Petrolio: "Interesse Usa a tenerlo basso. Sanzioni Iran? Nessun effetto reale"
L'escalation in Medio Oriente ha causato un lieve aumento nei prezzi del petrolio, poi rientrato. Facciamo il punto con D'Ermo, economista esperto d'energia
Petrolio, perchè il prezzo non si smuove? Parla l'esperto: "Interesse strategico di Usa e Opec"
Il petrolio, solitamente sensibile alle tensioni geopolitiche, resta indifferente agli scossoni tra Iran e Israele. Nonostante l'attacco militare d'Israele e la fiammata che sembrava destinata a far schizzare i prezzi, l'oro nero continua la sua discesa, ignorando le nuove minacce dell’Iran e il giro di vite imposto dagli Usa e dall'Ue per ridurre le esportazioni petrolifere di Teheran. Restrizioni che saranno poste anche all'attenzione dei capi delle potenze mondiali sul tavolo del G7 Esteri. Malgrado la crisi in Ucraina e nel Medio Oriente, gli attacchi e le tensioni geopolitiche, l'oro nero si stagna al di sotto dei 90 dollari (87.07). Questa discrepanza lascia i consumatori perplessi: perché i prezzi alla pompa non si alzano?
La dinamica del petrolio sembra seguire una logica tutta propria, una che riflette non solo le tensioni globali ma anche gli interessi economici delle principali potenze petrolifere. Secondo Vittorio D'Ermo, economista, consulente e pubblicista su temi energia e ambiente, dietro questo fenomeno potrebbe celarsi "un interesse strategico". D'Ermo con affaritaliani ha tracciato un chiaro scenario di quest'anomalia del greggio, ritenendo che "sia l'Opec che gli Stati Uniti hanno un obiettivo comune: mantenere i prezzi bassi".
In realtà, secondo l'esperto: "I prezzi del petrolio non sono proprio ai minimi: 89/90 dollari al barile sono piuttosto alti, e anche i prezzi dei prodotti, influenzati dai meccanismi tipici dei derivati del petrolio, sono abbastanza elevati, come nel caso della benzina. Attualmente ci troviamo in una situazione molto diversa rispetto alla tipica crisi energetica; il mercato mondiale del petrolio ha un nuovo protagonista, ovvero gli Stati Uniti".
Sostanzialmente, come lo stesso D'Ermo sottolinea, non si alzano i prezzi perchè gli Usa (primi produttori di petrolio al mondo), non hanno interesse ad alzarli. "Gli Stati Uniti producono attualmente circa 13 milioni di barili al giorno (bpd) di petrolio greggio, più di qualsiasi altro paese o dell'Arabia Saudita stessa."
"Questo è come se fosse un'assicurazione, che fa sì il petrolio dell'Opec non giochi più il ruolo critico che aveva in passato. Attualmente non ci troviamo in una fase economica di domanda petrolifera in rapida espansione, quindi non c'è una richiesta di petrolio così elevata da esercitare una forte pressione sui prezzi."
In sintesi, il panorama petrolifero mondiale attualmente vanta una notevole disponibilità di petrolio, con i grandi produttori che non cercano di spingere i prezzi al rialzo, ma anzi preferiscono mantenerli moderati. Né gli Usa, né l'OPEC sembrano inclini a adottare politiche restrittive sulla produzione. Pertanto non c'è una carenza critica di petrolio che possa giustificare una crisi energetica. Nessuno dei principali attori del settore sembra essere in difficoltà o intenzionato a limitare la produzione in questo momento.
"Speculare sui prezzi in questo contesto sarebbe rischioso", nota D'Ermo. "Non c'è una situazione di scarsità di petrolio, quindi il sistema regge. Per avere la cosiddetta 'crisi del petrolio', l'escalation del conflitto dovrebbe intaccare il Golfo Persico, allora lì le cose cambierebbero, ma fin quando rimangono così, non c'è una situazione d'emergenza petrolifera". Tuttavia, se anche l’Iran dovesse avere problemi produttivi, questi andrebbero ad aggiungersi alle ripercussioni degli attacchi Houthi alle petroliere nel Mar Rosso ed ai danneggiamenti alle infrastrutture petrolifere russe.
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"La crisi oggi sta più avendo effetti sull'economia, visto il calo delle Borse, che sul prezzo del petrolio", nota ancora Vittorio D'Ermo. Ma c'è un altro notevole aspetto da tenere in conto. È di pochi giorni la stoccata di Berlino a Teheran, con un pacchetto di sanzioni che si aggiunge a quello degli Stati Uniti, entrambi mirati a ridurre drasticamente le esportazioni petrolifere da Teheran.
Con le restrizioni passate alla Russia, c'è da chiedersi se queste sanzioni avranno davvero un impatto, o cadranno nel dimenticatoio come è avvenuto con Mosca. Su questo D'Ermo sostiene che: "L'Iran è stato oggetto di numerose sanzioni per molti anni, ma è importante ricordare i suoi stretti legami con la Cina. Anche se l'Iran subisce le conseguenze, continua comunque a produrre armamenti, ecc. È improbabile che queste sanzioni abbiano effetti significativi. E conclude: "L'Iran non rappresenta più un importante fornitore di petrolio per l'Europa, avendo lasciato il mercato a causa delle sanzioni a lungo termine. Le restrizioni applicate dall'Ue sono più un richiamo politico e diplomatico che economico."