Silicon Bank, colpo al sistema bancario: perché i mercati ora fibrillano

Il grande problema dietro il fallimento della Silicon Valley Bank è la natura dei depositi bancari dei cittadini a Stelle e Strisce

di Antonio Amorosi
Economia

Dopo Silicon Valley Bank ecco gli istituti che potrebbero andare in fibrillazione. Ottimi istituti ma che rischiano effetti per quanto sta accadendo sui mercati

Il piano di salvataggio è partito ma non tranquillizza, per adesso. Anche perché dopo il crollo “improvviso” della Silicon Valley Bank, la bolla speculativa dei tecnologici non è più solo uno slogan.

Dopo il collasso, insieme a Signature Bank e gli annunci del presidente Joe Biden che il sistema bancario americano è sano e che tutti gli investitori riceveranno comunque fondi, i mercati restano titubanti. Il piano di salvataggio della Federal Reserve, del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti e la FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation) non accantona le tensioni.

Il grande problema dietro il fallimento della Silicon Valley Bank è la natura dei depositi bancari dei cittadini a Stelle e Strisce. E la Silicon Valley Bank ne è un modello. Solo il 3% dei depositi in Silicon Valley Bank è inferiore a 250.000 dollari, quindi è tutelato per normativa. Invece oltre l'85% dei depositi della banca della Silicon Valley non è assicurato. E nella medesima condizione sarebbero tantissimi istituti medi, come era la Silicon Valley Bank, e piccoli. Una crisi attule molto diversa da quella del 2008, dove l'istituto era di dimensioni ben diberse.

Per alcuni economisti dietro questo crollo ci sarebbe la crisi di un modello di investimenti in settori dalla bassa solidità e un cambio di paradigma nei sistemi di vigilanza sulle banche che arriva al pettine.

Non a caso è da ore che Bernie Marcus, esperto businessman e tra i primi ad aver messo una luce sulla banca della Silicon valley, sostiene che il crollo dovrebbe suonare come campanello d'allarme per gli americani che affidano il loro denaro a chi fa investimenti sui temi della "Woke culture”, come il cambiamento climatico e settori adiacenti. Per Marcus sono istituti "gestiti male" e focalizzati sui problemi ideologici, il politicamente corretto attento alle minoranza e l’ecologia di nuova generazione. Per Marcus sono settori fumosi.

Biden, nella conferenza di oggi, non ha risposto a domande di giornalisti tanto meno ha spiegato come tecnicamente avverrà il piano rientro dei fondi di chi ha investito. Il presidente Usa ha anche promesso maggiore severità nei controlli bancari. Ma la vigilanza negli USA è settorializzata.

Si calcola che potrebbero esserci fibrillazioni per almeno altri 10 istituti USA: Prosperity Bancshares, Columbia Financial Customers Bancorp, First Republic Bank, Sandy Spring Bancorp, New York Community Bancorp, First Foundation, Ally Financial, Dime Community Bancshares, Pacific Premier Bancorp. Ottimi istituti ma che rischiano effetti per quanto sta accadendo sui mercati.

In queste ore anche la SEC, l'ente federale statunitense preposto alla vigilanza delle borse valori, afferma di essere in allerta per potenziali comportamenti scorretti dopo il crollo della Silicon.

Barnie Marcus, tra le altre cose anche co-fondatore di Home Depot, multinazionale al dettaglio statunitense, ha spiegato che Biden sta da tempo facendo marketing sulle condizioni economiche degli USA. L'economia USA non va bene, la maggioranza dei disoccupati neanche cerca più lavoro. Marcus: "E questa è un'indicazione che tutto ciò che dice Biden non è vero. E forse il popolo americano finalmente si sveglierà e capirà che stiamo vivendo tempi molto difficili".

Wall Street rimane preoccupata. Gli aumenti dei tassi di interesse della Federal Reserve possono mettere in crisi ulteriormente le banche regionali. Cosa farà ora la Fed? Alzerà ulteriormente i tassi?

La situazione è in evoluzione ma i problemi restano in gran parte creati prima dalla politica accomodante della Fed e ora eccessivamente aspra sui tassi.

“Ai tempi in cui i tassi di interesse erano vicini allo zero”, scrivono i giornalisti economici della CNN, “le banche statunitensi hanno raccolto molti buoni del Tesoro e obbligazioni. Ora, mentre la Fed alza i tassi per combattere l'inflazione, quei titoli hanno perso valore. Quando i tassi di interesse aumentano, le obbligazioni di nuova emissione iniziano a pagare tassi più alti agli investitori, il che rende le obbligazioni più vecchie con tassi più bassi meno attraenti e meno preziose. Il risultato è che le banche statunitensi ora hanno una grande quantità di perdite non contabilizzate e potrebbero non avere liquidità”.

Nota a parte. Mentre Silicon Valley Bank scricchiolava i dirigenti ricevevano i loro bonus annuali, riferiscono il New York Post e il sito di informazioni Axios. Non è chiaro quanto denaro sia stato distribuito, ma secondo la NBC i bonus dovrebbero oscillare tra i 14.000 ai 140.000 dollari per ciascuno degli amministratori delegati. I bonus per i dipendenti di altri Paesi erano previsti per la fine di questo mese e non sono stati pagati. Nel 2019, Bloomberg ha riferito che i lavoratori della Silicon Valley Bank erano i più pagati tra tutte le banche pubbliche statunitensi, con una media di 250.683 dollari ciascuno nel 2018.

Quanto accade in queste ore fa comprendere una sfaccettatura del capitalismo del nostro tempo. Il marketing gonfia la realtà e nasconde le vere condizioni delle imprese e delle banche che improvvisamente, anche se in realtà non è così, crollano. Il grande pubblico e i consumatori apprendono solo all’ultimo minuto degli avvenimenti, mentre gli addetti ai lavoro son ben più a conoscenza delle problematiche sottostanti. Ma i consumatori inconsapevoli sono anche coloro che depositano i loro risparmi in questi istituti.

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