"Pil sotto l'1%? Colpa del Superbonus. Ora l'Italia smetta di mettere i soldi sotto il materasso e investa in tech e IA"

L'effetto domino della recessione tedesca sull'Italia e gli investimenti obsoleti del nostro Paese: l'intervista a Carlo A. Carnevale Maffè, docente di Strategia aziendale all'Università Bocconi

di Rosa Nasti
Fabio Panetta
Economia

"Italia ferma allo 0,8%? Finché i capitali restano sotto il materasso, la crescita non arriverà"

La doccia fredda di Bankitalia sulle stime di crescita del Pil smontano l’ottimismo del governo. La crescita si ferma allo 0,8% (+0,6% il dato corretto per le giornate lavorative), contro l'obiettivo dell’1% fissato inizialmente dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. In realtà la correzione arriva direttamente dai nuovi dati Istat, con Bankitalia che rivede al ribasso di due decimi le previsioni. 

Secondo il Bollettino economico trimestrale, la situazione economica continua a peggiorare a causa delle tensioni geopolitiche e del venir meno degli effetti positivi del post-pandemia. A questo Bankitalia aggiunge ulteriori preoccupazioni riguardo alle misure previste dal Piano strutturale di bilancio, mettendo in guardia sul rischio di compromettere l'equilibrio finanziario del sistema pensionistico. 

Insomma, un duro bollettino da digerire, ma che non sorprende nessuno, neanche Carlo A. Carnevale Maffè, docente di Strategia aziendale presso l’Università Bocconi, che ha commentato con affaritaliani.it le previsioni di Bankitalia.

Professore, una crescita dello 0,8% nel 2024 è inferiore alle aspettative del governo. Come giustifica questo divario rispetto alle stime dell'1% tanto sperate dal ministro Giorgetti?

Dopo la correzione dell'Istat, i dati del Pil devono essere rivisti di qualche decimo. Da una parte, abbiamo un effetto statistico inevitabile: con la modifica della base, i gradini da salire sono più alti. Dall'altra, non si può ignorare che ieri la Germania ha annunciato il secondo anno consecutivo di recessione. L'economia italiana e quella tedesca sono così collegate che se Berlino è in difficoltà, anche l'Italia ne risente. Certo, il nostro paese va un po' meglio della Germania perché non dipendiamo così tanto dal settore automobilistico, e abbiamo un'economia più differenziata. Tuttavia, una Germania che rallenta trascina inevitabilmente anche l'economia italiana.

Parliamo di un effetto domino quindi...

Gli effetti sono tre: il primo è l’effetto scala, legato ai dati Istat. Il secondo è l’effetto domino, dovuto alla situazione della Germania. Infine, c’è l’effetto nebbia: ovvero la scarsa visibilità dell’Italia rispetto ai trend di innovazione futuri. Se la politica italiana, invece di investire in tecnologie o infrastrutture, destina 200 miliardi ai bonus per tapparelle e caldaie (bonus edilizi, ndr.), stiamo spendendo una quantità enorme di denaro per interventi che non aumentano la capacità produttiva del Paese. Pensiamo al Superbonus, che è stato e continuerà a essere una zavorra micidiale sul debito pubblico e sulle tasse degli italiani. Da una parte, la statistica non ci aiuta, dall’altra, i legami internazionali rallentano, e in più ci stiamo facendo del male da soli. Gli investimenti che l’Italia sta facendo, sia pubblici che privati, non sono investimenti capaci di far crescere il Paese. Investimenti, come quello  immobiliare sono solo una "droga" per l'economia, tampona, ma non la cura.

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Secondo lei, in che direzione dovrebbero puntare gli investimenti del governo?

Guardiamo il paradosso: Microsoft investe quattro miliardi in tecnologie d'intelligenza artificiale, mentre l’Italia investe zero. Oppure la Comau, dove il governo ha dato l'ok con il golden power, e chi la compra? I fondi americani. Questo cosa significa? Che i capitali italiani preferiscono essere messi "sotto il materasso".

Bankitalia, in linea con Draghi, evidenzia un dato ormai chiaro a tutti: finché l'Italia continua a investire nel mattone, nelle tecnologie tradizionali e in settori rassicuranti, il nostro tasso di crescita sarà proporzionale a quello delle tecnologie mature, ovvero vicino allo zero virgola. Se l’Italia vuole crescere, deve iniziare a prendersi dei rischi, come hanno fatto gli altri paesi. Continuiamo a investire in prodotti maturi, in mercati stagnanti, e non innoviamo nemmeno nel settore automotive. Siamo stati bravi a fare cilindri e pistoni, ma non siamo riusciti a sviluppare sensori e software, e ora ne paghiamo le conseguenze.

Bankitalia prevede una crescita del Pil più alta nel biennio 2025-2026 grazie alle misure del Psb, ma avverte dei rischi per l'equilibrio pensionistico. Cosa significa?

Se il governo pensa di far crescere il Paese aumentando le pensioni, sta andando nella direzione sbagliata. Già oggi spendiamo più della media Ocse per le pensioni, privilegiando i nonni e penalizzando i nipoti. Questa è la storia dell'economia italiana degli ultimi 50 anni. Il Psb deve essere molto più rigoroso, partendo da metriche chiare e affidabili, che al momento sono del tutto assenti, così come mancano indicatori in grado di valutare una crescita strutturale. Finché non ci sarà una definizione chiara dei nessi causali, le previsioni di crescita rimangono solo mera teoria.

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