Ostriche, abbassare l'Iva non è una panzana. Ad aver preso un granchio non è Lollobrigida, ma l'Europa

Questa idea permetterebbe di aiutare i produttori italiani, messi alle strette dai concorrenti francesi o spagnoli che non hanno un regime di tassazione così alto sui loro prodotti che, poi, esportano in Italia

di Vincenzo Caccioppoli

Ostriche

Economia

Perché abbassare l'Iva sulle ostriche non è una panzana

Si sprecano in queste ore i commenti ironici da parte di media ed opposizioni su quanto detto, ieri, dal ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida. Durante una manifestazione in senato dei coltivatori di ostriche di Gorlo, in veneto, il ministro ha proposto un abbassamento dell’Iva per la vendita di questo prodotto ittico. Ma la cosa invece di suscitare ilarità, dovrebbe essere forse analizzato in maniera più attenta e senza lasciarsi andare a pretestuose strumentalizzazioni.

Innanzitutto, perché, anche se anche se può apparire curiosa, la proposta del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, non è farina del suo sacco. Il ministro ha, infatti, fatto sua una richiesta che viene direttamente dai pescatori di Goro: sono stati loro a suggerire di ridurre l’Iva sulle ostriche dal 22% al 10%.

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«Fin dall’inizio - spiega Lollobrigida - abbiamo lavorato insieme per trovare soluzioni concrete a un problema che ha messo in ginocchio la produzione di vongole, cuore dell’economia locale. Oggi emerge un’altra possibilità di riscatto: l’ostricoltura. Le ostriche, più resistenti agli attacchi del granchio blu, possono rappresentare un’opportunità di sviluppo per il territorio». La proposta dei pescatori delle cooperative di Goro, sostiene il ministro, avrebbe già ottenuto il consenso di maggioranza e opposizione, anche se gli emendamenti presentati in Legge di Bilancio, da Pd, M5S, Lega e Forza Italia non sono stati approvati.

«Ho ribadito che il Masaf farà la sua parte affinché questa misura venga accolta», ha aggiunto Lollobrigida. Appare quindi evidente come su tutto ciò sia stata operata una chiara strumentalizzazione. Perché, al di là del fatto che la cosa era stata già avanzata, anni fa, dal gruppo del Pd, che invece ora, con la sua solita coerenza che da sempre lo contraddistingue, invece si straccia le vesti, irridendo il ministro, è del tutto evidente la buona fede e la sensatezza del provvedimento. 

Perché l’abbassamento dell’iva sulle ostriche non solo permetterebbe di aiutare i produttori, che devono far fronte al calo generalizzato delle altre produzioni, a causa della comparsa dell’emergenza granchio blu, ma devono anche subire la concorrenza sleale dei concorrenti francesi o spagnoli, che non hanno un regime di tassazione così alto sui loro prodotti, che esportano in Italia.

Con una produzione annua di 75.000 tonnellate, l’Italia è il terzo produttore di molluschi bivalvi nell’Unione Europea. Cozze e vongole restano invece le principali specie prodotte. Anche la produzione di ostriche, avviata addirittura dai Romani, ha superato nel 2022 le 300 tonnellate, sebbene resti ancora lontana da quella francese. Grazie a un interesse crescente e a degli investimenti in aumento, e nuovi impianti lungo la penisola, l’ostricoltura italiana sta vivendo un’importante rinascita.

L’emergenza legata alla diffusione del granchio blu, con danni causati alla pesca italiana ormai raddoppiati rispetto ai 100 milioni di euro stimati a metà 2024, sta spingendo le aziende alla riconversione produttiva proprio dalle vongole alle ostriche.

In questo senso la riduzione dell’IVA sulle ostriche è una delle misure che potrebbero sostenere le imprese di acquacoltura gravemente danneggiate in questi anni. Basti pensare che dalla primavera del 2023, la produzione di vongole, ostriche e crostacei sia nel Veneto che in Emilia è stata quasi del tutto cancellata dagli attacchi del granchio blu e la stessa sorte è stata riservata agli allevamenti di cozze, in particolare quelli della pregiata Scardovari Dop, gravemente danneggiati.

Questo almeno è quanto afferma Coldiretti Pesca, che evidenzia l’importanza di costruire alternative per le imprese ittiche, incluso abbassare l’IVA per rendere le produzioni più accessibili ai consumatori e garantire così nuove opportunità di reddito ai pescatori. In un momento di grande difficoltà per il settore, colpito dall’invasione del granchio blu che ha compromesso la produzione tradizionale di vongole, diverse imprese stanno riconvertendo la propria attività sulle ostriche.

È compito del ministero dell'agricoltura agire per aiutare e sostenere un comparto così vitale dell'economia italiana. Soprattutto se si parla di un settore, come quello dell'acquacoltura, in cui il nostro paese è il terzo in Europa, in quanto a produzione. Un’attività che, tra le altre cose, è anche molto utile a ridurre la dipendenza dalle importazioni.

Anzi la proposta fatta dal ministero dovrebbe forse essere recepita dalla Unione europea, che fino ad ora per la pesca europea ha fatto troppo poco e quel poco fatto lascia adito a qualche legittimo dubbio. Come, per esempio, le sovvenzioni che andrebbero ad aiutare l'acquacoltura di paesi non aderenti all'Unione. È di due settimane la notizia fa la notizia, che Anna Maria Cisint, prima firmataria, Paolo Borchia della Lega e Carlo Ciccioli, eurodeputato dell’Ecr, membro della commissione Pesc, hanno presentato una interrogazione scritta rivolta alla Commissione, per avere lumi sulle sovvenzioni che l’Europa sarebbe elargendo all'esportazione di salmone della Norvegia.

“Circa l’80% del mercato di esportazione dei prodotti ittici della Norvegia, in particolare quello del salmone atlantico allevato, è destinato all’UE. L’acquacoltura norvegese, tra le più importanti a livello globale, non sempre rappresenta l’immagine positiva dell’allevamento ittico e dello sviluppo sostenibile e risulta il più grosso concorrente del nostro mercato interno, costituito, per il 75%, da micro e piccole imprese. Pur non essendo la Norvegia un paese membro dell’unione, negli ultimi anni sembra abbia beneficiato di importanti stanziamenti da parte dell’UE, sia in forma diretta che indiretta per progetti di ricerca o collaborazioni nel settore dell’acquacoltura” si legge nella interrogazione.

Insomma, forse, sarebbe proprio il caso di dire a tal proposito, a prendere “un granchio”, in questo caso, non è certo stato il ministro Lollobrigida, ma un'Unione europea che mostra, ancora una volta, scarsa attenzione nella tutela di quelli che sono gli interessi economici di famiglie ed imprese europee.

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