Fitto-Ribera, molto rumore (quasi) per nulla. Per Von der Leyen ora la prova decisiva a Strasburgo
Superato lo strappo tra Popolari e Sociaisti sulle nomine dei due vice commissari, l'ultima tappa per la presidente di Commissione è la plenaria del 27 novembre. Von der Leyen ora spera nel favore di almeno parte dei conservatori
Fitto-Ribera, molto rumore (quasi) per nulla. Per Von der Leyen ora la prova decisiva a Strasburgo
Alla fine, i rumors provenienti da Bruxelles si sono rivelati esatti: nella sede delle istituzioni comunitarie in pochi credevano realmente a uno strappo tra Popolari e Socialisti, i due principali gruppi europarlamentari, sulle nomine dell'italiano Raffaele Fitto e della spagnola Teresa Ribera. Mercoledì sera, nel corso di un'ultima importante riunione, è arrivata l'attesa fumata bianca: non solo è stato dato il via libera ai due commissari vice presidenti in bilico, ma di fatto è stato superato l'ultimo ostacolo per il definitivo insediamento della seconda commissione guidata da Ursula Von der Leyen.
Perché Popolari e Socialisti hanno ricucito lo strappo
Se tra i corridoi di Palazzo Berlyamont, sede della commissione, in pochi credevano in un vero e proprio strappo tra i principali partiti è perché i danni, in caso di rottura, sarebbero stati per tutti ben maggiori dei benefici. La lite per le nomine di Fitto e Ribera era legata più a motivi politici che di merito, veri e propri screzi basati su mere questioni di principio.
Tenere il punto, per Socialisti e Popolari, avrebbe significato la necessità per Von der Leyen di chiedere a Italia e Spagna altri due nomi. Con conseguente dilatazione dei tempi per l'entrata in carica della sua commissione, visto che a Roma e Madrid sarebbe dovuta partire una nuova ricerca del nome da designare e che a Bruxelles sarebbero ripartite da zero le audizioni davanti agli europarlamentari.
Non solo, ma un mancato accordo avrebbe decretato probabilmente anche lo scioglimento della cosiddetta “maggioranza Ursula”. Ossia quella coalizione retta da socialisti, popolari e liberali che ha governato a Bruxelles negli ultimi cinque anni e che, ad oggi, appare agli occhi dei moderati come l'unico antidoto all'avanzata delle destre sovraniste. Quelle, per intenderci, confluite nel gruppo dei patrioti voluto dal premier ungherese Viktor Orban.
Le fibrillazioni a sinistra
I socialisti hanno in qualche modo “digerito” l'arrivo in commissione di un esponente conservatore, appartenente cioè a una destra non popolare e fino a pochi anni fa tenuta lontana da ruoli apicali in Europa. Una circostanza quest'ultima che apre a un interrogativo: su chi potrà contare Ursula Von der Leyen in parlamento?
Se per i socialisti il processo di “normalizzazione” dei conservatori (e dunque del partito di Giorgia Meloni) ha rappresentato una tappa necessaria per evitare altri guai, non è così per i Verdi. Il gruppo ha votato all'ultimo, e un po' a sorpresa, a favore della riconferma dell'attuale presidente della commissione a luglio.
Ma ora appare difficile immaginare lo stesso orientamento con l'ingresso ufficiale di un membro dei conservatori nella commissione. I Verdi non sono determinanti ai fini dell'ottenimento del via libera all'esecutivo europeo, ma il margine di sicurezza della maggioranza rischia di assottigliarsi.
La maggioranza sarà allargata ai conservatori?
Ed è qui che a entrare in gioco sono gli stessi conservatori. Come detto in precedenza, il gruppo a cui appartiene Giorgia Meloni ha votato a luglio contro la riconferma di Von der Leyen. Non solo, ma la stessa presidente del consiglio, al momento di ufficializzare a giugno la nomina della rientrante presidente della commissione in sede di consiglio europeo, ha scelto di astenersi.
Adesso però sembrerebbe alquanto singolare che un gruppo che esprime il vice presidente della commissione voti contro la stessa commissione. Probabilmente, all'interno dei conservatori si arriverà a una spaccatura: Fratelli d'Italia darà il via libera, accostando il proprio simbolo alla nuova maggioranza europea, mentre i deputati polacchi del Pis proseguiranno sulla strada del No.
Tuttavia, quando si fa riferimento all'Europarlamento, occorre anche specificare che il concetto di maggioranza è diverso da quello solitamente usato per i parlamenti nazionali. In Europa, in media il 15% dei deputati vota non seguendo le indicazioni di partito e vota seguendo posizioni personali oppure condizionate dal dibattito politico interno al Paese di appartenenza.
I confini tra maggioranza e opposizione sono quindi molto meno marcati, con la commissione chiamata a valutare la propria presa sull'europarlamento a seconda del tipo di documento o proposta portata in aula.
Ultima tappa: il voto a Strasburgo del 27 novembre
Ad ogni modo, il momento della verità si avvicina. L'ultimo scoglio formale per l'uscente e rientrante presidente della commissione è rappresentato dal voto in plenaria fissato per il prossimo 27 novembre. La palla cioè passerà da Bruxelles, dove si è lavorato per gli ultimi accordi, a Strasburgo. Gli eurodeputati dovranno votare la fiducia all'intera commissione e basta la maggioranza semplice.
Popolari, Socialisti e Liberali hanno i numeri per arrivare a oltre il 50% di voti favorevoli al Von der Leyen II. A questi dovrebbero quindi sommarsi quelli di parte dei conservatori, con il rebus relativo ai Verdi. Dopo l'approvazione definitiva, il primo dicembre tutti i nuovi commissari andranno a insediarsi nei rispettivi uffici di Bruxelles.