Israele, rapiti bimbi da Gaza: nelle fosse comuni corpi privi di organi

Mentre si profilano altri crimini all’orizzonte, il Sud Africa torna all’attacco e chiede un cessate il fuoco immediato

di M. Alessandra Filippi
Economia

Guerra, rapiti numerosi bambini da Gaza.

Mentre in Italia le notizie su Gaza sono state bannate dai titoli di apertura dei TG nazionali e i servizi, di ineccepibile irrilevanza, vengono fatti scivolare in coda a tutti gli altri, nel resto del mondo l’attenzione resta altissima e in molti con coraggio tirano dritto sfidando la macchina della propaganda della lobby ebraica ashkenazita.

Anche in Israele, più o meno volontariamente. Malgrado la mannaia della censura si sia abbattuta e abbia spento Al-Jazeera – unica rete indipendente presente sul campo - e sequestrato tutte le sue attrezzature; e si appresti a farlo anche nella sua sede in Cisgiordania, con l’unico scopo di cancellare una presenza scomoda. La sola in grado di testimoniare davanti al mondo i giornalieri crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Israele.

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È infatti da Israele che arriva una notizia sulla quale sembrava esser scesa una coperta di silenzio: la scomparsa di bambini da Gaza. Non risultano né morti, né dispersi, ma più enigmaticamente “scomparsi”, inghiottiti dal caos e dalla guerra. Lo scorso gennaio Al-Jazeera batteva la notizia di un capitano israeliano, Harel Itach, che da Gaza si era “riportato in Israele una bambina”.

La scoperta è stata fatta ascoltando uno dialogo andato in onda sulla Stazione radio dell'esercito israeliano. In quel segmento, nel frattempo rimosso dai servizi d’intelligence, e del quale resta comunque traccia su Al-Jazeera, Shahar Mendelson dichiara che il suo amico Harel, “Ha messo il cuore avanti a tutto e fatto la cosa giusta”. Nel frattempo, il capitano è morto in seguito a delle ferite riportate in guerra e dell’identità e del luogo in cui si trova questa neonata non si sa nulla. Da allora i gruppi per i diritti umani chiedono venga svolta un'indagine indipendente, su questo e molti altri casi di “asportazione” verificatisi dall’inizio delle operazioni a Gaza. Ma ad oggi nulla è stato fatto.

L’ormai comprovato rapimento da parte dell’IDF di numerosi bambini a Gaza, unito al ritrovamento nelle fosse comuni del Nasser Medical Complex, di decine di cadaveri privi di organi interni, e alla sparizione di numerosi cittadini palestinesi – da Gaza e dalla Cisgiordania - dei quali dopo l’arresto si perde ogni traccia, o i cui cadaveri non vengono più riconsegnati, non è solo un atroce crimine di guerra e contro l’umanità, ma l’ennesima prova dell’orrendo genocidio in corso. Questi “rapimenti e sottrazioni” gettano un’ombra sinistra sul modus operandi e sulle effettive intenzioni di Israele nei confronti dei nativi palestinesi.

E proprio per scongiurare il perpetrarsi del genocidio palestinese il Sud Africa ieri è tornato all’attacco dando inizio a due giorni di udienze alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia (CIG) per chiedere il cessate il fuoco immediato e che i massimi giudici delle Nazioni Unite emettano l’ordine di immediata sospensione dell’incursione israeliana a Rafah, perché è un’operazione “genocida” che minaccia la “sopravvivenza stessa dei palestinesi”.

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Il modo stesso in cui Israele sta portando avanti le sue operazioni militari a Rafah e altrove a Gaza “è di per sé un genocidio”, afferma il Sudafrica nella sua richiesta di procedimento. “Essendo il principale centro umanitario per l’assistenza umanitaria a Gaza, se Rafah cade, cade anche Gaza…Avanzando su Rafah Israele sta attaccando l’ultimo rifugio a Gaza e l’unica area rimasta della Striscia che non è stata ancora distrutta”. Oggi tocca a Israele replicare.

Sono ormai più di 35200 i palestinesi uccisi, quasi 79.000 i feriti e oltre 11.000 i dispersi. Secondo fonti verificate dell’ONU si stima che dell’oltre milione e mezzo di profughi stipati a Rafah ad oggi siano più di “600.000 i palestinesi in fuga dalla città, senza acqua né assistenza sanitaria”.

E in mezzo a quel fiume di disperati ci sono più di 600.000 bambini, 30.000 dei quali sono orfani di madre e di padre. Se a questo si aggiunge che tutti i valichi sono sbarrati da settimane dall’esercito israeliano, assediati da bande di coloni estremisti di ogni età, anche bambini, che saccheggiano i carichi e picchiano a sangue gli autisti, risulta chiaro che la situazione umanitaria si fa di giorno in giorno più disperata e caotica. 

È di ieri mattina l’annuncio che il personale del Comando Centrale degli Stati Uniti, a sostegno della missione umanitaria volta a fornire ulteriori aiuti ai civili palestinesi bisognosi, ha ultimato l’ancoraggio del molo temporaneo sulla spiaggia di Gaza. “Nessuna truppa americana è entrata a Gaza – ha dichiarato il Comando - Si prevede che i camion che trasporteranno assistenza umanitaria inizieranno a sbarcare nei prossimi giorni. Le Nazioni Unite riceveranno gli aiuti e ne coordineranno la distribuzione a Gaza”.

Dopo quasi otto mesi di atrocità, lievitate in un crescendo rossiniano di orrori, la sensazione che si prova guardando Israele commettere metodicamente quotidiani crimini di guerra davanti alla telecamera è perturbante. Destabilizza. Angoscia. Terrorizza. È come guardare uno sterminatore psicopatico che in streaming trasmette la propria vita mentre senza sosta compie carneficine, massacri efferati, da mesi, per mesi, impunemente… E con la polizia che non arriva mai. E mentre guardi una domanda ti strangola e si fa strada: quando verrà il mio turno?

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