ANBI: presentato il progetto Farmwise per l'agricoltura irrigua e la sostenibilità

Vincenzi (ANBI): "È evidente l'importanza di tale ricerca per la salute pubblica, soprattutto ora che l'utilizzo delle acque reflue in agricoltura è all'ordine del giorno"

di Giorgia Ruta
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ANBI, Ulund, Unibo e C.E.R. raccontano il progetto Farmwise: ricerca e innovazione per l'agricoltura irrigua e l'ambiente

Oggi, presso la sua sede a Roma, ANBI ha presentato il progetto Farmwise per l'agricoltura irrigua e la sostenibilità ambientale. L'evento ha offerto l'occasione per scoprire le ultime frontiere di ricerca e innovazione finalizzate a migliorare la gestione delle risorse idriche, nonchè la sostenibilità ambientale in agricoltura. 

All'evento hanno partecipato: Francesco Vincenzi, Presidente ANBIRonny Berndtsson, Professore Ulund e Deputy Director CmesAttilio Toscano, Professore UniboElisa Michelini, Professoressa UniboRaffaella Zucaro, Direttrice Generale C.E.R.; Francesco Battistoni, Vicepresidente dell'VIII Commissione permanente della Camera dei deputati (Ambiente, territorio e lavori pubblici); e Alessandro Monteleone, Dirigente di ricerca CREA Politiche e Bioeconomia.

Il primo a intervenire è stato Francesco Vincenzi, il quale ha ribadito l'importanza di avere una visione strategica per essere in grado di affrontare la crisi climatica. Per far fronte a questa sfida in termini concreti e continuare a dare un contributo al Paese, ANBI si è imposta di mettere in campo tre grandi filoni: "la manutenzione, l'infrastrutturazione e l'innovazione".

Per Francesco Battistoni, "dovremmo passare dal governo dell'emergenza alla programmazione ed è quello che stiamo portando avanti. Dobbiamo affiancare la ricerca come sta facendo ANBI con questo progetto e dobbiamo andare avanti in questa direzione, perché l'acqua ha un aspetto irriguo ma soprattutto sociale. L'acqua è un bene primario e dobbiamo dare il massimo per mettere in cantiere risorse e progetti".

Il progetto Farmwise, guidato dall'Università svedese di Lund (Ulund) e finanziato dalla Commissione Europea, sviluppa strumenti basati su Intelligenza Artificiale, biochar e biosensori per la tutela delle risorse irrigue. La ricerca, che ha un budget di 6 milioni di euro, è iniziata il 1° gennaio 2024 e durerà 36 mesi, coinvolgendo 20 partner, sia accademici (come l'Università di Londra e l'Università di Bologna) sia aziende private, da 13 Paesi.

Il coordinatore del progetto, il Professor Ronny Berndtsson dell'Università di Lund, ha elencato i principali problemi nell'agricoltura del futuro: la scarsità d’acqua, l'inquinamento delle fonti d’acqua utilizzate per l’irrigazione e il consumo civile, i cambiamenti climatici e la gestione delle risorse

L’obiettivo finale del progetto Farmwise, spiega Berndtsson, è offrire un sistema di supporto decisionale interattivo e visivo per una maggiore sostenibilità a scala europea. Il sistema sarà usato, per esempio, per fornire proiezioni climatiche al 2030, 2050 e 2100 con effetti sulla quantità e sulla qualità dell’acqua. Tutto ciò sarà basato sull’utilizzo dell’AI per ipotizzare scenari futuri. 

L'Università di Bologna e il Consorzio di bonifica per il Canale Emiliano Romagnolo (C.E.R.) sono partner del progetto. Insieme, lavoreranno per sviluppare e testare le innovazioni proposte presso l'Acqua Campus, il laboratorio tecnico-scientifico di C.E.R.- ANBI

Nello specifico, i biosensori green a basso costo sono sviluppati dall'Università di Bologna per il rilevamento di inquinanti organofosfati, contaminazione microbica e mercurio in acqua. Questi biosensori si basano sulla bioluminescenza, una tecnologia che sfrutta la capacità di alcuni organismi di emettere luce. I biosensori sviluppati da Unibo utilizzano questa tecnologia per rilevare la presenza di contaminanti in modo rapido, economico ed affidabile, segnalando la loro presenza attraverso un'emissione luminosa, simile a quella delle lucciole.

Le lucciole, infatti, emettono luce per reazione chimica. Per sfruttare il fenomeno della bioluminescenza nel progetto, si preleva il loro gene e lo si trasferisce in una cellula batterica oppure di lievito o di mammifero. In seguito, le cellule possono essere riprogrammate, tramite biologia sintetica, illuminandosi con colori diversi in presenza di altrettanti inquinanti (PFAS, metalli pesanti, pesticidi, tossine, interferenti endocrini, ecc.).

Le cellule oggetto della ricerca in corso sono, però, OGM (Organismo Geneticamente Modificato) e quindi, nel nostro Paese, utilizzabili solo in laboratorio. Possono essere, però, sostituite nell'ambiente da batteri marini naturalmente bioluminescenti per l'analisi della tossicità, oppure possono essere riprodotte attraverso sistemi di trascrizione e traduzione in vitro per analisi sul campo, utilizzando supporti in carta a basso costo e sostenibili.

I biosensori possono essere utilizzati per analizzare campioni alimentari, animali, clinici, del suolo e delle acque. L’obiettivo ambizioso, evidenzia la Professoressa dell'Unibo Elisa Michelini, è ottenere un'analisi completa e immediata senza il trasporto di campioni tramite una semplice foto con lo smartphone.

Il Direttore Generale di ANBI, Massimo Gargano, ha commentato: "La ricerca dell'Università di Bologna apre scenari nuovi ad ulteriore garanzia della qualità del cibo italiano, perché potrebbe mettere lo stesso agricoltore nelle condizioni di monitorare costantemente lo stato della risorsa idrica utilizzata. Si arricchirebbe così la proposta di ANBI per rendere sempre più sostenibile l'utilizzo dell'acqua per l'irrigazione e che oggi, accanto alla costante ricerca di efficientamento della rete idrica, vede nel miglior consiglio irriguo di 'Irriframe' e nella certificazione 'Goccia Verde', due strumenti oggetto dell'interesse internazionale".

Grazie all'utilizzo di dati satellitari, databaseIntelligenza Artificiale è possibile sviluppare indicatori per l'impatto della fertilizzazione, sulla qualità dell'acqua e sul rischio di inquinamento da lisciviazione. In questo modo sarà possibile rendere facilmente fruibili i risultati della ricerca ad agricoltori, enti pubblici ed autorità preposte.

Inoltre, Raffaella Zucaro, Direttore Generale C.E.R. - Canale Emiliano Romagnolo, ha spiegato l'importanza del biochar. Il biochar è un sistema di miglioramento del suolo e dell'acqua, basato sull'utilizzo di un materiale derivato dal carbone vegetale e ottenuto tramite pirolisi di biomassa. Il biochar ha dimostrato proprietà di assorbimento di agenti inquinanti, come nitrati e fosfati, attraverso prove condotte presso l'Acqua Campus C.E.R.-ANBI, registrando un abbattimento dell'azoto fino all'80%.

"È evidente l'importanza di tale ricerca per la salute pubblica, soprattutto ora che all'ordine del giorno c'è l'utilizzo delle acque reflue in agricoltura. In Italia, un freno all'uso di tale risorsa è infatti l'incapacità della gran parte dei depuratori di intercettare le microplastiche, inquinanti in forte aumento e lesivi della salubrità alimentare: un sistema di alert, unitamente all'indispensabile certificazione di un ente terzo, aumenterebbe significativamente le garanzie per i consumatori", ha commentato Francesco Vincenzi.