Economia

Rete unica, il 26 gennaio nuovo tavolo: ma i tempi si allungano

di Marco Scotti

Dopo le dimissioni di De Puyfontaine si torna a parlare della rete unica. Ecco chi parteciperà e quali saranno le esigenze presentate

Rete unica, il 26 gennaio nuovo tavolo al Mimit

Torna il tavolo della rete unica. Dopo quasi un mese dall’ultimo incontro il 26 gennaio tutti i protagonisti della vicenda torneranno a sedersi uno di fronte all’altro. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy terrà a battesimo le esigenze prima di tutto dei principali protagonisti (Tim da una parte, Cdp dall’altra) ma anche dell’intero comparto delle telecomunicazioni. Ora che Arnaud De Puyfontaine ha abbandonato il consiglio di amministrazione, con Vivendi che – pur essendo primo azionista di Tim – non ha più esponenti nel board, si dovrà tornare a parlare della rete unica.

Intanto: quanto vale? I francesi, che inizialmente non avevano esitato a stimare tra i 31 e i 34 miliardi questo asset, ultimamente non hanno più pronunciato cifre. E qualcuno dice che già questo sarebbe un segnale della volontà di sedersi a un tavolo. Dall’altra parte c’è Cassa Depositi e Prestiti che, formalmente, non ha mai presentato un’offerta, ma che ha sempre fatto trapelare una valutazione intorno ai 18 miliardi di euro. Nel mezzo ci sono advisor come Mediobanca che hanno espresso una stima sui 23-25 miliardi di euro.

Dunque se ci fosse il “2” davanti a un’offerta di Cdp, è probabile che quanto meno ci si siederebbe intorno a un tavolo. I francesi hanno investito miliardi quando le azioni di Tim erano scambiate a un euro. E oggi che valgono il 75% in meno cercano un modo per massimizzare l’investimento profuso. Naturale dinamica di mercato, proprio perché l’ex-Telecom, nonostante sia un’azienda di rilievo nazionale, è privata e, come tale, risponde a logiche di mercato.

Per questo, Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, se dovesse trovarsi al tavolo del prossimo 26 gennaio non potrà fare altro che ribadire quanto già detto in altre occasioni: che servirebbe l’Iva agevolata, che il comparto è energivoro e che quindi avrebbe bisogno di un intervento statale. E che il calo della redditività generale costringe in qualche modo ad andare verso una maggiore concentrazione. Poi, ovviamente, non potrà pronunciarsi su cifre e idee di un’azienda che ha degli azionisti che devono dialogare con Cdp.

Dalla sua, Labriola ha dei numeri positivi: la revisione al rialzo delle linee guida a luglio è un primo timido segnale di ripresa dopo i tre “profit warning” consecutivi che avevano caratterizzato gli anni passati. Il 14 febbraio prossimo il cda e il nuovo piano industriale – revisione di quello presentato recentemente – sanciranno un nuovo e ulteriore passaggio verso la risalita da parte dell’ex-Telecom. Che ha però una stella polare da seguire: abbattere il debito che la appesantisce come un fardello.

Dal punto di vista della Cassa, invece, tutto si muove con grande cautela. Nessun annuncio, anche perché l’ad di Cdp Equity, Francesco Mele, è arrivato da poco dopo essere stato nella Illimity di Corrado Passera. E trovarsi tra le mani un dossier così complicato è una sfida difficile che richiede per forza di cose calma. Per questo i bene informati sostengono che il 26 gennaio sarà un nuovo incontro interlocutorio.

L’obiettivo finale è chiaro: arrivare alla rete unica. Il problema è che per farlo serve per forza di cose trovare un accordo sulla valutazione degli asset. Per questo è prevedibile immaginare che siamo ancora in surplace, come con i ciclisti. Chi parte per primo nell’annunciare la cifra massima (o minima a seconda dei punti di vista) avrà una posizione di svantaggio. E nessuno vuole vestire i panni dello sfavorito.