Pesticidi-impotenza: c’è il nesso. Ma ci guadagnano solo le case farmaceutiche

L’impotenza giovanile diventa un problema del nostro tempo. L'Ue non limita l’uso di pesticidi e le case farmaceutiche fanno profitti

di Antonio Amorosi
Economia

Pesticidi, salute e impotenza: c’è il nesso ma l’indifferenza politica contribuisce all’esplosione del business farmaceutico

 

I pesticidi provocano l’impotenza nei maschi? Non importa, all’Europa ad esempio, dove i legislatori di recente hanno deciso di votare contro la proposta di ridurne l’uso entro il 2030. 

Si poteva scegliere altrimenti, invertendo la rotta, magari con una riconversione alimentare che venisse incontro all’industria agricola. E invece no, si è deciso di mantenere lo status quo. Accade anche se l’incidenza dei pesticidi, si è scoperto, ricada soprattutto sulle nuove generazioni di adolescenti maschi: gli uomini che durante la giovane età mangiano cibi contaminati da pesticidi rischiano seriamente di compromettere la propria fertilità, spiegano diverse ricerche.

Esiste però già un settore che si occupa di impotenza: le imprese farmaceutiche. L’Italia è il secondo Paese in Europa per consumo di Viagra (il farmaco capostipite dimostratosi efficace proprio contro l’impotenza) ha affermato la Società Italiana di Urologia nel congresso tenutosi nel 2016 a Venezia. Questi farmaci si chiamano scientificamente inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5) e sono una classe di medicinali efficaci nel trattamento della disfunzione erettile, un mercato incredibile per sviluppo e potenzialità. I più conosciuti farmaci di questo settore prendono i nomi di Sildenafil, Vardenafil, Tadalafil, noti al pubblico con le sigle commerciali Viagra, Levitra e Cialis.

Si calcola che un loro consumatore su 4 abbia meno di 40 anni e sempre nel 2016 Doxapharma calcolò che il giro d’affari dle settore si aggirasse intorno ai 5 miliardi, per altri istituti intorno ai 5,5.

Dal 5% al 20% dei maschi soffrono di disfunzione rettile moderata-grave. L'incidenza stimata dell’impotenza è di 26 nuovi casi su 1000 uomini l'anno. In Italia il 12,8% è affetto da impotenza con una prevalenza che raggiunge il 15,6% fra i 50 e 59 anni e sale fino al 48% per i soggetti al di sopra dei 70 anni. Dati importanti.

Quando nel 2013 il Viagra arrivò a scadenza del brevetto, il Sildenafil equivalente conquistò in soli due mesi e mezzo il 35% del mercato italiano, che in tutto vale 180 milioni di euro l'anno. L'Europa rappresenta un quarto del fatturato mondiale per questi prodotti e l'Italia è il secondo mercato continentale dopo il Regno Unito e prima della Germania. Del Viagra solo in Italia sono state vendute 60 milioni di compresse in 10 anni.

Ovviamente il fai da te con questi farmaci è da evitare, bocciato dagli specialisti per chi ha problematiche di cardiopatia, ipertensione, neuropatia, vasculopatia, diabete e simili. Molte volte l’impotenza può essere dovuta a cause organiche ma anche a cause psicologiche e relazionali. Spesso queste si associano fra di loro e si influenzano reciprocamente. Ma questi farmaci sono diventati anche fenomeni di costume. Nella società di massa è si è diffuso l’utilizzo tra i giovani nei cocktail, come disinibitore improprio.

Numerose ricerche hanno dimostrato che un calo dei livelli di testosterone sia dovuto ad un’alimentazione ricca di estrogeni, pesticidi e sostanze chimiche oltre all’uso e abuso di fumo, sostanze alcoliche, la scarsa attività fisica e l’obesità. Ma può anche essere dovuto a problemi vascolari, neurologici, anatomici, ormonali e patologie varie.

Ma ai legislatori sembrano interessare poco i distinguo su un ambiente sano e che sarebbe a buon senso il primo “farmaco” per l’uomo, come nelle medicine antiche, ad esempio nella medicina tradizionale cinese. In quella cultura millenaria, secondo i detti classici, alimenti e farmaci hanno la stessa origine, ciascun alimento è anche una sostanza medicinale; cibo e farmaci possono allo stesso modo prevenire le patologie. Invece appare molto più profittevole al nostro modello di sviluppo separare e moltiplicare i profitti, non ragionando a 360 gradi su salute, benessere e malattia.

Invece di affrontare la causa alla radice (tra le altre cose ridurre l'uso di pesticidi), il sistema favorisce il trattamento dei sintomi, creando un ciclo di dipendenza dai prodotti farmaceutici.

 

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