Etiopia, nella regione Amhara è guerra tra esercito federale e Fano

Nella regione è stato d’emergenza. Arresti e rastrellamenti nella capitale Addis Abeba

di Marilena Dolce
Esteri

In Etiopia la popolarità del premier Abiy Ahmed è in caduta libera

Nel conflitto precedente, durato due anni e terminato nel 2022, la guerra scatenata dal Tplf (Tigray People’s Liberation Front) contro il governo federale aveva coinvolto nella regione Tigray, a nord dell’Etiopia, sei milioni di abitanti. Lo scontro iniziato questo mese nella regione Amhara, rischia invece di coinvolgerne più di quaranta milioni. Cosa sta succedendo? Come mai il premier Abiy Ahmed, un uomo che ha ricevuto il premio Nobel per la Pace, governa ora solo grazie all’esercito? La pace siglata a Pretoria il 2 novembre scorso tra governo federale e Tigray People’s Liberation Front, Tplf, per mettere fine al sanguinoso conflitto stabiliva che tutte le milizie del Tplf nella regione Tigray, dovessero essere disarmate. Un punto fondamentale dell’accordo promosso e garantito da Stati Uniti e Unione Africana, che rimane però lettera morta, lasciando aperte molte questioni spinose. Innanzi tutto il Tplf, che in quella guerra ha causato migliaia di morti anche nelle regioni Amhara e Afar, ha mantenuto il proprio arsenale militare. Inspiegabilmente, in violazione degli accordi sottoscritti e, malgrado le proteste dei militari amhara e afar, allora alleati del governo, non c’è stato nessun disarmo delle milizie tigrine. Questo è un primo punto cruciale per capire l’attuale critica e il disaccordo delle popolazioni amhara e afar per il voltafaccia del governo di Abiy Ahmed.

 

Un secondo punto lasciato in sospeso dall’accordo di Pretoria riguarda il contenzioso territoriale tra le regioni Amhara e Tigray. Secondo diversi analisti etiopici i territori contesi di Welkait-Tsegede e Raja rappresenterebbero la vera causa scatenante dell’attuale conflitto tra Fano e l’ex alleato esercito federale. La popolazione amhara si sentirebbe tradita dalla promessa governativa non mantenuta. Tali territori, storicamente loro, tornerebbero ora ad essere parte del Tigray occidentale. Il governo federale lo nega, ma il 27 luglio Getachew Reda, ex portavoce del Tplf, adesso governatore ad interim della regione Tigray ha dichiarato ciò durante il viaggio in America. Secondo la stampa etiope, Reda avrebbe detto che a Pretoria i rappresentanti del governo di Abiy avrebbero garantito che i territori Welkait-Tsegede e Raja, oggi Amhara, sarebbero ritornati a far parte del Tigray Occidentale. Per questo sarebbe stato necessario il disarmo delle milizie amhara che avrebbero fatto resistenza a tale annessione.

 

In realtà milizie e forze speciali amhara, ex alleati federali, dopo l’accordo di Pretoria sono state smilitarizzate. Restano invece i Fano, forza militare popolare e indipendente. “Solo disarmando e indebolendo i Fano, il Tplf può sperare di appropriarsi delle nostre terre” dice un attivista amhara che, tutelato dall’anonimato, aggiunge: “in queste settimane molti miei connazionali amhara sono stati arrestati in Etiopia. È la strategia concordata tra Tplf e governo di Abiy che ci ha traditi. Siamo noi che abbiamo salvato, con il nostro sangue, il suo governo e adesso lui ci tradisce aiutando chi voleva rovesciarlo. In molti pensano però sia solo questione di tempo e che la giustizia trionferà”. Dunque la guerra in corso ha visto un cambio nelle alleanze, ora le milizie tigrine sono a fianco dell’esercito federale contro i Fano. Nelle scorse settimane molte città amhara sono state sconvolte da violenti scontri per gli arresti e i rastrellamenti degli attivisti e militanti amhara che si rifiutavano di consegnare le armi.

 

Per questo motivo il governo federale ha proclamato nella regione lo stato d’emergenza, togliendo l’elettricità e l’accesso a internet. Per capire il conflitto tra tigrini e amhara sulle questioni territoriali è necessario fare un passo indietro. Dopo la caduta della giunta militare del Derg, nel 1991, l’allora ex guerrigliero diventato primo ministro, Meles Zenawi stabilisce che il suo partito, il Tplf, sarebbe stato a capo della nuova alleanza di governo. Nel 1975 anno della formazione del Tplf, è reso pubblico un documento, precedentemente segreto, che spiega la visione etno-nazionalista del partito. In questo documento due sono i punti ancora attuali. Il primo è quello per cui la comunità amhara è nemica del popolo etiope, il secondo invece quello che stabilisce che il numero di abitanti tigrini è aumentato con l’inclusione di tutti quelli che parlano tigrigna, anche in aree diverse dal Tigray.

 

Queste sono le premesse da cui deriva l’annessione al Tigray Occidentale dei territori amhara oggi al centro della contesa. Una situazione che si può verificare accostando le mappe prima e dopo 1991 e che rimane invariata fino al 4 novembre 2020, quando gli amhara che combattono a fianco del governo federale contro il Tplf, ricevono in cambio la restituzione delle zone contese. Si tratta tra l’altro di un’area molto fertile, ricca di corsi d’acqua. Rigogliosa dal punto di vista agricolo, nella quale si coltivano cotone e semi si sesamo. È quindi anche una battaglia economica ma non solo. Il conflitto tra tigrini e amhara rispecchia una profonda spaccatura sul concetto di nazione. Basata sull’identità etnica per i tigrini, senza confini regionali ed etnici per gli amhara.

 

Oggi in Etiopia sulle carte d’identità è specificata l’etnia. Una condizione che, a seconda del vento politico, può comportare discriminazioni e vessazioni. Per alcuni una condizione di apartheid. Per esempio, nei mesi scorsi gli amhara erano costretti a prendere l’aereo per andare ad Addis Abeba, invece del più economico bus, per non rischiare controlli e respingimenti, nel caso fosse loro richiesto, per generici motivi di sicurezza, di esibire la carta d’identità. Una situazione penalizzante per i più poveri, spesso anziani costretti per il costo del passaggio aereo, a rinunciare alle cure mediche nella capitale. Come ricordato è dopo l’accordo di Pretoria che il governo di Abiy Ahmed decide di smilitarizzare gli eserciti locali presenti nelle undici regioni. I militari delle milizie regionali sarebbero stati ricollocati all’interno delle forze federali. Nessuna milizia però è smilitarizzata, tranne quelle amhara. Per questo motivo i Fano non hanno accettato di restituire le armi, per non lasciare senza protezione le zone e le città riconquistate. Dalla Bbc è arrivata in questi giorni la notizia di pesanti scontri a Bahir Dar, Gondar e a Debre Berhan, città industriale a 130 chilometri a nord di Addis Abeba. Il 1agosto i Fano avevano anche occupato l’aeroporto di Lalibella, città storica e patrimonio Unesco nella regione Amhara.

Oggi l’agenzia Addis Insight riferisce di un attacco con droni nella cittadina di Finote Selam, in cui sarebbero morti trenta civili, specificando che nell’area non c’erano postazioni militari. Temesgen Tiruneh, direttore dell’intelligence etiope ha detto all’agenzia governativa di Stato, riferendosi ai Fano, che il loro obiettivo “è rovesciare il governo regionale con la forza e quindi avanzare verso il governo federale”. Da più parti si dice però che gli amhara vorrebbero sedere a un tavolo per poter chiedere di mantenere i territori come riconoscimento da parte del governo per l’aiuto militare ricevuto durante lo scorso conflitto. “La regione Amhara”, spiega una fonte etiopica, “è ora completamente militarizzata. Da un lato i Fano, dall’altra i militari dell’esercito federale e, si dice, le forze speciali Oromo.

 

Ci sono bombardamenti. Sono entrati nelle città i carri armati e gli elicotteri sorvolano la zona. Però non è un conflitto tradizionale, ma una guerriglia che avvantaggia i Fano, che recuperano le armi prendendole ai militari catturati. Gli ospedali sono pieni di militari federali feriti. I Fano comunque quando entrano nelle città non attaccano la popolazione, anzi finora hanno garantito che, per i civili, la vita e le attività lavorative continuino normalmente. Il loro motto è partenza Amhara, destinazione Etiopia”. Al momento la situazione, anche nella capitale Addis Abeba, è critica. Ci sono molti controlli e arresti soprattutto di giornalisti, attivisti, dissidenti amhara. Legesse Tulu, portavoce del governo, ha dichiarato che le autorità stanno arrestando tutti quelli accusati di procurare disordini. Il 10 agosto un portavoce del governo di Addis Abeba ha detto che sei città nella regione Amhara sono state liberate dall’occupazione dei Fano dopo i violenti scontri avvenuti nei giorni precedenti.

 

Fonti locali riferiscono però che quella dei Fano sarebbe stata una ritirata strategica per evitare ulteriori morti tra i civili e per riorganizzare le proprie forze. Il giorno successivo è uscito un comunicato stampa dell’Unione Europea di Addis Abeba, che spera ritorni la pace nella regione Amhara. La comunità internazionale dovrebbe chiedere all’Etiopia di cercare una via pacifica per la ricomposizione delle tensioni etniche e territoriali. Il grande appoggio popolare ai Fano è il segno della necessità di un dialogo tra le parti. Del resto la popolazione in Etiopia è ormai stremata. Il conflitto nel Tigray ha impoverito il paese, togliendo benessere anche alla classe media. Il malcontento è diffuso così come è in caduta libera il consenso popolare verso il primo ministro Abiy Ahmed .

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