Shanghai, il lockdown ferma il porto: rischio disastro commerciale mondiale

Il porto di Shanghai è il più grande del mondo e la politica cinese “contagio zero” rischia di avere effetti drammatici sul commercio globale

di Marco Scotti
Economia
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Shangai, il lockdown ferma il porto: 477 navi cargo in attesa

Neanche 13 mesi dopo la catastrofe della nave Ever Given incagliata nel Canale di Suez (era il 23 marzo del 2021) il mondo intero si trova di fronte a una situazione potenzialmente più grave di quella. A Shanghai, la megalopoli in lockodwn totale dopo una nuova ondata di casi di Coronavirus, ci sono quasi 500 navi ferme in attesa di poter attraccare.

Come fa notare Il Messaggero, delle 477 imbarcazioni mercantili contate lo scorso 11 aprile davanti alla costa di Shanghai, a decine sono cariche di metalli raffinati e altre sono in attesa di caricare materiali pronti per la distribuzione commerciale. Il che potrebbe tradursi in un nuovo effetto domino dagli effetti potenzialmente drammatici.

Il caso della nave Ever Given, che era andato avanti per 11 giorni prima che si riuscisse a scastrare dal chilometro 151 a Suez, aveva prodotto il blocco di 422 navi e lo stop a circa 26 milioni di tonnellate di merci. I danni provocati sono stati, nell’immediato, di 9 miliardi di euro.

Ma c’è di più: il rallentamento della catena di fornitura dettato dallo stop di quelle imbarcazioni si era tradotto in un incremento delle pressioni sulle supply chain di materie prime, già messe alla prova dalla ripresa rapidissima nel post-Covid. Un rallentamento delle forniture ha quindi dettato un incremento dei prezzi e un’esplosione della domanda, avviando quel circolo vizioso che è poi deflagrato in autunno, con l’aumento del prezzo dell’energia, e a fine febbraio con la guerra in Ucraina.

Il porto di Shanghai è il più grande del mondo. Da qui, nel 2019, sono passati 43,3 milioni di Teu (l’unità di misura dei container) e 514 milioni di tonnellate di cargo. Per capire l’enormità dell’hub cinese basta pensare che il secondo a livello globale, quello di Singapore, si ferma a 37,2 milioni di Teu.

Ora: dal momento che la Cina non sembra voler allentare le sue misure restrittive e la sua politica a “contagio zero”, è facile pensare che la soluzione allo stop alle navi non sia esattamente dietro l’angolo. Però attenzione, perché il problema potrebbe portare rapidamente il mondo a un nuovo “cazzotto”. O, come dicono gli anglosassoni, a un altro chiodo sulla bara.

Come fa notare Il Messaggero, prima della crisi delle supply chain affittare un container di 40 piedi da Shanghai a Rotterdam costava circa 2.000 euro prima dell’estate 202. Poi il prezzo è rapidamente decollato e ora è intorno ai 13.000. Se il blocco della città cinese dovesse perdurare, quali sarebbero i costi da scaricare lungo la filiera e, di conseguenza, sul consumatore finale?

E ancora: i semiconduttori fondamentali per un’industria automobilistica ormai allo stremo (ha perso un terzo delle vendite rispetto al 2019) che rischia di non poter rispettare le consegne; i metalli preziosi; le molecole per i farmaci: se si blocca il porto di Shanghai, se si impedisce lo scarico e il carico dei container, che cosa rischia il mondo? Se la guerra tra Russia e Ucraina ha convinto la Banca Mondiale a tagliare le stime di crescita globali di quasi un punto percentuale (e di due per l’Italia), che cosa potrebbe succedere ora?

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