Tim dovrà pagare due miliardi all’anno per la rete. Ma c’è una buona notizia

Se è vero che ogni anno l’ex-Telecom dovrà sborsare a Fibercop circa due miliardi per l’infrastruttura, rinuncerà anche a 20mila lavoratori: i conti

di Marco Scotti

Pietro Labriola ad Tim -

Economia

Tim dovrà pagare due miliardi all’anno per la rete. Ma c’è una buona notizia

Anche adesso che la polvere si è posata, la cessione della rete di Telecom agli americani di Kkr rimane al centro del gossip finanziario in questa estate avara di grandi temi. La domanda che tutti si pongono è: se è vero ce Tim ha incassato 18,8 miliardi (più due di earn-out qualora si concretizzasse la rete unica con Open Fiber), come si spiega che l’affitto dell’infrastruttura su cui continueranno a girare i suoi servizi costerà due miliardi all’anno?

A tanto, infatti, ammonta la richiesta che FiberCop, la nuova società della rete guidata da Luigi Ferraris, ha rivolto a Tim. E tutti a dire: “Ma in 11 anni la cessione sarà neutralizzata e l’ex-Telecom sarà ancora più debole”. Giusto? Mica troppo, in realtà. Perché se è vero che ogni anno bisognerà sborsare un sacco di soldi per poter usufruire dei servizi di rete, lo è altrettanto che vi saranno anche notevoli risparmi per quanto concerne il personale. In 20.000, infatti, hanno fatto le valigie cambiando casacca.

Il risparmio? Difficile quantificare, ma prendendo il dato dello stipendio medio italiano del 2023 (secondo GI Group intorno ai 30.800 euro annui), si parla di almeno 615 milioni all’anno. Facile ipotizzare però che, trattandosi di lavori altamente specializzati, i “saving” possano essere ancora più notevoli, magari avvicinandosi al miliardo. Piuttosto, la sfida interessante sarà capire come la nuova Tim, società esclusivamente di servizi che – secondo l’ultimo bilancio presentato che già divide le attività di business della rete da quelle della nuova SerCo – a oggi avrebbe una buona marginalità riuscirà a reggere l’urto con la concorrenza.

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Da una parte, infatti, la nuova Fastweb che si è comprata Vodafone e che, dopo essere uscita da FiberCop, si appresta a trasformarsi in una vera antagonista per Tim. Dall’altra c’è Iliad, che continua la sua politica aggressiva sul fronte dei prezzi e che da tempo chiede l’intervento del garante per arginare la pratica – per Benedetto Levi scorretta – di dedicare tariffe ad hoc a chiunque abbandoni la compagnia francese per abbracciare una delle altre.

La verità, però, è che il settore delle telecomunicazioni ha bruciato marginalità negli anni, complice la necessità di continui investimenti a fronte di prezzi sempre più bassi. Basti pensare che la fibra ormai ha un prezzo medio intorno ai 25 euro al mese e il traffico mobile in 5G è ormai ben al di sotto del valore minimo per coprire i costi per gli operatori. L’ultima rilevazione realizzata da SosTariffe.it parla di una tariffa 5G che oggi include 211 GB al mese a fronte di un costo di 11,77 euro al mese. L’aumento del numero di operatori (e, quindi, del numero di offerte) ha ridotto il costo medio del 5G che, nel 2021, era pari a circa 18,31 euro al mese. Nel giro di 3 anni, quindi, il canone medio delle offerte che includono il 5G si è ridotto del 36%, rendendo molto più accessibile l’utilizzo della rete mobile di nuova generazione.

In ultimo, da notare come Open Fiber abbia definitivamente rotto gli ormeggi e, dopo un’iniziale difficoltà sta ora procedendo a cablare l’Italia. Nelle aree bianche, quelle con nessuna attrattività per il mercato, sono stati posati 79.995 km di rete ultraveloce (l’89% del totale). Una buona notizia per un Paese che sta colmando il gap con gli altri Paesi europei anche in termini di velocità: ad aprile l’Italia viaggiava in download a una media di 112 Megabit al secondo, 13 in meno della media continentale.

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