Covid, l'Asia ha battuto l'Europa. Non solo coi lockdown ma con QR code e tech
Non solo il modello estremo della Cina. Anche Giappone, Corea del Sud e Taiwan hanno saputo contenere la pandemia meglio dei paesi occidentali. Ecco perché
Covid, l'Asia si è mossa per prima dell'Europa. E l'occidente non ha ancora capito la lezione
3 gennaio 2020. Gli Stati Uniti conducono un bombardamento mirato su Baghdad per uccidere il generale iraniano Qasem Soleimani. Allora non sembrava, eppure era uno degli ultimi giorni in cui il mondo ha conosciuto la "normalità", o quella che ci ricordiamo come tale. Di lì a poco, sarebbe cambiato tutto in un modo che ha ancora profonde, profondissime conseguenze a due anni di distanza.
Quel 3 gennaio 2020, però, chi atterrava all'aeroporto internazionale di Taoyuan (Taiwan) trovava ad accoglierlo dei termoscanner. C'era chi arrivava in previsione del capodanno cinese che ci sarebbe stato qualche settimana più tardi e chi arrivava per seguire le elezioni presidenziali taiwanesi dell'11 gennaio 2020, che avrebbero confermato la leadership della presidente Tsai Ing-wen e ampliato il solco che divide Taipei da Pechino.
A chi chiedeva informazioni, veniva risposto che erano stati installati perché si stavano registrando dei casi di polmonite nella provincia cinese dello Hubei. Poteva sembrare una precauzione come tante altre che si trovano da sempre negli aeroporti asiatici. In realtà era il primo segnale di quello che sarebbe successo. Eppure, alle porte del 2022, il mondo non ha ancora capito come fare fronte alla pandemia di Covid-19. E, bisogna ammetterlo, sembra non averlo capito soprattutto l'occidente.
La nuova stretta del governo Draghi: in Italia e in Europa si discute, in Asia si agisce
Prendendo in esame solo gli ultimi mesi la differenza appare ancora netta tra gestione europea e gestione asiatica del coronavirus. E se agli esordi poteva essere comprensibili per l'effetto sorpresa e per l'inesperienza occidentale a far fronte a epidemie che invece già nel recente passato avevano colpito l'Asia orientale (a partire dalla SARS del 2003), alla fine del 2021 appaiono più difficile da concepire le continue incertezze e la sensazione di insicurezza e provvisorietà trasmesso dalle istituzioni.
A poche ore dal Natale, l'Italia ha varato l'ennesima estretta con il cosiddetto "dl festività", nato per far fronte all'impennata di contagi causati dalla variante Omicron. Durata del Green Pass, obbligo di mascherine al chiuso e ora di nuovo anche all'aperto, stop al cibo nei cinema e agli stadi, stop alle feste ed estensione del ricorso ai tamponi per effettuare vita sociale, nuova chiusura delle discoteche, terza dose vaccinale dopo soli quattro mesi dalla seconda e, sullo sfondo, già si staglia la quarta dose.
Covid: l'impietoso confronto tra numero di morti in Italia e in Asia orientale
Un bollettino di guerra, così come quello del numero dei morti, che in Italia e in Europa sono stati percentualmente e quantitativamente molti di più che in Asia. Basti guardare a qualche numero. L'Italia ha avuto oltre 136 mila decessi per Covid: una mortalità infinitamente superiore a quella di tanti paesi asiatici. E non solo in riferimento alla Cina, spesso presa come esempio di modello efficace ma anche autoritario. Quasi a voler dire che solo in modo autoritario si possono ottenere risultati.
Non è così. In rapporto alla popolazione, l'Italia ha avuto 15 volte i morti del Giappone, 30 volte i morti della Corea del Sud e 60 volte i morti di Taiwan. Tokyo ha avuto meno di 20 mila decessi, la Corea del Sud meno di 4 mila e Taiwan meno di mille. Un confronto a dir poco impietoso. Ma perché è andata, e sta andando ancora, così?
Non solo: ammesso e non concesso che quello cinese sia il modello migliore di contenimento dei contagi, ci si sarebbe dovuti muovere in quella direzione con maggiore rapidità e senza i tentennamenti a cui abbiamo assistito nelle ultime settimane. Eppure ci sono anche altri esempi che sembrano portare a risultati positivi, tutti provenienti da sistemi più o meno democratici. Tutti esempi, significativamente, provenienti dall'Asia orientale. Elemento che sembra suggerire che, oltre e forse più della componente politica, a fare la differenza c'è anche un elemento culturale. I cittadini asiatici sembrano sin dall'inizio più consapevoli dei rischi e dunque più propensi a seguire le indicazioni e le precauzioni fornite da governi che sono altrettanto maggiormente preparati ad affrontare un'emergenza sanitaria rispetto a quelli occidentali. In Asia orientale, nonostante alcune perplessità individuali, non esistono movimenti No Vax o No Green Pass.
Covid, in Asia non ha funzionato solo il modello cinese. L'esempio di Taipei
Taiwan ha per esempio saputo rispondere con grande rapidità alla minaccia agendo, per ora con successo, sulla prevenzione. E lo ha fatto senza particolari restrizioni delle libertà civili, complice l'esperienza vissuta con la Sars. E' entrato rapidamente in funzione un Centro di comando epidemico con larghe deleghe in materia sanitaria e di investimenti. Mentre, per fare un esempio, l'Italia ha nominato un supercommissario solo dopo quasi tre settimane dall'inizio dell'epidemia "autoctona" e nel corso dei mesi si sono moltiplicate strutture e figure di esperti dai contorni e compiti poco chiari. Sono state prese poi misure stringenti in materia di visti e di immigrazione.
Anche qui si fa un largo utilizzo degli strumenti tecnologici, in primis i big data per creare un sistema di gestione centralizzato per i dati sanitari e i dati di viaggio. Ma, attenzione, non sempre questo significa una privazione della privacy. Il sistema di tracciamento dei contatti taiwanese, 1922 sms, è un caso simbolico. Ovunque si vada, tra ristoranti, cinema e treni va scannerizzato un codice QR utilizzando la fotocamera di uno smartphone e inviando un messaggio di testo al numero verde 1922, i dati vengono creati e memorizzati, senza bisogno di un'app. E poi cancellati quando non più utili. Quando necessario, i tracciatori di contatti possono recuperare i dati dal sistema per un rintracciamento rapido.
Ecco perché si legge che nei paesi asiatici per magari pochi casi di positività entrano in quarantena centinaia o anche migliaia di persone. Vera quarantena, in hotel. Può sembrare estremo, ma la misura blocca sul nascere qualsiasi focolaio. E i Centri epidemici di controllo intervengono secondo criteri scientifici e numerici stabiliti a monte e trasparenti. Le misure dunque non seguono l'emotività del momento ma l'andamento effettivo della pandemia.
Ovviamente ogni modello ha la sua possibile falla e la strategia zero Covid portata avanti da Pechino, e per certi versi anche da Taipei, potrebbe non essere sostenibile nel medio periodo. Per ora, però, funziona. Taiwan, per esempio, si è chiusa all'esterno ma all'interno è rimasta praticamente sempre aperta, salvo qualche settimana di emergenza tra maggio e giugno scorsi.