Smart working, da opportunità a rischio: il lavoro agile intrappola le donne
Uno strumento per tenere insieme vita e lavoro o un limite alla possibilità di carriera? Nel post-Covid rischia davvero di minare il futuro femminile?
Donne e smart working, Bonetti: "Se non si introducono strumenti paritari si rischia di amplificare il divario di genere"
Uno strumento smart, quindi intelligente, che tiene insieme vita privata e lavoro, puntando alla realizzazione di un vero e proprio work-life balance o una “trappola” che limita la carriera e amplifica retaggi culturali intrinseci difficili da estirpare.
Lo smart working porta dietro di sé grandi interrogativi. Dopo due anni di pandemia, sul finire dello stato emergenziale, sembra inevitabile fermarsi e fare un bilancio di ciò che è stato. Il lavoro agile potrebbe essere davvero la chiave di svolta per conciliare famiglia e lavoro, trovare un equilibrio sostenibile, ma solo a determinate condizioni, con i giusti strumenti e regolamentazioni.
Chiusa la fase d’emergenza, lo smart working diventerà qualcosa di strutturale: serve quindi individuare le leve su cui agire per trasformare il cambiamento introdotto dalla pandemia in un’opportunità da non buttare. Il rischio di amplificare il divario di genere nel mondo del lavoro è dietro l’angolo.
A metterlo in particolare evidenza un report del ministero per le Pari opportunità e la famiglia, frutto di un’indagine voluta dalla ministra Elena Bonetti e condotto con 50 aziende rappresentative di tutti i settori, tra le quali Leonardo, Poste, Sanofi, Tim, Prada, Coca Cola.
La fotografia, fatta più di storie che di dati, mostra infatti un quadro piuttosto ibrido, manchevole di un adeguato equilibrio: gli uomini lavorano molto più in presenza che da remoto rispetto alle donne, alle quali viene però chiesto di essere “più brave dei colleghi uomini ma anche meno competitive e ambiziose”. Spesso di trovano quindi schiacciate da incombenze doppie: la cura dei figli da un lato, gli impegni lavorativi dall'altro. Per le donne la flessibilità viaggia di pari passo con il dovere di "essere madri", insieme a un retaggio culturale patriarcale che vede la figura femminile più adatta a badare alla casa, che alla carriera.
Secondo il report bisognerebbe quindi trovare un sano compromesso tra lavoro agile e in presenza, tra diritti e doveri, tra carichi genitoriali e spartizione delle mansioni. “Lo smart working ha mostrato opportunità, ma anche il rischio di amplificare il divario di genere nel mondo del lavoro se non si introducono principi paritari e strumenti per valorizzare pienamente i talenti delle donne”, ha ben sottolineato la ministra per le pari opportunità Elena Bonetti a margine della presentazione del report.
Diritto alla disconnessione, congedi parentali e family act: le misure in campo
Le aziende da parte loro hanno già avviato un percorso di welfare che punta a integrare sempre di più vita e lavoro, mettendo in campo politiche assistenziali, che però, senza regolamentazioni strutturali, rischiano di essere gocce in mezzo al mare. Diverse realtà, racconta Repubblica, “hanno scelto di aiutare le donne soprattutto nella fase della maternità e del rientro al lavoro con il supporto di psicologi o percorsi di coaching. Hanno previsto percorsi di genitorialità coinvolgendo anche i papà. E, in un rapporto di fiducia con i dipendenti hanno dato più autonomia negli orari e garantito il diritto a disconnettersi da computer e telefoni aziendali non solo la sera ma anche durante l’ora di pranzo, per poter accudire i figli”.
Ma c’è chi, continua Repubblica, “ha anche fornito consulenze psicologiche per le forme specifiche di stress che derivano dall’isolamento da smart working e chi ha scelto di puntare su tecniche di respirazione e rilassamento. C’è chi ha messo a disposizione delle famiglie shopper o factotum, ad esempio per portare i bambini a scuola. E chi ha creato, per le giornate di lavoro in sede, armadietti dove ritirare cibo pronto da portare a casa la sera”.
Le aziende però non possono fare tutto da sole. Sottolinea Repubblica: “La richiesta di flessibilità è sempre più diffusa soprattutto per le piccole e medie imprese rappresenta un costo, e sul piano dell’abbattimento delle disparità, può cancellare le logiche del presenzialismo e portare meritocrazia, perché lo smart working sia strumento per tutti, non per le donne l’unico modo per conciliare lavoro e famiglia.” Cosa chiedono quindi le imprese? Sicuramente un congedo di paternità obbligatorio sempre più esteso e un welfare sempre più personalizzato che si faccia carico anche di chi da remoto non può lavorare.
Da parte sua, la ministra per le pari opportunità Elena Bonetti sembra dirigersi verso questa strada. Uno snodo fondamentale è sicuramente il Family Act all’esame del Senato, strumento che “prevede interventi specifici per la condivisione dei carichi di cura tra donne e uomini, congedi parentali paritari, incentivi per i datori di lavoro che promuovano strumenti di welfare innovativi e la contrattazione di secondo livello a sostegno anche della genitorialità. Fondamentale l’investimento in politiche che sostengano il lavoro femminile, a partire dalla certificazione per la parità di genere, che vogliamo associare a meccanismo di premialità fiscale e di accesso agli appalti come già previsto nei principi del Pnrr”, ha sottolineato Bonetti.
Il Recovery è infatti “importante per le straordinarie risorse finanziarie e le progettualità messe a disposizione, ma deve essere anche un piano che abbia chiara la visione di Paese in cui ognuno debba vedersi riconosciuto il talento e ogni donna e ogni uomo debba avere la libertà di realizzare sé stesso, oltre che il dovere di concorrere al bene di tutti”, ha avuto modo di sottolineare, solo pochi giorni fa, la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, in occasione del digital talk “Women empowerment, esperienze a confronto”. “Importanti sono le regole che abbiamo inserito nell'utilizzo dei fondi, su tutte il principio di parità di genere: la sfida che abbiamo avanti è ambiziosa”, ha concluso Bonetti.