Pnrr, Ue: "Rischiate di perdere il 30%". Spese statali record, appalti lumaca

Ma più delle scelte dell'esecutivo, sui rischi pesano rincari e burocrazia. Secondo l’Anac si sono persi lavori per due miliardi

(Fonte immagine: Pixabay) 
Economia

Sul Pnrr pesano rincari e burocrazia. Anac: "Persi lavori per due miliardi"

Il governo si prende più tempo sul Pnrr. Secondo La Stampa, "non presenterà il nuovo Pnrr con il capitolo di RePowerEu entro la fine di aprile. Con ogni probabilità bisognerà attendere fino all’estate. La conferma, indiretta, è arrivata ieri dalla sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Matilde Siracusano: rispondendo a un’interpellanza urgente del Pd, l’esponente di Forza Italia ha sottolineato che il termine del 30 aprile «non è perentorio» e che l’unica scadenza «da osservare» è quella del 31 agosto".

Da un punto di vista prettamente giuridico, l’interpretazione del governo è corretta perché il regolamento dice effettivamente che gli Stati «sono incoraggiati» a presentare i capitoli di RePowerEu «preferibilmente» entro la fine di aprile. Non si tratta dunque di un obbligo legale. Ma per Bruxelles il tempo stringe. E lo spettro di un ulteriore ritardo preoccupa la Commissione europea perché l’Italia rischia di non riuscire a impegnare tutte le risorse del piano".

Secondo quanto scrive La Stampa, a rischio ci sarebbe fino al 30%. Ma il problema spesso non è del governo, come spiega sempre il quotidiano torinese, ma della burocrazia. "In otto mesi quasi 600 gare a vuoto: rincari e burocrazia tengono le imprese lontane dalle opere dalle carrozze per i treni alle case popolari, secondo l’Anac si sono persi lavori per due miliardi", si legge.

Flop spending review, nel 2022 spesa record da 115 miliardi

Intanto nel 2022 la spesa complessiva per il mantenimento della struttura statale ha raggiunto i 115,2 miliardi euro, una soglia mai toccata prima. Un importo record, quest’ultimo, più del doppio dei 51,5 miliardi che la Pa ha speso l’anno scorso per gli investimenti che servono a realizzare o implementare i servizi (impianti e macchinari nell’istruzione, sanità, trasporti, etc.), costruzioni e opere di pubblica utilità (ospedali, scuole, asili, infrastrutture viarie) e ad acquisire prodotti di proprietà intellettuale (ricerca e sviluppo, software, etc.). A calcolarlo è l'Ufficio studi della Cgia di Mestre, rimarcando l'impatto avuto in questi anni dal Covid. Va comunque sottolineato che a spingere all’insù i costi di mantenimento, in particolar modo negli ultimi anni, ci ha pensato il Covid e, recentemente, anche il caro bollette. Con l’avvento della pandemia, ad esempio, tra il 2020 e il 2021 la spesa sanitaria è salita di 4 miliardi di euro, mentre le altre principali voci in uscita non hanno subito variazioni significative.

"Per anni abbiamo sentito - sottolinea la Cgia - parlare ossessivamente di spending review, ovvero del contenimento della spesa necessaria per il funzionamento della nostra Pubblica Amministrazione, tuttavia i risultati conseguiti sono stati deludenti. Se dal 1995 i consumi intermedi sono in costante crescita, negli ultimi 10 anni hanno subito un’impennata addirittura del 27 per cento (in valore assoluto pari a +24,3 miliardi di euro), mentre l’inflazione, sempre in questo stesso periodo, è salita “solo” del 14 per cento. Insomma, non riusciamo a spendere completamente i fondi di coesione europea o quelli previsti dal Pnrr, ma per mantenere in “moto” la macchina pubblica sborsiamo sempre di più".

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