Sanremo, antropologia culturale di Amadeus: nuovo mito dei nostri tempi

Tutt’altro che musica leggera da mettere a concorso ma un’ipotesi antropologica e sociale che pone Amadeus al di sopra e molto avanti a tutti gli intellettuali

di Maurizio De Caro
Spettacoli
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Sanremo 2022/ Amadeus l’uomo che ha raccontato la verità sulla società italiana

Ci sono date che non riusciremo più a dimenticare, e non lo dico provocatoriamente, ma l’antico rituale collettivo italiano, il festival della canzone, croce e delizia dei tanti che lo hanno denigrato e dei pochi che lo hanno veramente capito, quest’anno al suo apparire, il primo di febbraio del II anno dell’Era P. V. , sarà ricordato come uno dei momenti più significativi della storia recente.

Cercherò di intraprendere un viaggio veloce , perché quello che è successo è tutt’altro che musica leggera da mettere a concorso, ma è un’ipotesi antropologica e sociale che pone Amadeus al di sopra e molto avanti a tutti gli intellettuali e intellettualini che non riescono più a comprendere una nota di questo grande concerto polifonico che è l’Italia.

Lui c’è riuscito in pieno, ha sfidato detrattori e cassandre, musicofili sospettosi, e soprattutto i numeri “all’ascolto”, per raccontare noi , invece che cercare di portare solo tutto e il contrario di tutto sul palcoscenico-simbolico e identitario della Riviera. Noi c’eravamo, e facevamo finta di cercare gli elementi che potessero smontare questo progetto straordinario, questo ritorno all’anti-talkismo, l’ultimo appello alla misera politica.

 

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Amadeus, uno dei ragazzi di via massena, rappresenta questa volontà sottotraccia ma molto rumorosa, di un paese che finalmente ha capito e visto che è molto meglio, di quello che volevano far credere sette o otto editorialisti, letti da quattro o cinque servi, perché sono bastate poche sere di febbraio per dettare l’agenda ai troppi daltonici e sordi che dovrebbero inviarcela per mail tutte le mattine, col cappuccino.

Sono solo canzonette, ma intanto c’è quell’identità armonica di quelli che sanno cantare e quelli che sanno capire perché certe volte non c’è bisogno di farlo, di vecchi giovanili, e ragazzini impauriti, uomini e donne d’età e di cuore, che sentono finalmente la stessa canzone ed è così chiaro questo messaggio che l’abbiamo sentita anche tutti noi.

 

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Il miracolo italiano è sempre probabile perché siamo il paese dove l’impossibile è sempre possibile e ogni sogno è più vero della realtà, dunque lustrini, giusto ma anche contenuti alti, come non ne sentivamo da anni, anche scorretti come la genialità surreale di Zalone, gli insulti, il gender e le limitazioni di quelli che combattono per sopravvivere, ma che non hanno bisogno dell’arroganza di qualche senatrice francamente dimenticabile, per essere finalmente capiti.

Ora questa voglia potente, una necessità che si espande nelle reti, nei tracciati neuronici e nel ritorno alle tenerezze, ai pianti, alla mamma, alle nonne, all’amore, ecco al tanto bistrattato amore, in tutte le sue declinazioni.

Abbiamo capito che c’era, che era qualcosa di più grande di quattro inutili guardiani del penitenziario linguistico, antropologico e abbrutente che continuavano a raccontarci a reti unificate, anche se l’aria di primavera nonostante tutto vince sempre sul grigiore della mediocrità.

Amadeus dunque deve esser considerato, forse inconsapevolmente l’uomo che ha raccontato la verità, romanziere e cronista di una meraviglia che si nasconde nei gangli segreti di tanto splendore, con una grazia inarrivabile, ma con una fermezza degna dei grandi moralisti del passato, che cosa diranno, come commenteranno i quattro “afoni agitati e scapigliati” questa lezione filosofica sul mondo e sulla nostra bella società?

Una bella boccata d’aria fresca che arriva dentro la stanza viziata dai concorsi truccati all’Università dello “Zio Ciccio”, dalle prove tecniche per il nuovo Centro, con Mastella e Casini, dalle consulenze di Renzi, insomma un avvertimento ai troppi che non provano più vergogna per se stessi, quindi mai potrebbero comprendere il dolore di un paese straziato dalla sopraffazione che desidera tornare a vivere, a sperare, a credere che possa esistere qualcosa di meglio di questo ministro degli Esteri.

La società canora che si è rispecchiata nel doppio psicanalitico della televisione in questi giorni, si rivolge direttamente a quelli che l’hanno insultata anche durante il rito dell’elezione del capo dello Stato, manifestando l’assoluta inadeguatezza a prendere decisioni comuni, condivise, armoniche , segno di un’atavica incapacità di lettura dei bisogni anche minimi di ogni italiano.

Niente è stato prodotto per caso, in questa kermesse, e niente verrà dimenticato davvero, perché: Sanremo è Sanremo.

Ma questa volta molto, ma molto di più.

 

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