Regione Lombardia, lo strano caso delle gare per le centrali idroelettriche. Nonostante l'Ue...

Si sono presentati in totale 11 gruppi, ecco quali

di Maddalena Camera
Regione Lombardia, bagarre in aula sul bilancio
Economia

Gare centrali idroelettriche partite ma solo in Lombardia

Lo strano caso delle centrali idroelettriche italiane che la Regione Lombardia ha messo a gara il 18 ottobre scorso anche se l'Ue ha annullato questo obbligo. Nonostante i ricorsi già presentati dalle aziende interessate, come Edison e A2a, contro i criteri di valorizzazione delle cosiddette opere "asciutte" (ossia quelle che servono per il funzionamento del bacino idroelettrico), valutate dalla Regione 20 volte meno del loro valore reale, le prime due gare sono partite  ma il procedimento per l'aggiudicazione appare lunghissimo tanto che il vincitore si dovrebbe conoscere solo nel dicembre 2025.

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E dunque tra i problemi che la procedura innesca c'è anche quello della perdita di investimenti che sono quantificati, per tutte le centrali presenti in Italia circa 4800 per lo più al nord, intorno ai 15 miliardi di euro.  Alle due gare lombarde per le centrali di Codera Ratti-Dongo con potenza da 19Mw gestita da Edison e Resio da 4 Mw di A2a si sono presentati in totale 11 gruppi: cinque per la prima e sei per la seconda tra cui, ovviamente, anche gli attuali gestori che non vorrebbero mollare la presa. Il problema è che si tratta di una apertura del mercato a senso unico dato che negli altri paesi Ue non sono previste gare del genere con grave danno per  l'Italia e i suoi asset strategici.

Le centrali idroelettriche infatti sono una fonte di energia rinnovabile molto pregiata e, negli ultimi due anni che sono stati particolarmente piovosi, hanno portato grande beneficio non solo ai conti delle aziende che le gestiscono, quella che ha più centrali è l'Enel, ma anche del sistema paese dato che producono circa il 40% dell'energia rinnovabile in Italia e il 20% del totale. Il sistema inoltre è modulabile, nel senso che può essere gestita, tramite le chiuse, la produzione non solo di energia ma anche di flusso di acqua nei principali bacini italiani. 

Come Edison ha fatto nel 2022 per garantire il livello del lago di Como e l'acqua per le colture agricole. Al momento comunque solo la Lombardia ha iniziato il processo delle gare mentre le altre regioni si sono fermate in attesa di avere una corretta valutazione  degli asset asciutti anche per evitare le problematiche dei ricorsi. Ovviamente i gestori delle centrali che come già detto sono anche le principali utilities del paese, sperano in un intervento legislativo che consenta di mantenere le concessioni e di non vedere questi asset così importanti finire in mani straniere, dato che alla gara in Lombardia hanno partecipato anche operatori esteri come la svizzera Bwk e la Epk che fa capo al finanziere ceco Daniel Kretinsky.  

Il problema si è innescato nel 2011, quando la Ue ha avviato una procedura di infrazione contro i Paesi che non garantivano la concorrenza nel settore energetico. A differenza della Francia, dove il sistema è prevalentemente pubblico, e della Germania, dove le concessioni durano fino a 90 anni, l’Italia ha optato per una legge che stabilisce tre modalità di privatizzazione della gestione degli impianti alla scadenza della concessione: gara pura, partenariato pubblico-privato e società miste. Nel 2021 però l'Europa ha annullato l'obbligo di mettere a bando la gestione degli impianti. Ma l’Italia, con una controversa decisione, ha mantenuto il provvedimento, rendendolo parte delle clausole per ricevere il Pnrr, consentendo così agli operatori esteri di entrare nel nostro Paese per gestire un asset strategico per la produzione di energia.  Sono però le Regioni a dover gestire i bandi. 

E dunque al momento tutto è fermo tranne in Regione Lombardia che ha dichiarato di "aver solo applicato le norme vigenti". La soluzione del problema potrebbe essere la negoziazione diretta tra Regione e le utilities che hanno le concessioni in scadenza per arrivare a un prezzo di mercato corretto ma al momento la modalità non è ancora stata prevista.  La soluzione dovrebbe comunque  permettere alle Regioni di capire quali sarebbero le disponibilità dei concessionari uscenti ad effettuare investimenti molto significativi con ricadute importanti per il territorio in cambio del rilascio di una nuova concessione.  Gli interessi come si vede sono contrapposti anche se una soluzione va trovata al più presto per evitare lo stop agli investimenti su asset importanti per l'equilibrio energetico del paese. 

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