Unicredit, Orcel: "Anche nel 2024 tutti gli utili agli azionisti"
Il Ceo della banca: "Abbiamo ridotto i costi. Con un rapporto costo-reddito del 57%, abbiamo eliminato più di 1,2 miliardi di costi in tre anni"
Unicredit, Orcel: "Anche nel 2024 tutti gli utili agli azionisti"
Non è solo una questione di numeri. Il rendimento eccezionale di Unicredit deriva da tre elementi chiave: l'impegno dei suoi dipendenti, l'adozione di una strategia unificata tra le sue 13 banche e una rigorosa ottimizzazione dei costi, al fine di reinvestire sulle sue reti e sulle infrastrutture produttive. Il CEO Andrea Orcel è categorico in una lunga intervista al Corriere della Sera. E per quanto riguarda il futuro, ha delineato chiaramente le "linee di difesa" per adattarsi a eventuali cambiamenti nel panorama economico, mentre per l'M&A, si tratta interamente di creazione di valore. Qual è stata la chiave dei risultati del 2023? "Abbiamo reincentivato e motivato i nostri dipendenti dopo anni di sfide: al mio ingresso in azienda, abbiamo restituito loro autonomia decisionale, abbiamo chiarito che l'errore in buona fede non è un male, abbiamo ridato spazio alle iniziative, incoraggiando il personale. Abbiamo semplificato la struttura aziendale, eliminando eccessive centralizzazioni".
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Anche il tema dei costi ha svolto un ruolo fondamentale. "Abbiamo ridotto i costi. Con un rapporto costo-reddito del 57%, abbiamo eliminato più di 1,2 miliardi di costi in tre anni, concentrandoci principalmente sulle funzioni centrali e di supporto. Per più di 10 anni non avevamo assunto giovani, c'erano due generazioni mancanti. Abbiamo anche ridotto il rischio finanziario: 1,8 miliardi. Le fusioni? Penso solo alla creazione di valore. Oggigiorno, sono più convenienti per chi le propone che per chi dovrebbe realizzarle, quindi reinvestiamo nei nostri network, nelle nostre strutture produttive e nella tecnologia: quando sono arrivato, eravamo 82.000 dipendenti, ma nel 2023 siamo scesi a 71.000 e abbiamo assunto 9.000 persone negli ultimi due anni. Gli esuberi sono stati nei ruoli centrali e di supporto, mentre le nuove assunzioni sono state principalmente nelle filiali, nelle ristrutturazioni delle fabbriche e nel settore digitale. Nel 2023, in Italia, abbiamo visto 700 dipendenti uscire e più di 600 entrare; non avevamo assunto giovani da oltre 10 anni, c'erano due generazioni mancanti. Abbiamo quindi tagliato i costi investendo in leve che generano reddito".
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Quali vantaggi ha portato questa ristrutturazione? "Unicredit era organizzata in silos, con budget separati, iniziative disparate e decisioni centralizzate. Adesso le decisioni vengono prese a livello locale, ma la visione, la strategia e il piano sono condivisi. Questo ci ha permesso di allineare tutte le attività e di estrarre valore dalle nostre infrastrutture, dalla tecnologia e dagli approvvigionamenti: ad esempio, quando il nostro asset management stringe accordi con grandi gestori internazionali, questi valgono per tutti e 13 i Paesi in cui operiamo". E riguardo Azimut, con cui avete una partnership? Si dice che possiate essere interessati a qualcosa di più. "Azimut per noi rappresenta una partnership ideale: è una rete di promotori di successo e una robusta fabbrica di asset management. Per il 25% degli asset non legati ad Amundi, abbiamo siglato un accordo per sviluppare alcuni prodotti. Sono veloci e capaci di sviluppare prodotti che alimentano le nostre attività. Ora abbiamo anche consulenza, protezione e mercati finanziari, adatti alla nostra rete. Questo, combinato con i tassi e la rapidità della trasformazione, ha portato ai risultati attuali".
Nel 2024, con la prevista diminuzione dei tassi e il calo delle commissioni al 20%, come reagirà Unicredit? "Attualmente le commissioni sono in realtà a un terzo rispetto al passato, grazie a una significativa trasformazione: siamo tra le banche con le commissioni più alte. Dal 2021 abbiamo beneficiato di tassi elevati e di bassi costi del rischio. Il 2023 è stato molto positivo; avremmo potuto ottenere maggiori profitti, ma abbiamo preferito mettere da parte risorse per costi di integrazione e coperture straordinarie: entro il 2024-2025 avremo un buffer di 1,1 miliardi di euro. Abbiamo ridotto il costo del rischio facendo pulizia: 1,8 miliardi, ovvero due anni di 100% del suddetto costo. Se il costo del credito si mantiene favorevole - anche se non credo - avremo a disposizione 1,8 miliardi di euro che potremo reinvestire per migliorare i risultati. Queste sono le nostre linee di difesa per affrontare eventuali variazioni".
Come valuta la situazione economica italiana? "Prevediamo una crescita moderata nel 2024; l'Italia dovrebbe essere in linea o meglio della media europea, il che non è poco. Dovremmo continuare a superare la Germania. L'inflazione diminuirà, ma non tornerà ai livelli pre-2021". E per quanto riguarda il clima politico? Il governo ha introdotto una tassa sugli extra-profitti. "Se una banca non riesce a bilanciare gli interessi di dipendenti, azionisti e clienti/comunità, non è sostenibile, indipendentemente dal contesto politico. Nel 2022 abbiamo erogato un bonus anti-inflazione ai dipendenti: avremmo potuto ottenere maggiori profitti, ma sarebbe stato ingiusto. Lo stesso vale per il nostro intervento in Romagna in seguito all'alluvione. Le famiglie e le imprese sono più colpite dalle commissioni sui depositi, e su questo, così come sui mutui, abbiamo agito". Unicredit è una protagonista nel panorama bancario del risiko? "(sorride) Penso solo alla creazione di valore e voglio massimizzarla nel tempo in modo sostenibile. Nei prossimi anni, il valore verrà generato internamente: attraverso la tecnologia, le infrastrutture... poiché c'è molto valore da creare, non ci sentiamo sotto pressione. Certamente, l'M&A corretto aggiunge valore, ma deve essere in linea con la nostra strategia e valutato correttamente. Oggi, spesso le fusioni sono più convenienti per coloro che le propongono piuttosto che per chi le realizza, come noi".
Perché molti investitori stranieri, come ad esempio Mozilla, stanno puntando su Unicredit? "In generale, sono pochi, ma credo che siamo diventati una sorta di punto di riferimento per l'Europa. Negli ultimi 15 anni, le banche statunitensi hanno operato con rendimenti del patrimonio netto tangibile a doppia cifra, mentre quelle europee sono rimaste al di sotto del 10%, con tassi negativi e la necessità di rafforzarsi, il che scoraggiava gli investimenti. Con l'attuale ambiente di tassi positivi, la situazione economica delle banche europee è migliorata, e Unicredit ha superato le aspettative con un rendimento del patrimonio netto tangibile crescente. Siamo diventati molto attraenti per gli investitori internazionali".