Unicredit vola in Borsa: perché la cura Orcel funziona. E sugli stipendi...

Il ceo potrebbe vedere un incremento tra il 20 e il 40% della sua retribuzione. Il Financial Times torna a "cannoneggiare" Piazza Gae Aulenti

di Marco Scotti
Andrea Orcel
Economia

Unicredit vola in Borsa, ecco perché

Quando Andrea Orcel è sbarcato in Piazza Gae Aulenti ad aprile del 2021 la comunità finanziaria si è rapidamente spaccata in due. Da una parte c’era chi riteneva che il banchiere potesse ridare nuova linfa a una banca che dopo la gestione Mustier – improntata quasi esclusivamente alle dismissioni – si era ridotta a valere meno della metà in Borsa rispetto alla storica concorrente Intesa Sanpaolo ed era ormai stabilmente fuori dalla Euro Stoxx 50, la lista delle 50 aziende più importanti per capitalizzazione in Europa. Dall’altro c’era chi pensava che il “Cristiano Ronaldo” dei banchieri pretendesse cifre troppo alte e fosse un manager di facciata più che di sostanza.

Rapido salto in avanti di 22 mesi ed ecco che Unicredit è rientrata nello Euro Stoxx 50, dopo sette anni di assenza. In un anno ha guadagnato in Borsa poco meno del 70% (contro il 12 di Intesa) e mentre scriviamo guadagna oltre il 5%. L’utile è raddoppiato e il dividendo per gli azionisti è tornato sostanzioso. I costi sono calati del 2%, nonostante l’inflazione in aumento in tutto il continente, e gli stipendi medi sono aumentati nella loro parte variabile del 20%. Il top management dovrebbe guadagnare il 22% in più, mentre Orcel potrebbe arrivare a veder crescere la sua busta paga tra il 20 e 40% rispetto allo stipendio attuale che ammonta a circa 7,5 milioni.

Il tema della remunerazione del ceo, che è oggetto di dibattito all’interno del consiglio di amministrazione ma non è una precisa richiesta dello stesso Orcel, ha rappresentato però un nuovo terreno di scontro con l’esterno, per almeno due motivi. Il primo: perché è trapelata la notizia che il cda fosse pronto a rinegoziare la retribuzione del manager. In realtà, non c’è nessuna sorpresa: ad aprile 2022, infatti, in assemblea si iniziò a parlare del tema, come si evince dai documenti prodotti: “Il CdA – si legge nella nota - riconsidererà la remunerazione del Sig. Orcel prima dell'Assemblea degli Azionisti prevista nel 2023, alla luce dei risultati raggiunti e dei progressi ottenuti nel 2021 e 2022”.

Unicredit, la polemica con il Financial Times su stipendi e membri del comitato retribuzioni

Fine della polemica? Non esattamente. Perché il Financial Times è uscito con un articolo decisamente “pepato” in cui metteva in relazione la remunerazione del ceo e del management con una possibile fuga di notizie orchestrata da Jayne Anne Gadhia, fino al 10 febbraio scorso a capo del comitato retribuzioni di Unicredit. Secondo il Financial Times la manager, che è attualmente presidente di Moneyfarm, non avrebbe rassegnato le dimissioni per concentrarsi sul nuovo ruolo, ma perché costretta da una sorta di “moral suasion” dell’azienda. 

La risposta di Unicredit al quotidiano londinese non si è fatta attendere. “Il Consiglio – si legge nella nota inviata al Financial Times - era preoccupato per una serie di fughe di notizie che danneggiavano la Banca e compromettevano l'impegno dei suoi dipendenti. Come best practice, il Consiglio ha condotto un'approfondita verifica interna. Tale audit è stato inconcludente, ma il Consiglio è molto chiaro sui suoi doveri e obblighi fiduciari. Ha intrapreso azioni chiare e rafforzato ulteriormente le sue già solide politiche per garantire la corretta gestione delle informazioni riservate al fine di sostenere i più elevati standard di governo societario in tutta la Banca. Le ragioni dell'allontanamento di Jayne Anne Gadhia sono state chiaramente esposte nell'annuncio del 10 febbraio, coerente con la sua lettera di dimissioni alla Banca”.

Ma perché il Financial Times è tornato all’attacco di Unicredit? Già a novembre, infatti, il quotidiano londinese aveva denunciato “attriti” tra l’istituto di credito e la Bce per i dividendi da destinare agli azionisti e per le attività in Russia. In realtà pare che tra Francoforte e Piazza Gae Aulenti non ci siano stati grandi problemi, ma semmai una normale dialettica tra una banca e l’istituto regolatore. E viene quasi da pensare che alcuni di questi attacchi possano essere strumentali. D’altronde, diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma…
 

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