Economia

Benetton al 4,75% di Generali: la “salita” a sorpresa con i soldi di Aspi

di Marco Scotti

La famiglia veneta è salita a sorpresa a poco meno dello 0,8 del capitale totale: un investimento di circa 228 milioni di euro per quasi 12,6 milioni di azioni

Benetton, la sensazione è che non vedessero l’ora di liberarsi del fardello Autostrade per l’Italia per ricalibrare il business

Non c’erano grandi dubbi nel pensare che, alla fine, la lista del cda di Generali avrebbe prevalso sui “pattisti” e che Philippe Donnet sarebbe stato insignito del ruolo di amministratore delegato per la terza volta. Ci sono due aspetti che lasciano sorpresi al termine dell’Assemblea: lo scarto tra la lista uscente e quella proposta da Francesco Gaetano Caltagirone e il “peso” dei Benetton sull’azionariato del Leone.

Il sito ufficiale dell’azienda, infatti, accreditava la famiglia trevigiana, attraverso Schema 33, del 3,96%. Ma oggi si è appreso che i Benetton sono saliti al 4,75%, ovvero poco meno dello 0,8 del capitale totale. Calcolatrice alla mano – facendo riferimento ai valori attuali del titolo – vuol dire un investimento di circa 228 milioni di euro per quasi 12,6 milioni di azioni.

Non è l’unico movimento degno di nota: Leonardo Del Vecchio a gennaio deteneva il 6,5% del capitale, mentre a fine marzo era arrivato all’8. Ebbene, oggi è stato reso noto che il “paperone di Agordo” è al 9,8%. Significa che in quest’ultimo mese è stato rilevato l’1,8% del capitale, cioè 28,55 milioni di azioni per un controvalore (sempre ai dati odierni) di quasi 514 milioni di euro.

Francesco Gaetano Caltagirone è al 9,95% del capitale, appena sotto il 10% che avrebbe costretto il costruttore romano a dichiarare le sue posizioni in anticipo rispetto all’Assemblea odierna. Infine rimane la Fondazione Crt, che di Generali ha l’1,23%.

I “pattisti”, dunque partivano dal 25,73% del capitale di Generali, una quota consistente che sono riusciti a portare al 41,7% grazie all’appoggio di qualche fondo e di investitori retail. Troppo poco per spodestare Donnet, ma sicuramente una quota “di peso” che garantisce agli imprenditori di nominare tre membri nel consiglio di amministrazione, compreso lo stesso Caltagirone. In attesa, l’anno prossimo, che si riproponga una nuova battaglia, questa volta per Mediobanca.

Del Vecchio e Caltagirone vogliono comandare, questo è un dato di fatto. Lo fanno nelle loro aziende, pretendono di poterlo fare anche nei salotti della finanza. Comprensibile, anche perché l’investimento profuso da entrambi è davvero notevolissimo.

Ma i Benetton? Ecco, qui la sensazione è che non vedessero l’ora di liberarsi del fardello Autostrade per l’Italia (che pure hanno comprato per poco e che, in soli due anni, li ha ripagati dell’investimento profuso) per ricalibrare il business. Hanno venduto il 49% di Telepass per 1,05 miliardi e ora si preparano all’opa di Atlantia con conseguente delisting.

La cessione di Aspi è ormai cosa fatta anche dal punto di vista burocratico. Come faceva notare Il Sole 24 Ore manca solo un ultimo adempimento formale: il Mims e il Mef, con un decreto interministeriale, dovranno riapprovare l’atto aggiuntivo e poi inviarlo nuovamente alla Corte per la registrazione finale. Poi, entro 30 giorni, Atlantia conferirà il suo pacchetto azionario di Aspi, pari all’88,06% del totale, al consorzio di Cdp, Blackstone e Macquarie.

Ora, poiché la famiglia di Ponzano Veneto detiene il 33,1% - per ora – di Atlantia, calcolatrice alla mano dovrebbe ricevere almeno 2,61 miliardi di euro. Alla holding, infatti, spetterebbero da accordi 7,9 miliardi complessivi. La liquidità per salire in Generali, dunque, c’è e avanza anche. Chissà quale sarà il prossimo passaggio della famiglia veneta...

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