Gas, così la Norvegia lucra sull'Ue. Export da record e boom di estrazioni

Con le sanzioni alla Russia, Oslo è il principale fornitore di gas per l'Europa, con prezzi alle stelle. E nazionalizza i gasdotti, con l'ira ambientalista

di Redazione Esteri
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Boom di export di gas dalla Norvegia all'Europa: i numeri

"Perché la Norvegia deve venderci i suoi 120 miliardi di metri cubi di gas all'anno a un prezzo molto più alto di quello a cui lo vendeva prima dell'invasione russa in Ucraina?". Lo chiede Paolo Scaroni in un'intervista a Repubblica, dopo che proprio il fondo sovrano norvegese si era opposto alla sua nomina alla presidenza di Enel. Ma è davvero così? I dati sembrano confermare che la Norvegia abbia di certo guadagnato dalle sanzioni occidentali e in particolare europee nei confronti della Russia.

Mentre l'anno scorso la Russia ha ridotto le esportazioni di gas naturale, la Norvegia le ha aumentate ed è ora il principale fornitore europeo di questo combustibile. La Norvegia sta anche fornendo maggiori quantità di petrolio ai suoi vicini, sostituendo il petrolio russo sottoposto a embargo. Per l'intero 2022, le esportazioni norvegesi via gasdotto sono state pari a 113 miliardi di metri cubi, con un aumento di quasi 4,5 miliardi di metri cubi rispetto all'anno precedente. 

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La Norvegia ha utilizzato la crisi in due modi. Il primo: stoppare la retorica dell'abbandono più rapido possibile dei combustibili fossili. Ha anzi aumentato la produzione di gas il più possibile, sopprimendo persino gli scioperi sindacali per mantenere il flusso di energia. Il secondo, ovviamente, aumentando le esportazioni verso i vicini europei sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista dei costi.

I produttori di gas norvegesi sono stati incentivati a massimizzare le esportazioni grazie ai prezzi record del gas in Europa. Platts, parte di S&P Global Commodity Insights, ha valutato il prezzo di riferimento olandese TTF month-ahead al massimo storico di 319,98 euro/MWh il 26 agosto. Da allora i prezzi si sono indeboliti a causa dei buoni livelli di stoccaggio e delle riduzioni della domanda, ma rimangono relativamente alti.

"Prezzi imbarazzanti" e nazionalizzazione dei gasdotti per massimizzare i profitti

Le somme che fluiscono verso nord si stanno rivelando "imbarazzanti", ha persino scritto qualche mese fa il settimanale britannico The Economist, lanciando anche un siluro a Oslo: "Un luogo che tiene alla sua immagine di forza del bene nel mondo deve respingere le accuse di profitto di guerra".

In un anno normale le vendite di petrolio, gas ed elettricità fruttano oltre 50 miliardi di dollari per la Norvegia. Ma ora, grazie alla guerra, i ricavi delle esportazioni energetiche della Norvegia sono saliti a un ritmo di oltre 200 miliardi di dollari. Se non fosse per il fatto che la Norvegia ha deciso di mettere da parte questo denaro in un fondo sovrano, a questi prezzi ogni norvegese potrebbe ricevere un assegno annuale del valore di circa 40.000 dollari, più o meno il PIL pro capite dell'Unione Europea. 

La Norvegia ha raccolto ingenti somme di denaro per essere venuta in aiuto dell'Europa. Ma non lo ha certo fatto gratis. Come spiega il New York Times, Petoro ha guadagnato circa 50 miliardi di dollari nel 2022, quasi il triplo di quanto guadagnato nel 2021, ed Equinor ha registrato profitti rettificati record di 75 miliardi di dollari. 

Il paese scandinavo dovrebbe essere in grado di mantenere i suoi elevati flussi di gas verso l'Europa nei prossimi anni. Nel 2020, il governo ha messo in atto modifiche fiscali temporanee per garantire che la pandemia non fermasse gli investimenti nel settore. Questi incentivi hanno portato a un'esplosione di nuove trivellazioni e sviluppi, per un valore stimato di 43 miliardi di dollari. Una compagnia petrolifera e del gas con sede fuori Oslo, Aker BP, prevede di investire 19 miliardi di dollari per aumentare la produzione di un terzo entro il 2028.

La Norvegia ha addirittura in programma di nazionalizzare la maggior parte della sua rete di gasdotti quando molte concessioni esistenti scadranno nel 2028, per rafforzare il controllo sulle infrastrutture chiave. Per soddisfare l'accresciuta richiesta, il governo norvegese chiede ai giganti dell'energia di aumentare i progetti di esplorazione di petrolio e gas in regioni remote come il Mare di Barents, sfidando un senso di frustrazione e rabbia tra gli attivisti per il clima. Si stima che circa due terzi delle risorse petrolifere non ancora scoperte del Paese si trovino al largo della costa settentrionale del Paese, nel Mare di Barents, nell'Artico.

La Norvegia ha dichiarato di voler offrire alle imprese energetiche un numero record di blocchi per l'esplorazione di petrolio e gas nell'Artico. Gli ambientalisti di Friends of the Earth Norway, WWF-Norway e Greenpeace Norway hanno definito "imbarazzante", "estremamente sconsiderato" e "insultante" l'azione di lobby del Paese a favore di una continua espansione di petrolio e gas.

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