Rete, nessun passo avanti dopo l’incontro al ministero: si allungano i tempi

L’incontro al Mimit non ha prodotto i risultati sperati e la sensazione è che manchi ancora molto per trovare la quadra

di Marco Scotti
Economia

Rete unica, i tempi si allungano

Confermate le indiscrezioni raccolte da Affaritaliani.it: i tempi per la rete unica (ammesso che si faccia) sono destinati a dilatarsi. La riprova si è avuta nella giornata di ieri 26 gennaio, quando l’incontro al Mimit non ha prodotto alcun risultato di rilievo. Si tratta del quarto tavolo convocato in poco più di un mese. Ma, di nuovo, non si è giunti a una conclusione né per quanto riguarda la rete unica, né per quanto concerne il ruolo di Tim nello scacchiere, né ancor meno per quello che riguarda la definizione delle agevolazioni fiscali per le aziende del comparto, dal riconoscimento di status di “energivori” all’Iva ridotta.

Il governo ha preso tempo, sa che in questo momento le urgenze sono altre. Ma sa anche che senza un comparto delle telecomunicazioni sano non si va da nessuna parte. Che cosa succederà nei prossimi mesi? Intanto, un segnale: in una giornata tutto sommato positiva per i mercati, Tim perde oltre lo 0,6%, segno evidente che gli analisti non si fidano più tanto della rapidità dell’operazione. Tant’è che Equita ha convenuto che i tempi si dilateranno. 

Secondo Oddo Bhf la vendita della rete di Tim rimane molto probabile. Lo scenario più probabile è ora un'offerta da parte di un consorzio di investitori e della Cdp, con Vivendi che potrebbe accettare un'offerta di 24 miliardi di euro, contro la stima di 17 miliardi (ossia un multiplo di circa 12 volte l’EBITDA). Ricordiamo che un’offerta ufficiale da parte di Cdp o di altri soggetti non è mai arrivata, mentre il gran capo di Vivendi Arnaud De Puyfontaine ha stimato in 31-34 miliardi la forchetta entro cui si colloca il valore della rete.

Va detto che nel frattempo di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia e i francesi non hanno più parlato di cifre. La sentenza della Cassazione dei giorni scorsi che sancisce come Vivendi non abbia il controllo di fatto su Tim è un ulteriore assist a trovare una quadra, con i francesi che, una volta usciti dal board, possono giostrare liberamente da “semplici” azionisti. 

Tim ha l’urgenza del debito

Il problema per Tim è che il debito è una montagna notevole e deve essere rapidamente abbattuto. Alla fine del terzo trimestre del 2022 ammontava a 32,67 miliardi di euro, con un costo medio – cioè gli interessi da corrispondere – del 4,2% come si legge sul sito di Tim. Nei giorni scorsi è stato emesso un bond da 850 milioni, di durata quinquennale e una cedola del 6,87%. Tanto, se si pensa che il precedente collocamento da un miliardo a otto anni garantiva l’1,62%. 

Nel 2023 scadranno complessivamente altri 2,3 miliardi di euro di debito, che dovranno essere rifinanziati. Nel 2024 addirittura 4,5 miliardi. Ipotizzando che i tassi rimangano alti per tutto il mercato – e non solo per Tim – per un periodo di tempo di almeno un paio d’anni, vuol dire che bisogna muoversi ad abbattere il debito. Perché altrimenti i costi potrebbero diventare ancora più alti, rendendo complessa la gestione della società.

La divisione tra NetCo e ServiceCo è sicuramente propedeutica alla riduzione dell’indebitamento. Chiariamoci: non è colpa di Pietro Labriola o di chi l’ha preceduto, ma di una gestione folle che ha progressivamente zavorrato le casse di quella che un tempo era l’azienda più innovativa d’Italia. Ma le difficoltà di oggi riducono il potere negoziale dell’azienda e dei suoi investitori.

In molti sono dunque pronti a scommettere che sul tavolo verrà recapitata un’offerta da parte di Cdp e altri soggetti – un po’ come avvenuto per Open Fiber – per rilevare l’infrastruttura. Attenzione anche a quello che succederà nel governo: il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessio Butti e il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso hanno deleghe sovrapponibili ma idee diverse. Il primo non vorrebbe capitale straniero nella rete, il secondo invece è meno “netto”. Chi la spunterà? Anche da questi dettagli si deciderà il futuro della rete unica in Italia, un asset fondamentale ma ancora, purtroppo, solo sulla carta. 

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