Unicredit, su Commerzbank c’è ancora da aspettare. E quella doppia morale tedesca…

i tempi per Unicredit per prendersi Commerzbank si stanno dilatando complice anche la caduta del governo Scholz e le nuove elezioni indette per il prossimo 23 febbraio

di Marco Scotti
Economia

Unicredit-Commerzbank, ancora niente di fatto: Ue lontana dall'essere unita e unica

Da una parte ci sono gioielli come Lamborghini, Ducati, Italcementi e una nobile decaduta come Ita. Campioni dell’industria italiana finiti nelle mani delle aziende tedesche senza che nessuno salisse sulle barricate. Dall’altra una banca decotta che ha stimolato gli appetiti di Andrea Orcel e Unicredit. Scatenando, stavolta sì, le ire dei tedeschi campioni della doppia morale. La sintesi è semplice: se noi veniamo in Italia, ci aspettiamo porte aperte. Ma guai se il percorso si inverte. E questo è il nuovo chiodo sulla bara di un’Europa che proprio non riesce a essere unita e unica.

Solo che ora che Donald Trump è diventato presidente degli Usa, o ci si dà una svegliata oppure il destino è chiarissimo. Quando Steve Bannon – oscuro stratega del nuovo inquilino della Casa Bianca – annuncia senza mezzi termini che i dazi saranno introdotti perché per troppo tempo l’Europa si è approfittata della generosità di Washington, senza dare nulla in cambio, fa correre un brivido gelato lungo la schiena. Significa che ci saranno nuovi ostacoli per le aziende del continente e si dovranno serrare le fila per trovare soluzioni che convengano a tutti.

Ciò detto, tornando a Commerzbank, le continue polemiche che si stanno susseguendo e il desiderio neanche troppo velato di provare a lanciarsi in un M&A “contenitiva” per aumentare il proprio peso e ridurre il rischio di un’acquisizione da parte di Unicredit. A fine gennaio arriverà l’ok della Bce (che ha benedetto l’operazione) alla salita della banca milanese al 29,9% del capitale tedesco. Ma a Berlino le polemiche non si placano. Con uno snobismo che poco si sposa con un Paese allo sbando – altro che locomotiva, oggi la Germania somiglia più a un carretto – permane un’ampia fronda trasversale che non vuole gli italiani nelle loro banche. Forse perché ancora hanno sotto gli occhi l’indegna copertina del Der Spiegel di molti anni fa con una pistola su un piatto di spaghetti. O, forse, perché lo “storytelling” intorno al nostro Paese è ancora quello che fece scrivere al Die Welt che la mafia aspettava i soldi di Bruxelles durante la pandemia.

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Comunque la si guardi, i tempi per Unicredit per prendersi Commerzbank si stanno dilatando, complice anche la caduta del governo Scholz e le nuove elezioni indette per il prossimo 23 febbraio. Facile immaginare – per non dire scontato – che fino ad allora non si muoverà foglia, perché un esecutivo ormai sfiduciato difficilmente darà il via libera o meno a un’operazione così sistemica. Dopodiché, una volta insediato il nuovo Cancelliere, si deciderà il da farsi. Certo che se anche questa volta, dopo le scoppole rimediate in Francia da Fincantieri sui cantieri di Stx, la vicenda dovesse arenarsi ci sarebbe da scendere in piazza. Basta con un’Europa matrigna che è unita solo quando bisogna rispettare folli parametri di bilancio e non quando si tratta di avallare operazioni strategiche che mirano a un sistema bancario più omogeneo. Basta con paletti e “niet” pieni di preconcetti.

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