Guerra in Ucraina? Non aiuta, anzi rallenta i piani della Cina su Taiwan

L'invasione russa può rafforzare la prontezza di difesa di Taipei e chiama gli Stati Uniti fuori dall'ambiguità strategica sull'intervento in caso di aggression

di Lorenzo Lamperti
Esteri
Condividi su:

Guerra in Ucraina, l'invasione di Putin non aiuta i piani di Xi Jinping su Taiwan

Oggi Ucraina, domani Taiwan? Forse il domani sarà almeno dopodomani. Mentre in molti ritengono che un'invasione russa in Ucraina potesse velocizzare le mire di Xi Jinping su Taiwan sembra emergere una realtà opposta: potrebbe rallentarle. Non è certo una scoperta che Pechino miri a Taipei (lo si sa da 70 anni), ma quanto sta accadendo in Ucraina sta velocizzando le capacità difensive taiwanesi o quantomeno rendendo meno ambigua l'ambiguità strategica Usa che individuano proprio su Taipei la partita geopolitica decisiva. Molto più che in Ucraina.

Alquanto difficile pensare che Xi avesse in mente un'invasione il prossimo autunno, come alcune indiscrezioni lasciano credere. Proprio a ottobre è in programma il XX Congresso del Partito comunista al quale Xi ha bisogno di ottenere il terzo mandato. Ottenere Taiwan non sarebbe una "piccola vittoria" ma LA "vittoria". Ma tentare la conquista e fallirla sarebbe non una "sconfitta" ma LA sconfitta. Un rischiatutto che a Xi, la cui presa sul Partito è forte, non conviene di certo. 

D'altronde, Taiwan non è l’Ucraina. Non lo è per nessuna delle parti coinvolte. Non lo è per Pechino. Primo punto della narrativa del Partito comunista sul tema: Taipei non si deve paragonare a Kiev nel tentativo di internazionalizzare una vicenda interna alla Cina. Ergo non assimilabile alle azioni del partner (non ancora alleato) russo. Tra le righe: a differenza di Putin la Cina non minaccia l’integrità territoriale di un paese che fa parte delle Nazioni Unite, distinguo utilizzato dal ministro degli Esteri Wang Yi alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco.

Perché per la Cina Taiwan non è l'Ucraina

Secondo punto della narrativa cinese: la colpa della guerra in Ucraina è tutta degli Usa che allo stesso modo non onorano gli impegni su Taiwan (per esempio vendendo armi) con conseguenti rischi per lo status quo. Dunque, secondo Pechino, in caso di crisi su Taipei la responsabilità sarà sempre americana.

Il punto seguente della narrativa, quello su cui Pechino insiste di più, chiarisce che le navi da guerra non sono ancora pronte a salpare sullo Stretto. Come già accaduto dopo la caduta di Kabul, media e social cinesi insistono sul sottolineare l’inaffidabilità di Washington che «gioca sulla pelle degli ucraini». Per poi abbandonarli come una pedina di un gioco più grande. La stessa cosa che potrebbero fare con Taiwan. Proprio mentre l’Ufficio per gli Affari di Taiwan di Pechino promette nuovi vantaggi per imprese e individui taiwanesi che scelgono di lavorare nella Repubblica popolare.

Per la Cina attaccare Taiwan significherebbe ecidere quei legami col mondo occidentale che invece con la sua attuale postura sulla crisi ucraina lascia intendere di volere in qualche modo preservare. Senza contare che Xi, in avvicinamento al XX Congresso che dovrà sancirne il terzo mandato, avrebbe bisogno di stabilità e non avventure in grado di minarne il consenso. Vista dalla Cina, attaccare Taiwan significherebbe attaccare se stessa. Se in futuro dovrà farlo, lo farà a prescindere da quanto Putin travalichi l’integrità territoriale ucraina.

Guerra in Ucraina? Perché gli Usa si muovono diversamente su Taiwan

Taiwan non è l’Ucraina. Non lo è per Washington. Per gli Usa, la Cina è diventato il primo rivale e il centro della loro strategia è diventata l’Asia-Pacifico. Da allora la Casa Bianca si prodiga a rassicurare Taipei sulla volontà di difenderla. Tra gaffe (di Biden) e finti segreti svelati (la presenza dei militari Usa a Taiwan), l’ambiguità strategica sembra essere meno ambigua. Kiev è il 67esimo partner commerciale di Washington, Taipei il nono. Senza contare il ruolo cruciale dei suoi semiconduttori. Taiwan ha anche un’importanza simbolica. Esempio vivente, per usare una visione alla Mike Pompeo (che tra l’altro sarà a Taipei nei prossimi giorni), che un governo etnicamente cinese può prosperare senza la guida comunista.

Una sottile partita psicologica nella quale l’arsenale normativo è per certi versi più preoccupante, o potenzialmente più efficace, di quello militare. Anche se poco dopo i carri russi 9 aerei cinesi sono entrati nello spazio di identificazione di difesa taiwanese, come avevano fatto ad agosto dopo il ritiro dall’Afghanistan. Forse non a caso, il cacciatorpediniere Uss Ralph Johnson è passato subito dopo l'invasione russa nello stretto di Taiwan: tentativo di rassicurazione. Altrettanto non a caso, Pechino sta cercando di miscelare le intimidazioni retoriche e militari con la reiterazione del proposito di “riunificazione pacifica”. D’altronde, come sempre, più la Repubblica Popolare viene percepita come una minaccia e più la maggioranza dei taiwanesi se ne allontanano.

Guerra in Ucraina, la prospettiva taiwanese

Taiwan non è l’Ucraina. Non lo è nemmeno per Taipei stessa. Anche il principale partito d’opposizione questa volta, contrariamente al post Kabul, non sta facendo da sponda alla narrativa di Pechino secondo la quale la vicenda ucraina dimostra che Washington tradirà Taipei in caso di bisogno. Quantomeno non la dirigenza del partito, semmai imbarazzata da prese di posizione di outsider che in qualche modo gravitano nella sua orbita. Anzi ha condannato l’invasione russa e, tra le ultime note ufficiali si legge il benvenuto al coinvolgimento di Taiwan nella nuova strategia dell’Indo-Pacifico degli Usa. Non un caso, visto che nelle scorse settimane la forza politica più dialogante con Pechino ha aperto un ufficio di rappresentanza a pochi passi dalla Casa Bianca, nel tentativo di rendersi “potabile” agli occhi americani in vista delle presidenziali del 2024.

Non è un mistero che quanto accada in Ucraina stia avendo un impatto psicologico sui taiwanesi. “Sì, le due situazioni sono completamente diverse ma ci sono alcuni sentimenti profondi che mi fanno mantenere l’attenzione su quanto sta succedendo lì. Questo sentimento può essere difficile da capire per persone di altri paesi”, dice per esempio il giornalista William Yang. È quell’empatia di cui ha parlato Tsai Ing-wen, che ha comunque sottolineato l’inesattezza dei paralleli tra Taipei e Kiev. Significativo che ora cambi l’approccio delle forze politiche principali. La stessa Tsai, che dopo la caduta di Kabul aveva invitato i taiwanesi a essere pronti a doversi difendere da soli, stavolta fa riferimento alle partnership con Usa e altri paesi.

Secondo un think tank legato al ministero della Difesa, la capacità di resistenza dell’Ucraina “ha fornito una buona lezione a Taiwan, indicando che un’enfasi sull’addestramento regolare dei riservisti militari sarà la chiave per un paese per affrontare un’intrusione militare”. Un tema molto spinoso e sul quale l’amministrazione Tsai è stata anche negli scorsi mesi messa alle strette dal Gmd. Secondo un sondaggio, la guerra in Ucraina ha reso gli abitanti di Taiwan più disposti a combattere, il 70,2% contro il 40,3% di dicembre. Ma restano dubbi sulle capacità dell'esercito e sui mezzi. Solo due giorni fa è caduto il secondo caccia militare dell'anno.

Leggi anche:

La Stampa, vittime ucraine in copertina: ma i morti sono filorussi di Donetsk

Nona Mikhelidze, dalla ricerca ai media: chi è la politologa esperta di Russia

Quotidiani, precipitano le vendite: più copie solo per La Verità di Belpietro

Russia, Rossgram online il 28 marzo: Putin lancia l'Instagram sovietico

No alla guerra: solo una multa per la bella e coraggiosa Marina Ovsyannikova

Chi è Fausto Biloslavo: foibe, marò e varie guerre in una carriera coraggiosa

La Stampa, giornalisti contro Elkann: flop di Cuzzocrea. A rischio Giannini

Striscia la Notizia, Lorella Cuccarini alla conduzione insieme a Gerry Scotti

Ucraina, ucciso reporter di Fox News: era eroe protagonista in Afghanistan

Chi è Myrta Merlino, ideatrice de "L'aria che tira" e compagna di Tardelli