Ucraina, ora gli Usa pensano alla pace. Ma preparano il confronto sul Pacifico

Mentre inizia a serpeggiare insofferenza per la guerra e il ruolo cinese, Biden annuncia il patto nucleare di Aukus e muove le pedine per accerchiare Pechino

di redazione esteri
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Biden e gli Usa iniziano a premere per una soluzione alla guerra in Ucraina

Soffia un vento Pacifico dagli Stati Uniti. Con la P maiuscola. Mentre si moltiplicano i segnali del fatto che Washington ambisca a una fine non troppo lontana della guerra in Ucraina, la Casa Bianca e il Pentagono ridisegnano la propria postura strategica e militare con un occhio di riguardo proprio per l'oceano Pacifico e la sfida che viene considerata del tutto prioritaria: quella con la Cina.

I segnali che gli Usa possano non essere contrari a favorire una soluzione negoziale sono diversi. Il primo è arrivato la settimana scorsa, con lo scoop sul coinvolgimento di gruppi ucraini nel sabotaggio del gasdotto Nord Stream. Il secondo segnale mediatico è arrivato nelle scorse ore, con un'analisi del Washington Post che traccia una panoramica molto negativa della situazione militare ucraina.

"La qualità delle forze ucraine, un tempo considerata un vantaggio sostanziale sulla Russia, è stata degradata da un anno di perdite tanto da suscitare dubbi sulla capacità di Kiev di organizzare la controffensiva di primavera", scrive in un'inchiesta del Washington Post, secondo la quale funzionari Usa ed europei ipotizzano che Kiev potrebbe aver subito fino a 120.000 morti e feriti, rispetto ai 200.000 della Russia, che ha un esercito molto più numeroso e circa il triplo della popolazione da cui richiamare i coscritti. Perdite nascoste agli alleati occidentali, a cui si aggiungono quelle di armi e munizioni di base, compresi proiettili di artiglieria e di mortai.    

Non solo. Un afflusso di coscritti inesperti per colmare le perdite avrebbe cambiato il profilo delle forze ucraine. Valutazioni molto fosche che hanno diffuso un pessimismo palpabile, anche se per lo più tacito, dalle linee del fronte ai corridoi del potere a Kiev. Oltre alle critiche dell'Ucraina ai partner occidentali, in particolari europei, questa serie di notizie potrebbe non essere casuale e spingere da parte americana Zelensky a cominciare a immaginare una soluzione.

Biden guarda alle elezioni 2024 e mette nel mirino la Cina

Ci sono d'altronde valutazioni politiche importanti a far pensare che Joe Biden non voglia tirarla troppo per le lunghe. La prima è la più ovvia: tra un anno e mezzo ci sono le elezioni presidenziali statunitensi, ma i giochi iniziano molto prima fra primarie e comizi. Il presidente che mira alla rielezione sa che una fine del conflitto prima di allora sarebbe fondamentale per le sue chance di conferma, vista anche la dura retorica trumpiana sull'argomento.

La seconda ragione è più geopolitica e retorica: la Cina di Xi Jinping sta approfittando della situazione per provare a prendere in mano il pallino della diplomazia. Il leader cinese appena confermato presidente per la terza volta sarà a Mosca la prossima settimana e parlerà poi con Zelensky. Gli Usa non vogliono lasciare a Pechino il ruolo di grande stabilizzatore ed è presumibile qualche nuova accusa alla Cina sull'ipotesi di fornitura di armi al Cremlino. Ma Biden fa vedere di essere disposto a un rimbalzo con Pechino, dicendosi pronto a dialogare con Xi al telefono. 

L'ultima ragione è di tipo strategico e riguarda sempre la Cina, che il Pentagono considera ormai da tempo la sfida numero uno. Anche in ottica elettorale, democratici e repubblicani sanno che funziona di più presentarsi come "anti cinesi". Anche sul camp, dunque, tutto ciò trova riscontro sulle manovre di posizionamento di Washington sul Pacifico.

Proprio la scorsa notte, mentre uscivano notizie e analisi pessimistiche sulla situazione ucraina, è stato annunciato a San Diego il patto degli alleati di Aukus: Usa, Regno Unito e Australia. L'accordo consentirà alle rispettive flotte di sviluppare sottomarini a propulsione nucleare che avranno il compito di pattugliare sia il Pacifico che l'Atlantico. L'obiettivo è quello di fare da contrappeso alla crescente influenza cinese nell'Indo-pacifico.   

In base all'accordo, gli Stati Uniti venderanno tra i tre e i cinque sottomarini di classe Virginia all'Australia, a partire dal 2032; e per la prima volta in 65 anni condivideranno la tecnologia alla base dei loro sottomarini a propulsione nucleare con un altro Paese, consentendo all'Australia di costruire le proprie navi. I sottomarini saranno equipaggiati da marinai australiani, addestrati per farli funzionare, ma potrebbero includere anche "piloti" di Stati Uniti e Regno Unito. 

La Cina reagisce in maniera negativa, come preventivabile, parlando di "mentalità da guerra fredda" che "mette a rischio la pace nella regione". Pechino osserva d'altronde un crescente "accerchiamento" da parte americana nel suo vicinato asiatico. Lunedì 13 marzo sono partite nello stesso momento vaste esercitazioni militari congiunte sia tra Usa e Corea del Sud, sia tra Usa e Filippine. 

"Vi state portando il lupo in casa", avvisa Pechino, che chiede a Seul e Manila di "non compromettere la propria sicurezza facendo gli interessi americani". Ma la tendenza avviata dalla guerra in Ucraina sembra irreversibile e gli Usa hanno deciso di accelerare sulla loro presenza nella regione, considerata la priorità strategica assoluta. Una manovra favorita dal timore diffuso che l'area possa diventare il secondo fronte nel futuro più o meno prossimo, ma che secondo di Pechino rischia proprio di contribuire a realizzare questa paura.

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