Gaza, scenario post-apocalittico. Il mondo ebraico implora lo stop, ma Israele non ferma i raid

Un appello del mondo ebraico internazionale chiede di fermare il genocidio di Gaza, mentre Tel Aviv prosegue con i raid

di M Alessandra Filippi
Esteri

Gaza, la situazione è post-apocalittica

Secondo i dati forniti dal Ministero della sanità di Gaza, ieri l’esercito israeliano ha ucciso più di 70 palestinesi e ne ha feriti oltre 100, portando il bilancio complessivo dei morti a 40.475 e quello dei feriti a oltre 93.650, numeri ai quali si devono aggiungere i dispersi, che ormai sembrano aver superato i 15.000. Secondo la protezione civile dell’enclave, solo questa mattina, nel corso di plurimi attacchi a Dier el-Balah e Khan Younis, ne hanno uccisi altri 20.

Il direttore di quel che resta del Kamal Adwan Hospital di Beit Lahia ha dichiarato ad Al Jazeera che Israele blocca le forniture di carburante al settore medico e mira alla sua completa distruzione. Fornendo un aggiornamento sulla situazione dell'ospedale, bombardato dall’esercito israeliano fra il 12 e il 16 dicembre 2023, poi assediato, saccheggiato e parzialmente distrutto dall’IDF fra il 24 e il 31 maggio 2024, ha affermato che la maggior parte delle persone che arrivano ferite dagli attacchi israeliani muoiono a causa delle cattive condizioni e della mancanza di servizi medici.

In Italia, durante la Seconda Guerra Mondiale, i nazisti considerarono come giusto prezzo da pagare, in termini di vite umane, per ogni tedesco ucciso, 10 italiani. Prova ne è l’attentato di via Rasella a Roma, compiuto dalla Resistenza romana il 23 marzo 1944, nel quale morirono trentatré soldati tedeschi e sei civili italiani, fra cui il dodicenne Piero Zuccheretti). Il giorno seguente, senza preavviso, i tedeschi risposero con una rappresaglia passata alla storia come eccidio delle Fosse Ardeatine, antiche cave di pozzolana situate nei pressi di via Ardeatina, nelle quali vennero trucidati 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni, completamente estranei all'azione gappista, tra cui dieci persone rastrellate nelle vicinanze di via Rasella, immediatamente dopo i fatti.

Mutatis mutandis, nella rappresaglia israeliana in corso a Gaza dal 7 ottobre, giorno in cui Hamas ha attaccato Israele uccidendo 1139 civili e militari israeliani e rapendone circa 250, fra cui circa 30 bambini, portati come ostaggi nella Striscia, l’esercito israeliano ha superato quello nazista triplicando il numero di civili palestinesi uccisi per ogni israeliano morto nel corso dell’operazione alluvione Al-Aqsa: basandosi sui numeri a disposizione, forniti da una parte e dall’altra, risulta che sono 35,5 i palestinesi uccisi per ogni israeliano morto.

Una carneficina che va avanti da 326 giorni, aggravata dai continui spostamenti forzati ai quali una popolazione, ormai stremata, di oltre 1 milione e novecentomila persone, tanti sono quelli rimasti, deve far fronte senza saper più dove andare. Da mesi non c’è più un solo angolo che possa definirsi sicuro. Sono decine gli ordini di evacuazione imposti nelle ultime settimane; secondo le Nazioni Unite, investono circa l’84% del territorio di Gaza.

Anche la fame dilaga. In nuovo rapporto dell’ONU si legge che “Il 96% della popolazione soffre di insicurezza alimentare”. Il livello di malnutrizione è passato a livello 4 (su 5) della classificazione delle agenzie internazionali.

“Siamo nella fase dell’emergenza. La prossima (ed ultima) è la carestia, che si annuncia imminente in questo prossimo mese di settembre se non si raggiunge un cessate il fuoco”. Il rapporto rileva inoltre che “un terzo delle famiglie è costretta a cercare cibo fra i rifiuti”, mentre “il 20% trascorre giorni senza toccare cibo”. A questo bisogna aggiungere la mancanza di acqua potabile – molte delle cisterne d’acqua sono state minate dall’esercito israeliano -, la distruzione delle fognature, l’impossibilità di smaltire liquami e spazzatura e il fatto che a volte vengono usate acque reflue per bere o lavare i piatti, e la crescente diffusione di gravi malattie infettive. A luglio è stata individuata anche la poliomielite, che il 16 agosto ha colpito e paralizzato il primo bambino, di soli 10 mesi. Una malattia che nella Striscia era stata debellata da oltre 25 anni.

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Per scongiurare il dilagare dell’epidemia e poter vaccinare almeno 1 milione di persone, fra cui oltre 600.000 bambini di età inferiore ai 10 anni, sono state inviate più di 25.000 fiale di antipolio. L'Organizzazione mondiale della sanità e l'agenzia delle Nazioni Unite per l'infanzia hanno detto che per attuare la campagna vaccinale sarebbe necessaria una pausa umanitaria di almeno sette giorni.

Un tempo considerato “il minimo indispensabile”, dal momento che portarla a compimento richiederebbe quasi un mese. In tutto questo, l'esercito israeliano ha dichiarato che i vaccini sono già stati consegnati a Gaza; tuttavia, resta poco chiaro come e con quali tempi verranno distribuiti: la Striscia è bombardata senza sosta e gli aiuti umanitari scarseggiano.

La situazione ha raggiunto tali livelli di insostenibilità da costringere il personale dell’Onu a sospendere le operazioni umanitarie a Gaza dopo che Israele ha ordinato l’ennesimo ordine di evacuazione di massa di Deir el-Balah, dove aveva basato il suo centro operativo dopo essersi trasferito da Rafah quando le forze israeliane hanno lanciato un'invasione di terra all'inizio di quest'anno. La decisione è stata presa domenica. Un alto funzionario, parlando a condizione di anonimato, ha che detto: “Fin dall’inizio dell’offensiva siamo stati obbligati a ritardare o mettere in pausa le attività, ma mai fino al punto di non poter più fare nulla”. Ha inoltre aggiunto “Ora non è più possibile andare avanti. Ma non ce ne andremo da Gaza, la gente ha bisogno di noi lì, appena possibile riprenderemo l’attività”.

Philippe Lazzarini, direttore dell’UNRWA, ribattezzata “organizzazione terroristica” da Israele che l’ha accusata, senza prove, di avere legami con Hamas, ha definito la situazione a Gaza post-apocalittica. “La popolazione è costretta costantemente a fuggire perdendo tutto cammin facendo: famiglia, beni personali, rifugio”. Da gennaio Lazzarini non ha diritto di accesso a Gaza, e dunque nello Stato ebraico; a maggio è stata chiusa anche la sede dell’agenzia UNRWA a Gerusalemme Est a seguito di un attacco incendiario da parte di estremisti israeliani che ha causato gravi danni alla struttura e messo in serio pericolo il personale. In un articolo pubblicato lo scorso 30 giugno sul sito dell’UNRWA, Lazzarini ha ricordato che sono almeno 197 i dipendenti uccisi a Gaza.

“Quasi 190 locali sono stati danneggiati o distrutti, anche le scuole gestite dall’organizzazione sono state demolite e più di 520 sfollati palestinesi sono stati uccisi mentre si trovavano al riparo all'interno delle nostre scuole o strutture. Dal 7 ottobre, le forze di sicurezza israeliane hanno rastrellato e catturato il nostro personale a Gaza che ha denunciato torture e maltrattamenti durante la detenzione, nella Striscia e in Israele”.

Malgrado venga negato, sia da Netanyahu che dal suo Governo di estremisti, la quantità di crimini commessi da Israele in questi ultimi 11 mesi, e in generale nel corso dei suoi 76 anni di vita, non eguaglia nessuno, soprattutto se si pensa all’ignavia espressa dall’Occidente, il quale da 326 giorni assiste al massacro in corso a Gaza limitandosi a esprimere, sulla carta e nelle dichiarazioni, composte e azzimate “preoccupazioni”, rare volte piccate parole di condanna, che tuttavia da 326 giorni non una volta si sono trasformate in azioni concrete utili a interrompere la carneficina. Non c’è stata una sola presa di posizione, una sanzione, tanto meno la spesso invocata sospensione degli accordi fra UE e Israele, malgrado nell’intesa vi sia una clausola vincolante sul rispetto dei diritti umanitari, in assenza del quale l’accordo decade.

In controtendenza rispetto alla generale linea di pensiero espressa dai capi delle Comunità ebraiche, sia in Italia, che all’estero, stanno lentamente emergendo interessanti forme di dissenso nei confronti di Israele, animate per lo più da gruppi di ebrei che si dissociano dalle azioni dello Stato ebraico, condannando il suo operato e i crimini che sta commettendo e rifiutando il principio che “vengano commessi in loro nome”. Una delle figure più attive in Italia è Moni Ovadia, considerato da molti dei suoi correligionari “un ebreo che odia sé stesso”, un controverso e tormentato antisemita che per qualche insano motivo non sposa le idee imposte dalla propaganda.

In un’intervista rilasciata su l’Unità il 2 aprile 2024, ha confidato: “Da ebreo mi vergogno: la voglia di cancellare dalla faccia della terra i palestinesi non è iniziata il 7 ottobre. Il male è nel sionismo che è diventato solo nazionalismo furioso contrario allo spirito ebraico”. Lui, come molti altri8, me compresa, in più occasioni ha messo in guardia dal rischio sempre più alto che il dissenso venga assimilato all’antisemitismo e pericolosamente manipolato.

L’antisemita è colui che odia gli ebrei perché sono ebrei. Non per quello che fanno ma per quello che sono. Questa è la differenza. I nazisti deportarono anche eroi di guerra tedeschi della Prima guerra mondiale perché erano ebrei. Questo è antisemitismo. Ma criticare qualcuno per quello che fa è tutt’altra cosa”.

Una voce libera e uno spirito critico fuori dal coro, al quale iniziano a far eco un numero crescente di ebrei dissenzienti. Anche d’oltralpe la voce discorde dei piccoli inizia a farsi largo fra il silenzio connivente dei “grandi”. Pochi giorni fa, per esempio, sulla piattaforma Framforms.org, è apparso un “Appello ebraico internazionale contro il genocidio a Gaza”, firmato da un collettivo internazionale di insegnanti, giornalisti, attivisti, artisti di origine ebraica. Sottoscritto da oltre 150 personalità, alle quali si stima si uniranno altri nomi nelle prossime settimane, si apre ricordando che la maggior parte delle vittime di Gaza sono donne, vecchi e bambini.

“La potenza occupante attacca scuole, ospedali e campi profughi. Prende di mira in particolare medici, giornalisti e atleti”. Più avanti, oltre a deplorare la carestia pianificata “dagli occupanti”, viene stigmatizzato il fatto che nonostante il mondo intero sia al corrente di quel che accade “i suoi leader rimangono in silenzio. Alcuni di loro dicono di essere ‘preoccupati’ ma lasciano che il governo di estrema destra al potere in Israele distrugga il diritto internazionale. Quel che è ancora peggio, continuano a fornire armi e munizioni a coloro che commettono il genocidio”. Più avanti viene invocata la decisione che nessuno ha ancora preso: “Sanzionare con forza questo stato che sta commettendo il peggiore dei crimini in totale impunità”.

Un j’accuse in piena regola, che ricorda l’omonimo editoriale che Emile Zola pubblicò il 13 gennaio 1898 sul giornale socialista L’Aurore, con lo scopo di denunciare pubblicamente i persecutori di Alfred Dreyfus, nemici "della verità e della giustizia".

L’appello del collettivo si chiude con una netta condanna nei confronti di Israele. “Noi, in quanto ebrei, poiché questo crimine viene commesso in nostro nome, poiché rifiutiamo di essere complici di crimini così atroci, poiché rifiutiamo che l'antisemitismo, che fa parte della nostra storia, venga usato per giustificare tali orrori, chiediamo concreta solidarietà alla popolazione martirizzata di Gaza. Chiediamo un cessate il fuoco e chiediamo la fine di questa carneficina. Chiediamo a tutti i paesi di imporre sanzioni allo Stato di Israele. Chiediamo che i criminali di guerra e i loro complici siano chiamati a rispondere delle loro azioni dinanzi a un tribunale”.

Testo integrale dell’Appello del mondo ebraico internazionale:

https://framaforms.org/appel-juif-international-contre-le-genocide-a-gaza-172414100

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