Corea del Sud sempre più in crisi. Il presidente deposto Yoon al processo di impeachment

La Corte costituzionale è ora chiamata a decidere se annullare l’impeachment e reintegrare Yoon nelle sue funzioni oppure se confermarlo

di Francesco Crippa
Esteri

Yoon Suk Yeol davanti alla Corte costituzionale: tra difesa e proteste, la crisi politica in Corea del Sud si intensifica

Risponderò a qualsiasi domanda e fornirò ulteriori informazioni se necessario”. Con queste parole, il presidente (sospeso) sudcoreano Yoon Suk Yeol ha dichiarato di essere pronto a collaborare con la Corte costituzionale per concludere al più presto il procedimento di impeachment a suo carico.

Dopo essersi barricato nella residenza presidenziale per diversi giorni per sottrarsi al mandato di arresto emesso nei suoi confronti, Yoon è stato portato in carcere il 15 gennaio dopo che un centinaio di agenti sono riusciti a fare irruzione nel palazzo. In seguito agli eventi del 3 dicembre scorso, quando Yoon ha dichiarato la legge marziale poi annullata dal Parlamento, il presidente è stato sospeso dall’incarico il 14 dicembre con le accuse di insurrezione e alto tradimento. La Corte costituzionale è ora chiamata a decidere se annullare l’impeachment e reintegrare Yoon nelle sue funzioni oppure se confermarlo. In questo secondo caso, dovranno essere indette entro 60 giorni le elezioni presidenziali.

Arrivato indossando un completo e non l’uniforme carceraria prevista per i detenuti, a Yoon è stato concesso di parlare brevemente con i giornalisti. “Fin da quando sono diventato maggiorenne, ho sempre creduto fermamente nella democrazia liberale, soprattutto durante il mio periodo al servizio pubblico, e lo faccio ancora oggi”, ha detto. “Dato che la Corte costituzionale è un’istituzione che esiste per difendere la Costituzione, chiedo ai giudici di considerarmi favorevolmente sotto vari aspetti”. La linea di difesa tratteggiata con i suoi legali è giustificare l’imposizione della legge marziale come misura necessaria a causa di presunti brogli elettorali nelle elezioni parlamentari della scorsa primavera, stravinte dalle Partito democratico. Davanti alla Corte, Yoon ha negato di aver dato mandato ai comandi militari di “trascinare fuori” dall’Aula i parlamentari per impedire che questi votassero l’annullamento della legge marziale. Secondo un rapporto dell’accusa diffuso a fine dicembre, invece, il presidente avrebbe autorizzato i militari a sparare pur di entrare in Parlamento e bloccare le opposizioni.

Dal canto loro, i pubblici ministeri dell’accusa hanno attaccato i legali del presidente, accusandoli di essere “ampiamente contraddittori, irrazionali e poco chiari”. “Se continuano a sottrarsi alle responsabilità”, hanno aggiunto, “ciò non farà che giocare a loro sfavore nel processo di impeachment e causerà una delusione ancora maggiore tra il pubblico”. Yoon, tra l’altro, continua a sottrarsi a un interrogatorio separato da parte del Cio, il Corruption Investigation Office, incaricato dell’indagine penale sulla dichiarazione di legge marziale, sostenendo che si tratta di un’indagine illegale. Una mossa, questa, che potrebbe aggravare la sua posizione davanti alla Corte e complicare un esito positivo per lui del procedimento.

Intanto, fuori dalla sede della Corte costituzionale, in pieno centro a Seoul, si sono affollati manifestanti pro e anti-Yoon. I dimostranti si fronteggiano da quando il presidente è stato messo in stato d’accusa, con i momenti di massima tensione raggiunti ai primi di gennaio quando si è arrivati a lievi scontri tra le parti fuori dal palazzo presidenziale dove Yoon si era trincerato per sfuggire all’arresto. Secondo alcuni commentatori, la decisione del presidente di comparire finalmente davanti alla Corte andrebbe letta proprio nel senso di voler istigare ancora di più la folla piuttosto che come reale volontà di collaborare.

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