Risiko bancario, al Gran ballo si iscrive anche Bper: e ora che cosa succede?

Intanto perché con l’annunciata riduzione dei tassi da parte della Bcea rivoluzionando il mondo bancario. Con esiti ancora tutti da definire

di Marco Scotti
Economia

Risiko bancario, al Gran ballo si iscrive anche Bper: e ora che cosa succede?

Venghino, siori venghino: c’è posto per tutti. Il risiko bancario, avviato a novembre da Andrea Orcel, continua a regalare ogni giorno pagine nuove. Alcune sorprendenti, altre un po’ meno, con una sola certezza: il mondo degli istituti di credito come l’avevamo inteso negli ultimi anni è destinato a cambiare radicalmente. Perché? Intanto perché con l’annunciata riduzione dei tassi da parte della Bce (si arriverà al 2% entro la metà di quest'anno) il business degli istituti di credito dovrà evolversi nuovamente: non basteranno gli impieghi, serviranno le fabbriche prodotto e gli strumenti per il wealth management.

Un'evoluzione di quanto fatto in questi quattro anni di vacche "grassissime", in cui il comparto ha guadagnato - come capitalizzazione di Borsa, secondo un'analisi di Excellence Consulting - 84 miliardi di valore, con un tasso di crescita annuo composto del 25,6%. L'Italia, tra l'altro, è stata quella che ha vissuto in maniera più corposa questo periodo, perché nessun altro Paese europeo ha visto tassi di crescita così elevato. Così, oggi, alla fine di un periodo di crescita senza precedenti, si iniziano a muovere le pedine.

BancoBpm, che mercoledì 12 febbraio presenterà il suo piano industriale (e fonti accreditate riferiscono ad Affaritaliani.it che sarà già comprensivo di Anima e non stand alone) ha lanciato un'opa totalitaria sulla Sgr di cui già deteneva oltre il 20%. E l'ha fatto per poter affiancare alla sua presenza capillare nel nord Italia (è la prima o la seconda banca per erogazioni alle Pmi in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Alta Toscana) anche la gestione del risparmio in un'area che, per pil, è la seconda in Europa. Poi è arrivata Unicredit, che a sua volta ha lanciato un'ops su BancoBpm con una valutazione ritenuta da moltissimi assai inferiore alle reali possibilità della banca guidata da Giuseppe Castagna. Appare scontato un rilancio, ma di quanto?

Unicredit, tra l'altro, che nel frattempo sta conducendo la sua battaglia per diventare sempre più una banca paneuropea puntando a Commerzbank. Ed è per questo che in molti si sono detti scontenti della possibilità che Andrea Orcel muova su Piazza Meda: perché si perderebbe la natura locale del Banco per aumentare ancora più la vocazione europea. A questo si riferiva Matteo Salvini quando parlava di una banca "non italiana" (ma Unicredit è italianissima): perché la percentuale maggiore degli impieghi di Piazza Gae Aulenti viene erogata all'estero. In questo scenario intricatissimo, si aggiunge l'ops di Mps su Mediobanca. Un vero unicum nel panorama italiano perché è il "pesce piccolo" che cerca di rilevare quello più grande (basta vedere la capitalizzazione di Borsa dei due istituti). Tra l'altro, Siena al momento è la terza per numero di sportelli ma ha l'urgenza di ampliare il suo business.

Come detto, infatti, ora che l'alta marea dei tassi si sta abbassando, serve capire come continuare a remunerare la banca. E il wealth management rimane la branca più attraente nel comparto, come sa bene Mediobanca che - dismessi tutti i business non più "core" - si è concentrata sulla gestione delle ricchezze private. Anche in questo caso si inarca più di un sopracciglio, soprattutto perché qualcuno teme che l'operazione non poterebbe benefici a nessuno. E inarca il sopracciglio anche Giuseppe Castagna, il ceo di Bpm che teme che dalla fusione eventuale (e assai complessa, è bene dirlo) tra Mps e Mediobanca, sarebbe lui a restare con il cerino in mano. Di più: in questi anni lo si è accusato di aver fatto saltare la fusione con il Monte per mantenere la sua poltrona, ma se andasse in porto l'ops di Unicredit sarebbe stata proprio la sua difesa dell'istituto a costargli la sedia. 

Scherzi a parte, senza ricordare le interconnessioni di questa partita con quanto accadrà in Generali a maggio - i temi sono ormai arcinoti - è chiaro che lo scenario sia ormai in magmatica trasformazione. Si stanno creando due grandi "filosofie" bancarie: la prima, quella di Unicredit, che da tempo vuole creare un campione europeo con una capitalizzazione superiore ai 100 miliardi di euro, per competere sullo scacchiere globale; dall'altra chi fa notare che in un Paese come l'Italia, dove oltre il 90% delle imprese è una PMi, bisogna mantenere ancora forte il contatto con il territorio. Con un'ulteriore aggiunta: una fonte ai massimi livelli, chiacchierando con Affaritaliani.it, si è detta convinta che a godere, in questo momento, sarà Intesa Sanpaolo.

Che non ha la possibilità di fare altre operazioni per motivi di Antitrust, ma che - dice la fonte - spera che dall'eventuale fusione tra Unicredit e BancoBpm possano esserci grandi vantaggi per la banca stessa, pronta a sostenere le Pmi che dovessero uscire eventualmente dai radar del nuovo gigante bancario. D'altro canto, a Orcel venne chiesto di riportare l'istituto di credito ai fasti di un tempo, passando anche per l'M&A dopo un primo triennio fatto di buyback e di remunerazione dei soci. Infine, un ultimo dettaglio: la preoccupazione di qualcuno è che uno scenario con sempre meno player rappresenti un problema di competitività per le imprese. Dalle grandi alle piccole, infatti, l'offerta di prestiti e finanziamenti potrebbe ridursi o veder aumentare i tassi. Sarà così? Lo si vedrà nei prossimi mesi, intanto tutti in postazione. Il gran ballo del risiko bancario è iniziato.

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