Esteri

Corea del Sud nel caos, Yoon Suk Yeol non si arrende. Tira un’aria quasi da guerra civile

Il presidente in stato d’accusa continua a sottrarsi all'arresto

di Francesco Crippa

La Borsa di Seoul che è crollata dopo che anche il presidente reggente Han Duk-soo è stato raggiunto dall’impeachment
 

Yoon Suk Yeol non si arrende. Il presidente sudcoreano messo in stato d’accusa il 14 dicembre scorso continua a sottrarsi al mandato di arresto emesso nei suoi confronti il 30 dicembre. Attualmente chiuso nella residenza, Yoon è protetto dalla dal suo team di sicurezza, che nelle scorse ore ha bloccato assiemei a dei cittadini i tentativi della polizia di accedere alla struttura per prendere in consegna il presidente. 

Giuro di combattere al vostro fianco fino alla fine per proteggere questa nazione”, ha detto Yoon in un messaggio inviato nella tarda serata di ieri 1° gennaio ai suoi sostenitori. Il mandato di arresto scade il 6 gennaio e la tensione è in aumento. Fuori dalla Casa Blu, la residenza presidenziale nella parte nord della capitale Seoul, tira un’aria quasi da guerra civile. Ai manifestanti pro-Yoon radunatisi a scudo del palazzo si sono infatti contrapposti quelli favorevoli alla sua rimozione. Le due parti sono arrivate anche a un lieve scontro fisico: “Molti partecipanti sono stati colpiti alla testa e aggrediti ripetutamente” dall’altra fazione, ha detto un manifestante anti-Yoon. “Combatterò fino alla morte per proteggere la democrazia liberale”, ha detto invece all’Afp un settantaquattrenne manifestante pro-Yoon secondo cui la dichiarazione della legge marziale tentata dal presidente era giustificata. 

Da un punto di vista processuale, nei giorni scorsi sono emersi nuovi elementi contro il presidente. Secondo l’accusa, infatti, Yoon avrebbe autorizzato l’esercito a sparare pur di entrare in Parlamento mentre questo cercava di votare per bloccare tentativo di imposizione della legge marziale. Per le opposizioni sarebbe la conferma del fatto che Yoon fosse pronto a tutto per realizzare il proprio progetto, come le sue parole continuano del resto a suggerire. “La Repubblica di Corea è al momento in pericolo a causa di forze interne ed esterne che minacciano la sua sovranità”, ha detto nel messaggio di ieri ai suoi sostenitori. Yoon, tra l’altro, ha già rifiutato per tre volte la convocazione del Corruption investigation office (Cio) a comparire per essere interrogato. Un atteggiamento che, per Jo Seoung-lae del Partito democratico, non fa altro che incendiare la situazione. Yoon è “delirante”, ha detto Jo accusandolo di voler fomentare la folla. 

Dal canto loro, i legali del presidente continuano a respingere il mandato di arresto bollandolo come “un atto disgustoso e invalido”. Di più, hanno avvertito che i poliziotti potrebbero venire arrestati “dal servizio di sicurezza presidenziale o da qualsiasi cittadino" se dovessero tentare di prendere Yoon per conto del Cio poiché la loro autorità è limitata al mantenimento dell'ordine pubblico. Pronta la risposta del capo del Cio, Oh Dong-woon, che ha avvisato che chiunque impedirà l’arresto sarà imputabile. 

Il caos politico iniziato ormai un mese fa sta avendo riflessi anche sulla stabilità della quarta economia dell’Asia, con la Borsa di Seoul che è crollata dopo che anche il presidente reggente Han Duk-soo è stato raggiunto dall’impeachment. Il won, la moneta nazionale, dal 3 dicembre (quando Yoon ha provato a dichiarare la legge marziale) è invece precipitato per diversi giorni, prima di iniziare una lenta risalita. In tutto questo, il nuovo presidente reggente, il ministro delle Finanze Choi Sang-mok, in carica dal 27 dicembre, ha nominato due giudici della Corte costituzionale come richiesto dalle opposizioni, attirandosi però le ire dello staff di Yoon, secondo cui Choi starebbe oltrepassando i propri poteri.

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