedere una scelta nel segno della continuità. Zafarana potrebbe essere “prolungato” con una formula 1+1 anni. In caso invece si decidesse per un nome in discontinuità, è probabile che l’attuale comandante generale potrebbe finire al Dis, con Elisabetta Belloni che a quel punto andrebbe in Eni come presidente al posto di Lucia Calvosa.

Capitolo Leonardo: qui la partita sembra chiusa da tempo, con Alessandro Profumo che dovrebbe lasciare Piazza Monte Grappa. Chi al suo posto? Due i nomi (più un terzo di cui diremo tra poco): Lorenzo Mariani, vicino a Matteo Salvini. Oppure Roberto Cingolani, che però avrebbe ricevuto una importante offerta dal Giappone e sarebbe quindi intenzionato ad accettarla per provare una nuova esperienza professionale.

Anche i vertici delle aziende di Ferrovie dello Stato (ma non la holding, che vedrà Luigi Ferraris al timone fino al 2024) dovranno essere rinnovati. In particolare, Rfi e Trenitalia vedranno la scadenza degli amministratori delegati, rispettivamente Vera Fiorani e Luigi Corradi. Chi al loro posto? Si vedrà dopo l’autunno, ma è certo che Matteo Salvini, in quanto ministro competente, vorrà sicuramente dire la sua e pretenderà che la sua voce venga ascoltata.

Per quanto riguarda Poste Italiane, infine, attenzione alle sorprese. Matteo Del Fante era stato benedetto proprio sulle pagine di Affaritaliani.it da Maurizio Leo quando ancora non era viceministro dell’economia. Ora il gradimento del manager toscano è in lieve ribasso. Non tanto perché non abbia svolto bene il suo incarico, anzi. Ma perché c’è chi dice che avere in pugno Enel e Poste, per la Meloni, sarebbe una assicurazione sulla vita (politica) addirittura più forte che detenere due ministeri.

Chi al posto di Del Fante? Si fa il nome di Giuseppe Lasco, attuale condirettore generale dell’istituto, che preme per avere una promozione. E Del Fante? Due le ipotesi per lui. O finire a dirigere Leonardo al posto di Alessandro Profumo. Oppure restare fermo un giro e aspettare il 2024.

Il 2024, l’anno dell’ulteriore svolta

L’anno prossimo, infatti, sarà importante sia per quanto riguarda la politica, sia per quello che concerne le nomine. Ci saranno le elezioni europee e se dovessero ricalcare lo schema delle ultime due tornate – entrambe chiuse con il partito più “popolare” oltre il 40% - si potrebbe assistere a un ribaltone. Fratelli d’Italia diventerebbe ancora più “pesante” e potrebbe perfino fare a meno degli alleati scontenti, per chiedere un aiuto al Terzo Polo di Renzi e Calenda. Fantapolitica? Si vedrà. Tra l’altro, con la scadenza della Commissione Ue si dovrà scegliere un nuovo Commissario italiano. Chi? C’è chi fa il nome di Raffaele Fitto, voce ascoltatissima di Fratelli d’Italia in Europa.

Il 2024 sarà anche l’anno in cui si dovranno rinnovare i vertici di Cassa Depositi e Prestiti. Dario Scannapieco, che pure ha lavorato con Giulio Tremonti, Domenico Siniscalco e Mario Draghi al momento non sembra molto sicuro del suo rinnovo. Al suo posto potrebbe arrivare proprio Matteo del Fante che in Via Goito è stato direttore generale prima di iniziare la sua carriera da amministratore delegato delle società partecipate. Ci saranno anche da rinnovare i vertici della Banca Europea per gli Investimenti. Poltrone pesanti che potrebbero essere dati come “compensazione” agli sconfitti di questa prima tornata di nomine targate centro-destra.

Il rebus comunicazione

Infine, una nota relativa all’organizzazione della comunicazione del governo. Negli ultimi giorni sono uscite alcune indiscrezioni su possibili nomi che potrebbero essere scelti per curare gli interessi dell’esecutivo. A quanto risulta ad Affaritaliani.it, il problema è anche di “vil denaro”. I giornalisti di centro-destra, che lavorino in giornali vicini a quell’area politica, infatti, sono tendenzialmente collocati a Milano. Hanno stipendi di tutto rispetto. Quello che si offre da Palazzo Chigi non è poi così superiore, e avrebbe l’aggravio delle spese di alloggio, degli spostamenti in treno e via dicendo.

Al momento si scartano le ipotesi relative ai volti televisivi, perché non piace la verticalità del mezzo, la comunicazione del governo si fa soprattutto in forma scritta e serve qualcuno che usi la penna quotidianamente. Che fare allora? Pare che ci si stia guardando intorno nel mondo delle aziende romane che abbiano importanti addentellati con le istituzioni, dove ci sono professionisti che hanno stipendi in linea con quanto offerto dal governo ma che non hanno il problema di doversi spostare da Milano. L’identikit passa anche dal vil denaro.

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