Risiko bancario, perché il governo non cederà altre quote di Mps
Nonostante la febbre in Borsa sugli istituti di credito, per Siena è più probabile una fusione con Bper o BancoBpm che un’ulteriore diluizione del Mef
Mps, ecco perché il governo non cederà altre quote del Monte
Sono di nuovo giornate euforiche per il mondo bancario, che cresce in Borsa raggiungendo risultati perfino inattesi. Il motivo? Si scommette sul risiko, con le ipotesi che continuano a circolare che vedono coinvolte Monte dei Paschi di Siena, Unicredit, BancoBpm, Bbper. Al centro di tutto c’è Mps, una banca che ha cambiato pelle dopo una lunghissima traversata nel deserto. Gli investitori scommettono che il governo sia pronto a mettere sul mercato una quota almeno del 10%, scendendo così al di sotto del 30% e avviando la definitiva uscita dal Monte.
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C’è però un dettaglio che non deve sfuggire. Nel caso in cui il Mef dovesse diluirsi ulteriormente, si troverebbe in una posizione scomoda. Deterrebbe il 30% del capitale di una banca ritornata sotto i riflettori, ma in un’ipotetica assemblea basterebbe che si radunasse il 40% delle azioni per mandare l’esecutivo in minoranza. Una china pericolosa. Non sarebbe allora meglio iniziare a profilare il futuro della banca ipotizzando un’alleanza strategica che però tenga conto delle nuove dimensioni dell’istituto di credito, del fatto che è tornato a distribuire dividendi e che è stato riorganizzato dopo il lavoro di Luigi Lovaglio?
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I pretendenti sono sempre i soliti, anche perché il panorama non offre molte altre alternative. Unicredit ha avuto la possibilità di rilevare il Monte con una dote, ma l’accordo è saltato. Oggi si potrebbe anche riaprire il dossier – anche se Andrea Orcel dovrebbe spiegare agli azionisti come mai ha scelto di non prenderla gratis e di acquistarla pagando – a patto che a Mps sia riconosciuto il giusto valore. Secondo gli analisti, c’è spazio per crescere arrivando a un controvalore tra i 7 e i 7,5 miliardi di euro (oggi siamo a 4,7), con un incremento del 50%.
Le ipotesi più accreditate, però, restano quelle con Bper e con BancoBpm. Partiamo dalla prima: Carlo Cimbri – in una conferenza stampa che è già passata alla storia – ha dichiarato di essere pronto a tutto per difendere l’istituto di credito e la sua partecipazione nella Banca Popolare di Sondrio, citando anche Mario Draghi (“credetemi, sarà sufficiente”) e il suo discorso del bazooka. Al momento, la fusione tra Bper e Mps avrebbe un senso sia in chiave difensiva – perché aumenterebbe il volume di fuoco di un istituto che sarebbe molto forte soprattutto nel Nord Italia – sia in chiave di razionalizzazione delle risorse e dei costi.
L’alternativa è BancoBpm. Una fusione avrebbe una ratio sicuramente più alta, perché creerebbe finalmente il famoso terzo polo e renderebbe l’universo bancario italiano più solido e più pronto a reggere a qualsiasi sfida. Però c’è un enorme punto interrogativo, che è legato al “no” secco che Giuseppe Castagna ha sempre risposto a chi gli chiedesse se c’erano margini per una fusione. “Ho altro da fare” ha detto recentemente, facendo capire che il suo obiettivo al momento è remunerare quegli azionisti che gli hanno rinnovato la fiducia da poco.
E qualcuno che conosce bene il dossier ha bisbigliato: “Per fare le fusioni serve un lavoro di mesi, se si parte con queste intenzioni difficilmente si potrà completare il matrimonio tra Banco e Mps”. In effetti, il lavoro complesso di integrazione tra Intesa Sanpaolo e Ubi, che avevano già risolto i problemi di Antitrust cedendo degli sportelli a Bper, rappresenta un monito per i manager: fare le fusioni non vuol dire solo prendere due banche e unirle, significa trovare interazioni, risparmi, sinergie. Meccanismi tutt’altro che semplici.
Non va dimenticato, però, che proprio per la composizione dell’azionariato di Mps, la matrice politica non solo non può essere trascurata, ma – anzi – sarà dirimente. E così la storica vicinanza di Carlo Cimbri al mondo delle Coop e all’Emilia “rossa” (nonostante da tempo il manager abbia adottato un approccio equidistante da vero ganglio della finanza) potrebbe rappresentare un ostacolo nell’operazione tra Bper e Mps. Siena, ormai divenuto un feudo della Lega, potrebbe quindi più facilmente sposarsi con un altro istituto di credito storicamente vicino al Carroccio, cioè BancoBpm.
Ci sono però altri due temi da non trascurare. Il primo è di governance, il secondo è “storico”. Per quanto riguarda la gestione, il siluramento in diretta di Piero Luigi Montani da parte di Cimbri chiarisce una volta di più che per il posto di amministratore delegato di Bper ci sarà un volto nuovo. Qualcuno ha confermato l’indiscrezione raccolta da Affaritaliani.it a dicembre secondo cui in pole position ci sarebbe Gianni Franco Papa, attuale presidente di due “costole” di Bper come Carige e Banca Cesare Ponti, consigliere del board dell’ex Banca Popolare dell’Emilia-Romagna e con un lungo trascorso in Unicredit dove è stato anche direttore generale. Anche Luigi Lovaglio ha un lungo trascorso nella banca guidata da Orcel dove, insieme ad Alessandro Profumo e Roberto Nicastro, è stato il “dominus” di Pekao in Polonia.
In Banco Bpm Castagna è molto legato al suo ruolo e digerirebbe molto a fatica un suo eventuale declassamento per favorire la fusione con Mps. Ma l’impressione è che Lovaglio, che finora ha agito come un uomo in missione, non abbia alcuna intenzione di puntare i piedi. Considererebbe concluso il suo mandato una volta completata l’integrazione con un’altra banca, sia essa Bper o BancoBpm. Quindi è molto probabile che non ci sarebbe una lotta intestina per cercare di trovare il nuovo amministratore delegato.
C’è però un secondo tema fondamentale: il marchio Mps, ora che è stato riportato a nuovo ed è tornato in maniera prepotente sulla scena non può essere dissipato. Ecco perché si tende a sperare in una fusione con Banco o con Bper, perché ci sarebbe la possibilità di mantenere l’identità della banca. Non è tanto una questione di “senesità”, ma semmai di un patrimonio che compirà 552 anni nelle prossime settimane e che deve essere tenuto vivo in Toscana ma non solo. Intorno alla tutela del marchio e alla sua corretta collocazione si giocherà molto del futuro della banca. O si trova un nome evocativo, nuovo, che racconti il nuovo gruppo, oppure non si può prescindere da Monte dei Paschi di Siena e dalla sua storia secolare.