Esteri
Guerra a Gaza, emigrazione o annientamento: il piano-ultimatum di Israele
Per una parte significativa del pubblico israeliano è più facile spostare i palestinesi che i mobili del proprio salotto
Gaza, ecco il piano del ministro delle finanze Smotrich: "Emigrazione o annientamento”
Viviamo in un eterno presente, bombardato da notizie e informazioni che invece di chiarirci le idee e aiutarci a formarci un pensiero critico libero, ci confondono. La tattica di sovrapporre dichiarazioni contraddittorie in rapida successione è sistematicamente applicata per generare quello che potremmo definire un “caos mnemonico”, ovvero la destabilizzazione della memoria del singolo generando in ognuno dubbi circa i propri ricordi. L’obbiettivo è spingere l’individuo a credere che sia più vero quel che viene raccontato e mostrato dai media piuttosto che quello che individualmente viene colto nella realtà e autonomamente elaborato. E questo anche quando la verità è evidente, chiara e ben distesa davanti ai nostri occhi.
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Tenendo a mente questa tecnica di persuasione, non possiamo fare a meno di ricordare, tutti, la sfilata giornaliera di affermazioni contraddittorie che Israele ha fatto dall'inizio della controffensiva a Gaza. A partire da quella macroscopica sulla base della quale lo stato ebraico all’indom,ani del 7 ottobre, assicurava la presa di mira della sola “regione settentrionale di Gaza, garantendo alla popolazione civile zone sicure nelle zone centrali e meridionali”. Dichiarazione condivisa e avvallata dall’intera amministrazione americana, Biden e i membri del suo gabinetto compresi, i quali hanno sostenuto questa tesi fino a quando non è stata smentita, il mese successivo, dall’attacco di Israele al centro di Gaza, lanciato dopo aver demolito la maggior parte delle residenze civili nel nord.
Mentre l'amministrazione statunitense continuava a nascondere bugie e atrocità e a rifornirlo di armi e sostegno bellico, Israele ha ulteriormente ingannato l'opinione pubblica legittimando l’escalation come inevitabile conseguenza ai progrom del 7 ottobre e come unica via per eradicare Hamas dalla Striscia. Nello stesso modo usato con i gazawi del nord, ha esortato i civili già sfollati e i residenti nel centro di Gaza a cercare rifugio nelle regioni meridionali della Striscia. Dopo oltre sette mesi d’implacabili e feroci bombardamenti nel nord e nel centro di Gaza, che hanno raso al suolo case, fabbriche, fattorie, campi coltivati, frutteti, ospedali, scuole e università, infrastrutture, ora sono ricorsi alla massima crudeltà e criminalità annunciando la loro intenzione di “bonificare” l'ultima area rimasta in piedi a Gaza, completando così l’annientamento dell’intera regione. Un annientamento privo di ogni senso, di ogni vergogna, moralità o umanità.
Mettendo in fila eventi e dichiarazioni si rileva un numero considerevole di contraddizioni. Una delle ultime, per esempio, riguarda il Dipartimento di Stato americano. Dopo aver affermato che è "ragionevole valutare" che Israele abbia utilizzato armi fornite dagli Stati Uniti in casi "incoerenti" con gli obblighi del diritto umanitario e con il memorandum sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha poi dichiarato che “le consegne di armi continueranno” poiché l'amministrazione Biden ha accolto come “credibili e affidabili’ le rassicurazioni date da Israele circa “l’utilizzo delle armi statunitensi”. L’amministrazione americana ritiene inoltre che Israele “non ha intenzionalmente ostacolato gli aiuti umanitari a Gaza”. Se questa affermazione corrisponde al vero, tutte le organizzazioni umanitarie stanno mentendo. Anche la carestia e la fame, usate da Israele come arma di guerra, sarebbero un’invenzione.
L’esempio è solo uno fra le migliaia individuati in questi sette mesi di brutalità espressa su scala colossale.
In una intervista andata in onda sulla canale turco TRT World, lo scrittore e attivista Chris Hedges, parlando della corruzione morale di Israele e della sua “ferocia” ha ricordato che “Fin dalla sua nascita ha violato le leggi che regolano il diritto internazionale. La stessa cosa sta facendo oggi a Gaza”. Ha poi aggiunto che “Israele è stato messo a nudo per quello che è. Uno Stato riprovevole, brutale, razzista oltre che intriso si apartheid. E la maggior parte del mondo lo ha capito”.
Un’inchiesta curata dalla storica attivista dei diritti degli ebrei mediorientali e dei palestinesi Orly Noy, e pubblicata dalla rivista israeliana +972, evidenzia che una parte degli israeliani abbia abbracciato la dottrina razzista e suprematista promossa dal leader del Partito Sionista Religioso di estrema destra Bezalel Smotrich, attuale ministro delle finanze. Secondo quanto riportato da Noy “L'internalizzazione dei piani del ministro di estrema destra è evidente nel sostegno popolare ricevuto al nuovo ultimatum per Gaza: emigrazione o annientamento”. Nel “Piano decisivo”, una sorta di “fine dei giochi” del conflitto israelo-palestinese pubblicato da Smotrich 6 anni fa, si legge che “la contraddizione intrinseca tra le aspirazioni nazionali ebraiche e palestinesi non consente alcun tipo di compromesso, riconciliazione o spartizione”. In sostanza “non bisogna mantenere l’illusione che un accordo politico sia possibile. La questione deve essere risolta unilateralmente, una volta per tutte”.
Nel “Piano”, in cui sono presenti sporadici riferimenti a Gaza, Smotrich si dichiara “soddisfatto della reclusione dell’enclave da parte di Israele”, e vede come soluzione ideale alla “sfida demografica”, posta dall’esistenza stessa dei palestinesi, la loro integrale sostituzione.
Per quanto riguarda invece la Cisgiordania, regione dove Smotrich vive e fa il bello e il cattivo tempo, chiede “l’annessione totale”. Qui le preoccupazioni demografiche saranno attenuate importando 3 milioni di ebrei ortodossi e offrendo ai 3 milioni di residenti palestinesi una scelta: “O rinunciare alle proprie aspirazioni nazionali e continuare a vivere sulla propria terra in uno status inferiore, oppure emigrare all’estero”. Qualora i palestinesi dovessero optare per la terza via, la resistenza, e imbracciare le armi contro Israele, la soluzione è identificarli come terroristi e incaricare l’esercito israeliano di “uccidere tutti coloro che hanno bisogno di essere uccisi”.
Il “Piano Decisivo” è stato liquidato, fin dalla sua comparsa, come “delirante e pericoloso”. Tuttavia, le decisioni prese da Netanyahu e il suo Governo, una larga parte dei discorsi politici ascoltati, uniti alle modalità della prolungata offensiva dell’esercito a Gaza, farebbero pensare che almeno una parte sia stata assimilata. Secondo Noy una gran parte dell’opinione pubblica israeliana ha interiorizzato le logiche del “Piano Smotrich”. Il rifiuto totale, per esempio, da parte degli israeliani d’inquadrare il brutale attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre “all’interno di un contesto di decenni di oppressione” ne sarebbe la prova. Con sincerità si chiedono perché i palestinesi “non si siano aggrappati con gratitudine al loro status di prigionieri a Gaza”. Con genuino stupore si domandano come sia possibile che migliaia di palestinesi interpretino l’obbligo “di lavorare per salari minimi nelle terre da cui le loro famiglie sono state espulse” non come una generosa opportunità offertagli di poter migliorare il loro stato ma come una forma di sopruso inaccettabile.
Per la maggior parte degli ebrei israeliani, gli oltre 2 milioni di palestinesi di Gaza “avrebbero dovuto tenere la bocca chiusa” e accettare di buon grado lo status quo. Dopo il 7 ottobre nemmeno questa opzione è stata più valida ed è stata “sostituita da un nuovo ultimatum, camuffato da considerazioni umanitarie che consentirebbero ai civili palestinesi di lasciare l’area delle ostilità”. Così, dopo aver deportato sui propri piedi tre quarti della popolazione di Gaza, da nord a sud, adesso l’esercito israeliano a iniziato a bombardarli da tutte le parti, sud e Rafah compresi. “L’emigrazione viene proposta sotto forma di piani per il trasferimento di massa dei palestinesi fuori dalla Striscia”, scrive Noy, “Per una parte significativa del pubblico israeliano è più facile spostare loro che i mobili del proprio salotto”.
In un Paese in cui pubblicare un video con la ricetta dello shakshuka – antica e gustosa ricetta medio orientale tipica della Palestina a base di uova - accanto a una bandiera palestinese porta all’incarcerazione, il processo di smotrichizzazione e interiorizzazione della sua logica “decisiva” è già stato completato. Come scrive l’attivista Noy “Le implicazioni di ciò sulla possibilità di riabilitare la sofferente società israeliana dopo la guerra e di gettare nuovamente le basi per la lotta per una società condivisa sono difficili persino da immaginare”.