Guerra, no ai "super partes". Sostenere il diritto alla difesa dell’Ucraina per difendere anche la nostra democrazia

Guerra, l'ultima diatriba sul significato di "armi difensive" è l’ennesima dimostrazione di come ci si può arrampicare sugli specchi

L'opinione di Massimo Falcioni
Esteri
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Guerra Russia Ucraina: no ai super partes della politica

Sulla guerra in Ucraina c’è, specie in Italia, chi per retaggio ideologico del passato e chi per speculazione politico-elettorale, continua a tenere una posizione, se non proprio sfacciatamente “pro Putin”, quanto meno “super partes”. Superando antichi e nuovi steccati si trovano sulla stessa barricata una parte della costellazione della sinistra, una parte di quella di centro-destra (da ex Dc, ai 5 Stelle, alla Lega), insieme ai pacifisti di vecchio e nuovo conio, di fatto auspicando la resa di chi è stato invaso e la vittoria dell’invasore. Ciò per evitare guai peggiori come il rischio di una terza guerra mondiale o per tornare a sventolare la bandiera anti Usa, anti Nato, vedendo nell’Occidente la parte “malata”, il vero nemico. Come se quel che sta accadendo da più di due mesi fosse una competizione sportiva fra alieni o un gioco virtuale fra extraterrestri e non una folle sfida voluta, ideata, lanciata da una parte – la Russia di Putin – una invasione militare contro un Paese democratico addirittura bollato come “nazista”.

Dimenticare, o fingere di dimenticare, chi in questa guerra che imperversa da più di due mesi è l’aggressore e chi l’aggredito e quali sono gli obiettivi dell’invasore non aiuta a trovare una via d’uscita. Quando una potenza militare come la Russia invade una nazione sovrana, quando i missili dell’aggressore radono al suolo intere città uccidendo civili, quando milioni di cittadini sono costretti a fuggire dalle loro case e dalla loro patria, non ci si può limitare a pontificare, assumendo toni di solenne superiorità politica e morale, elevandosi sopra i contendenti, confondendo o mettendo sullo stesso piano aggressori e aggrediti, soprattutto non vedendo o fingendo di non vedere qual è il vero obiettivo del rais russo. Con tutti i limiti e anche gli errori di Zelens’kyj, degli Usa, della Nato e dell’Europa, di fronte all’aggressione e alle tragiche conseguenze, di fronte al disegno di rivoluzione “geo-politica” di Putin che considera l’operazione in Ucraina come una tappa per espandersi ad occidente,  non si può non stare dalla parte della nazione aggredita. Putin punta alla realizzazione di un imperoeuro-asiatico basato sulla religione ortodossa per fare della Russia cristiana la nazione “liberatrice” del mondo: una inedita realtà geo-poltica transnazionale che includa anche l’Europa occidentale oggi considerata “un guscio vuoto”, dominata da ideologie corrosive come quella del gender, una Europa da ridurre a protettorato del suo grande impero “cristianamente ispirato”. Così il rischio di destabilizzazione mondiale è reale e richiede risposte adeguate, pur senza cadere nella trappola delle provocazioni e delle minacce. Non prendere posizione politica a favore dell’aggradita Ucraina e non supportarla in tutti i modi, anche con l’invio di armi adeguate allo scontro, addirittura reclamando una sorta di disarmo a senso unico (quello dell’Ucraina) mentre il secondo esercito del mondo minaccia l’uso di missili subsonici, fa ricorso a bombardamenti a tappeto, dispiegando carri armati e aerei di ogni tipo, significa di fatto solo una cosa: darla vinta a Putin e aprirgli la strada per il suo disegno di espansionismo egemonico anti democratico.

Guerra, Papa Francesco e il Vaticano riconoscono all'Ucraina il diritto dalla difesa

Lo stesso Vaticano, con Papa Francesco e con il Segretario di Stato Parolin, oggi riconoscono all’Ucraina il “diritto” alla difesa. L’ultima diatriba sul significato di “armi difensive” è l’ennesima dimostrazione di come ci si può arrampicare sugli specchi mentre a meno di due ore di volo dall’Italia si sta distruggendo una nazione. Non sostenere oggi, anche con l’invio di armi adeguate, l’Ucraina aggredita avrebbe, pur in tutt’altro contesto internazionale, le stesse conseguenze dell’aggressione dell’Ungheria del 1956 e della Cecoslovacchia del 1968 da parte dell’Urss. Non c‘è nessun dopo, né per l’Ucraina né per l’Europa, se si lascia fare a Putin quel che vuole. Ciò non significa puntare alla sconfitta militare degli invasori. Significa sostenere oggi la resistenza ucraina per “obbligare” Putin a non proseguire con il massacro di civili e ad aprire una vera trattativa di pace per trovare soluzioni “diverse” per le zone contese, dalla presenza di una forza multinazionale super partes all’accordo sulla partecipazione di quelle popolazioni alle decisioni, per esempio attraverso referendum. Strade difficili e strette, che vanno però ricercate e percorse. Oggi, prima che sia troppo tardi. Non bisogna alimentare la sindrome d’accerchiamento di Putin. Ma, al contempo, darla vinta a Putin sul campo di battaglia, vuol dire aprirsi a un domani che può riportare indietro ai tragici fatti che l’Europa e il mondo hanno già tragicamente vissuto.  

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