Gaza, biglietto sola andata per l'Inferno. Cisgiordania "Far West" degli Ebrei

I coloni estremisti proseguono la pulizia etnica palestinese. A Gerusalemme Est fanatici ortodossi hano saccheggiato il settore arabo della Città Vecchia

di M. Alessandra Filippi
Palestina
Esteri

Palestina, biglietto di sola andata per l'Inferno. La Cisgiordania è il nuovo Far West degli Ebrei

Quel che sta accadendo a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, dove ieri un esercito di barbari fanatici ha invaso e saccheggiato il settore arabo della Città Vecchia e profanato la Spianata delle Mosche al grido “Dio ce lo ha dato, tutto questo è nostro”, ci riguarda tutti. Se passa impunito il genocidio palestinese, domani sarà legittimato ogni sterminio, ogni arbitrio e soppressione, singola o collettiva. E non ci sarà nessun posto sicuro sulla Terra. Questa è la prospettiva che più di ogni altra dovrebbe agghiacciare ogni abitante del Pianeta e costringerlo all’azione, adesso. Da quando venerdì il copione di Biden prevede che, a sorpresa, lui debba interpretare il gran maestro della pace in Medioriente, fra un alto e un basso, è riuscito nell’ordine: a ribadire che quello in corso non è un genocidio; a scaricare la responsabilità degli accordi sui leader di Hamas, quando in verità è il contrario; e a far passare in cavalleria il fatto che da subito il Primo ministro israeliano ha ribadito che tregua o non tregua, le bombe continueranno a piovere come grandine fino a “distruzione totale dei terroristi” e che gli accordi si possono fare “ma sotto il fuoco”. Un ossimoro.

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Una lucida pazzia. Che fino ad ora ha dato come unico risultato l’annientamento della popolazione palestinese. Un genocidio che mezzo mondo denuncia come tale e che il colpevole e l’asse dei complici negano a oltranza. Una negazione che ha generato cortocircuiti non solo cognitivi e psicologici nella gente comune, ma anche e soprattutto nell’amministrazione della Giustizia Internazionale, la quale si è vista messa sotto accusa dagli USA e dallo Stato ebraico con l’abusata, strumentale e ricattatoria arma dell’antisemitismo. Arma con la quale ormai si liquida e silenzia qualunque dissenso espresso nei confronti di Israele, trasformandolo de facto, e da anni anche de jure, in un reato penale perseguibile per Legge.

Benvenuti nella realtà dispotica e distopica disegnata “intorno a noi” a protezione di una minoranza che rappresenta l’1,98% della popolazione mondiale. Un’élite che pur essendo risibile in termini numerici e geografici, pesa come fosse la metà più uno del mondo e che in questi ultimi sette decenni, da quando è nato lo stato di Israele, ha tessuto una rete d’acciaio dentro e fuori ogni singolo Stato occidentale, e non solo. Lo ha fatto attraverso accordi politici, commerciali, economici, militari, di intelligence, sicurezza, big data, tale da permettergli di tenere le redini del gioco e stabilirne le regole. Una rete che passa per Governi, Finanza, Università, Istituti di Ricerca, Fondazioni, Ospedali, Comunicazione e che, come obiettivo, ha il controllo delle risorse e il potere che ne deriva. Un grande fratello più distopico e feroce di quello descritto da Orwell nel suo romanzo “1984”. Quel che sembrava solo il frutto di una folle e sfrenata immaginazione, nella realtà è stato di gran lunga superato in questi anni da Israele. E con particolare abominevole furore nella condotta che l’esercito più etico del mondo sta tenendo da otto mesi a Gaza, dove quotidiane carneficine e massacri ci stanno anestetizzando all’orrore. Lo sterminio in diretta televisiva come metodo di assuefazione e formazione al nuovo ordine e normalità. Il genocidio come necessaria terapia per ripulire il mondo dai cattivi e liberarlo dagli “animali umani” che ne mettono in pericolo ordine, costumi, stili di vita, pace e tranquillità. Chiunque si opponga al metodo diventa nemico dell’umanità e deve essere punito e rieducato. Ricondotto alla retta via stabilita dal “messaggio” veicolato attraverso un “massaggio” mentale volto alla rigenerazione del (libero) pensiero e della (libera) parola.

Nel suo sorridente delirio, la “madrina” della pulizia etnica in Cisgiordania, Daniella Weiss, un'estremista che con le sue teorie sulla razza e superiorità degli ebrei ricorda quelle naziste, riconosciuta “paladina” del movimento degli insediamenti sionisti israeliani, in una intervista sulla CNN, andata in onda due mesi fa, ha dichiarato “Quale persona sana di mente vorrebbe vivere all’inferno?”. La risposta, ovvia, è “nessuna”. Di conseguenza, i palestinesi che si ostinano a restare aggrappati alla loro terra sono malati, non stanno tanto bene di testa. E quando chiedi alla Weiss dove debbano andare questi insani cocciuti, col sorriso risponde sempre allo stesso modo: “Il mondo è tanto grande: c’è l’Africa, il Canada, vadano lì. Oppure negli Stati arabi”. La visione della Weiss travalica i confini della Cisgiordania: secondo lei, sulla “sabbia d’oro” di Gaza nasceranno presto nuove città di pura matrice ebraica. Un sogno inimmaginabile prima del 7 ottobre e che adesso invece prende forma. L’obiettivo di fare della Striscia la nuova “Costa Azzura” orientale è perseguito con sempre più vigore anche da un movimento radicale di coloni ultraortodossi israeliani chiamato Nachala il quale, oltre ad “aiutare i più giovani a trasferirsi”, mira a “incoraggiare e aiutare il governo a realizzare un piano ufficiale del primo ministro Yitzhak Shamir che ha gettato le basi per l'insediamento di 2 milioni di ebrei in Giudea e Samaria”. Hanno alle spalle importanti finanziatori statunitensi, i più influenti e generosi dei quali sono in Florida.

Sono ormai più di 800.000 i coloni ultraortodossi trapiantati in Cisgiordania, sparsi con metodo in oltre 250 insediamenti illegali, per lo più realizzati in quella che chiamano Giudea e Samaria. Solo in questi ultimi mesi ne sono stati creati altri 14. Due di loro sono stati legalizzati dalla Knesset, malgrado per la comunità internazionale siano tutti illegali. Dal 7 ottobre, senza più remora alcuna, i coloni girano armati fino ai denti. Sulle spalle esibiscono fucili con la stessa non curanza con la quale noi portiamo una borsa o uno zaino. Ti dicono che sono lì perché “è Dio in persona” ad avergli promesso quella terra. In nome di quella promessa derubano, minacciano, terrorizzano, distruggono, uccidono, a loro piacimento e discrezione, con una tale impunita brutalità da aver trasformato i Territori occupati nel nuovo Far west del XXI secolo. Il piano della Weiss e dei coloni, che si avvale del benestare del Governo, è quello di sostituire tutti i palestinesi con ebrei ultraortodossi ashkenaziti, scelti fra tutti gli altri perché sono quelli più prolifici.

Una volta che i palestinesi saranno spariti o ridotti a una risibile minoranza e gli attuali pesi demografici saranno invertiti – attualmente sono quasi 3milioni gli arabi – Israele annetterà la Cisgiordania. A seguire la “nuova Costa azzurra”, dove il piano prevede in primis la ricostruzione degli insediamenti di Gush Katif, evacuati e demoliti nel 2005 per ordine di Ariel Sharon, e magari anche la costruzione del canale navigabile Ben Gurion, il cui progetto giace nel cassetto dal 1960, in grado di connettere Eliat al Mediterraneo. Una interessante e lucrosa alternativa a quello egiziano di Suez. Lo faranno? Chi può dirlo. Tuttavia c’è un fatto che andrebbe tenuto più da conto: mentre noi qui parliamo, scriviamo, discutiamo, farnetichiamo, narcotizzando coscienze imbalsamando azioni, loro fanno. A una velocità mai vista prima.

In Cisgiordania sono circa un milione i palestinesi arrestati dalle forze di occupazione israeliane dal 1967 alla fine del 2023. Fra le persone arrestate ci sono 50.000 casi che riguardano bambini e ragazzi di età inferiore ai 18 anni. Israele è l’unico paese al mondo che processa i bambini nei tribunali militari. L’organizzazione Defense for Children International - Palestine (DCIP), focalizzata specificamente sui diritti dell’infanzia, l’unica rimasta nei Territori Occupati, tra il 1° gennaio 2016 e il 31 dicembre 2023 ha documentato 838 casi in cui bambini palestinesi detenuti dall’esercito israeliano sono stati sistematicamente torturati, ammanettati, bendati, perquisiti e loro negato l’accesso a cibo e acqua durante il periodo degli interrogatori. Sulla base delle testimonianze raccolte dai bambini, fra i metodi brutali e immorali ai quali sono stati sottoposti durante la loro detenzione ci sono: gravi percosse, effettuate con calci di pistole e dei piedi e con gli elmetti; cani poliziotti lanciati contro di loro; il venire abbandonati per lunghi periodi se sanguinanti o feriti prima di venire trasportarli in qualche centro per le cure; il loro trasferimento a centri investigativi malgrado le loro precarie condizioni; l’essere costretti a confessare sotto percosse, torture e la minaccia di arrestare membri della loro famiglia; l’isolamento in celle singole, senza possibilità di vedere un legale o un familiare. Dal 1 gennaio al 6 ottobre 2023 Israele ha ucciso 248 palestinesi.

Nel mentre, a Gaza è un’altra tragica mattina. Nella zona centrale, nel campo profughi di Nuseirat, un attacco notturno, senza preavviso, ha preso di mira una scuola gestita dalle Nazioni Unite dove erano stipate come sardine centinaia di famiglie palestinesi sfollate. È stato un massacro. Centinaia i feriti, incerto il bilancio dei morti, ma sono già oltre 40 i corpi delle vittime raccolti nel cortile della scuola, quasi tutti di donne e bambini. Con la barbara e oscena acetombe di questa notte, perpetrata da Israele con la scusa che era “un covo di Hamas”, il bilancio delle vittime nelle ultime 36 ore supera i 200 civili, in maggioranza donne e bambini. Fonti mediche sul campo hanno riferito ad Al Jazeera che la situazione è apocalittica. Il caos regna, con la gente che scappa da una parte all’altra, senza sosta, nel tentativo di schivar le bombe. Gli obitori sono stracolmi e l’unico ospedale rimasto attivo nell’area, quello di Al Aqsa, non sa più come fare per far fronte all’ondata di vittime e feriti che arrivano ogni minuto. Ormai sono costretti a metterli sui pavimenti e nei corridoi, divenuti tappeti umani dove non è possibile metter piede.

Un medico ha riferito che la natura di certe ferite “è a loro del tutto sconosciuta”, le ha definite “aliene”, aggiungendo che “non hanno la capacità medica di intervenire e salvare vite umane se non prestando il primo soccorso di base”. Con l’aviazione e l’artiglieria impegnata a colpire obiettivi nel centro della Striscia, da ieri Israele ha spostato le sue forze di terra verso i campi profughi di Bureij e Maghazi, a est di Deir el-Balah, tutti classificati dall’esercito “zone sicure”. Lì sono iniziati nuovi interventi di “bonifica da Hamas”, il termine con il quale l’IDF giustifica da tempo tutte le sue industriali ecatombi ed eccidi di palestinesi. Nessun posto è più sicuro nella Striscia. Nemmeno in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Dal 7 ottobre i morti ufficiali nella Striscia sono più di 36.600, i feriti 83.000 e più di 15.000 i dispersi. In Cisgiordania, nello stesso arco di tempo, sono stati uccisi 540 palestinesi, fra i quali 132 bambini, mentre i feriti sono più di 5.000.

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