Stellantis, collasso certo senza fusione. Italia incapace di favorire condizioni per lo sviluppo dell'azienda

Il Bel Paese non è un territorio accogliente e favorevole allo sviluppo del colosso italo-francese. L'intervista all'ex leader della Cisl, Raffaele Bonanni

di Rosa Nasti
Economia

"Senza le condizioni di sviluppo, il futuro di Stellantis non è in Italia", parla Bonanni, ex segretario della Cisl 

Il governo italiano e Stellantis non riescono proprio a trovare un accordo. Nulla di nuovo su questi schermi, visto che le loro posizioni inconciliabili affondano le radici in logiche aziendali e occupazionali consolidate da tempo. L’ultimo scontro vede lo stesso Carlos Tavares chiedere ai parlamentari nuovi incentivi statali, una richiesta che ha sollevato le ire di Palazzo Chigi, che rivendica il passato e gli interventi già abbondantemente realizzati.

Eppure non sono passati nemmeno pochi giorni dall’audizione in cui Tavares prometteva di non voler abbandonare l’Italia, che rispunta l’ombra dei licenziamenti. Il lusitano non perde occasione per agitare lo spettro, avvalendosi di un comodo “non scarto nulla”, lanciato durante un’intervista a Radio Rtl al Salone dell’Auto di Parigi. Dal suo canto John Elkann, dal palco del Motor Show, ha liquidato ogni speculazione su eventuali fusioni, in particolare quella con Renault, il gruppo francese capitanato da Luca de Meo.

Da una parte l'assenza di progetti di fusione, dall'altra il muro del governo sugli incentivi, e nel mezzo i lavoratori, in balia di tagli e cassa integrazione. Qual è quindi la direzione di Stellantis, se davvero ne ha una? Affaritaliani.it  ne ha parlato con l'ex leader della Cisl, Raffaele Bonanni.

I rapporti tra governo e Stellantis sono sempre più tesi. Qual è il futuro del gruppo in Italia?

Obiettivamente, Elkann mostra difficoltà notevoli nel mantenere un rapporto solido con l'opinione pubblica italiana e con le autorità del Paese. La situazione di Stellantis in relazione all'Italia è piuttosto critica, e ci sono degli aspetti essenziali, e quasi oggettivi, secondo me. Da una parte, vi è la difficoltà nel mantenere la posizione nei mercati. Hanno avviato una ristrutturazione, ma non l'hanno ancora completata in modo da riuscire a sostenere pienamente i mercati. Questo è dovuto soprattutto alle difficoltà nell'integrare le realtà americana, francese e italiana, non solo nel mercato tradizionale, ma anche in quello elettrico.

Da un lato, Stellantis ha sempre agito con astuzia, alimentando i giochi di potere interni (cosa già nota, tipica dei grandi conglomerati internazionali), prevalentemente orchestrati dai francesi, e mettendo in difficoltà non solo l'Italia, ma anche gli Stati Uniti. Questo non significa che l'alleanza italo-francese non sia utile, perché procedere da soli sarebbe ancora peggio, e accumuleremmo ritardi ancora maggiori. Ora però attendo di vedere le differenze tra l'Italia e l'America. Negli Stati Uniti, senza dubbio, il mercato verrà lasciato al mercato, mentre lo Stato si occuperà esclusivamente di far funzionare i fattori di sviluppo. Un esempio è General Motors, simbolo della potenza industriale americana, dove lo Stato si è mobilitato senza però interferire nelle vicende aziendali, intervenendo prettamente sulle infrastrutture e su tutto ciò che rende un'impresa capace di autosostenersi.

Nel caso di Stellantis, da che parte sta la "colpa"? Cosa ha sbagliato il governo e quali errori ha commesso il gruppo italo francese?

Non basta solo una progettazione e commercializzazione adeguata, ci vogliono tutti i fattori esterni messi in ordine. In Italia, i fattori dello sviluppo sono fuori controllo e disorganizzati. Mi fanno ridere i governanti italiani che vantano di aver dato soldi in passato. Sembra di essere nel Medioevo: lo Stato dovrebbe occuparsi dei fattori dello sviluppo, ma non lo fa. Un esempio? Lo stabilimento di Atessa, in Abruzzo, il più grande di Stellantis in Europa. È una fabbrica preesistente alla creazione di Stellantis, che produce furgoni tra i più venduti al mondo e conta 7.500 dipendenti. In Abruzzo, il porto di Ortona, a 13 km dall'impianto, è rimasto identico a com'era 50 anni fa, e pertanto non è in grado di caricare i veicoli prodotti da Stellantis e destinati al mercato nazionale e intercontinentale. Altri fattori? Quello energetico, dopo il rifiuto di anni fa di considerare il nucleare, oggi non abbiamo nemmeno un piano energetico.  

Crede che l’Italia sia troppo lenta nell’adattarsi ai cambiamenti globali? 

Le imprese hanno bisogno di un territorio accogliente, altrimenti, con le delocalizzazioni oggi facilissime e del tutto logiche per un'impresa, si spostano. Se il governo volesse fare qualcosa di anacronistico, nemmeno potrebbe, perché non ha un centesimo. Quando in passato sono stati dati soldi, abbiamo ottenuto un beneficio enorme e abbiamo fertilizzato il Meridione di aziende che hanno prodotto anche molto indotto, utile non solo all’industria italiana. Va bene ricordarlo, ma puntare solo su questo mi sembra esagerato. Gli italiani devono fare i conti con la realtà, invece di indulgere in retoriche fuori luogo e senza senso. Il governo non deve polemizzare, ma deve creare le condizioni affinché il territorio italiano sia ospitale per l’impresa. Tutto il resto è il solito "politichese" che sta soffocando il Paese. Quindi, pur considerando le incongruenze di Stellantis, quello che dice Tavares è verissimo: produrre in Italia costa più che altrove.

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Elkann ha escluso fusioni per il futuro di Stellantis, ma quanto è realistico pensare che la crescita interna sia sufficiente in un mercato così competitivo?

Prima di parlare dei lavoratori, bisogna parlare di chi ospita i lavoratori. La fusione deve esserci: più ampia è l'alleanza Stellantis, più componenti ci sono, meglio è. In un contesto in cui tutti soffrono, persino la Germania, la massa critica è fondamentale. Alcuni dicono che sarebbe meglio restare da soli, ma dove? A morire. Bisogna collaborare con altri, e se vuoi bene agli italiani, lo capisci.

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