Guerra Russia Ucraina, doppiopesismo Ue: ok solo ai profughi “en vogue”
Intervista a Silvia Cavazzini, attivista per i diritti umani, che si trova al confine polacco-biellorusso e denuncia il doppiopesismo dell' Unione europea
Guerra Russia Ucraina, l'Europa respinge i profughi provenienti dalla Biellorussia e che scappano dalle guerre in Medio Oriente
Al confine tra Polonia Bielorussia e Ucraina sotto attacco russo insiste un crocevia strategico umanitario, soprattutto in territorio bielorusso, dalle cui basi si sono dipartite le direttrici d'assalto russe sul fronte settentrionale in direzione Kiev.
In sintesi: il dittatore bielorusso Lukashenko (o Lukashenka, con dizione in stile più bielorusso), sommo vassallo russo-europeo del Cremlino, ha in tempi recenti letteralmente importato profughi dai teatri di guerra mediorientali come merce di scambio e ricatto con la UE nella precedente emergenza migranti; ora le mutate priorità dovute alla guerra in Ucraina spingono lo stesso Lukashenko a disfarsi di questi ostaggi, in gran parte famiglie con bambini, spingendoli contro i reticolati e i soldati polacchi, che li respingono, mentre solo pochi chilometri più a sud altri soldati polacchi accolgono con tè caldo altre famiglie con bambini, quelle europee ed ucraine, parimenti meritevoli di salvezza, cure, asilo.
Sono questi i valori dell'Occidente che ora si richiede di difendere anche con le nostre armi? Respingere famiglie con bambini oltre che persone, di tutte le età, sfuggite a conflitti quasi sempre per altro direttamente o indirettamente provocati dai nostri paesi NATO, ma transeat? La disparità tra profughi di guerra, tra esseri umani più o meno à la mode, rientra nell'ambito di una realpolitik accettabile, e soprattutto accettabile apertis verbis, proprio nel momento del "show the flag" delle virtù del cosiddetto primo mondo in antitesi al secondo, oltre che al terzo?
Facciamoci spiegare meglio la situazione da Silvia Cavazzini, attivista per i diritti umani per Gandhi Charity e Hope&Humanity Poland, inviata sul confine polacco-bielorusso.
Silvia, qual è la emergenza dei profughi in atto al momento, trai due confini e la zona neutra?
“In questo momento ci sono ancora secondo le stime del gruppo di Hope&Humanity Poland circa 2mila persone in territorio bielorusso che vorrebbero arrivare in Europa a fare domanda di protezione internazionale. Si tratta di siriani, iracheni tra cui tantissimi curdi (i curdi hanno combattuto contro Isis/Daesh ndr), iraniani, afghani, yemeniti, egiziani, alcuni cubani che scappano dalla Russia e alcuni africani (somali e camerunensi).
Con la prossima entrata della Bielorussia in guerra, Lukashenko ha deciso di sbarazzarsi definitivamente del problema dei rifugiati (che lui stesso ha fatto arrivare con visti turistici da agosto in poi): il governo sta dando chiare disposizioni alle guardie di frontiera di obbligare ad andare verso la Polonia le circa cinquecento persone che si trovano ancora nel campo di Bruzgi e di deportare o imprigionare tutti i migranti che si nascondono in questo momento a Minsk. In generale, chi ancora si trova nascosto in Bielorussia tenta la via della foresta per le migliori condizioni meteo e per il timore della guerra, oltre che per il fatto che per noi è ormai impossibile, a causa della chiusura delle banche, mandare un sostegno a queste persone, che stanno soffrendo la fame. Ma c’è una grande, fondamentale differenza rispetto ai mesi precedenti: mentre prima le guardie di frontiera bielorusse permettevano a chi non riusciva a passare sul lato polacco di rientrare in Bielorussia, ora le disposizioni del governo intimano di non far rientrare nessuno.
I migranti si trovano quindi bloccati nella cd. buffer zone, una zona neutra tra Polonia e Bielorussia, delimitata da due recinzioni di filo spinato: in questo momento più di cento persone rischiano di morire di stenti sotto gli occhi delle guardie di frontiera polacche, che gli lanciano lacrimogeni per farli allontanare, e le guardie di frontiera bielorusse, che sparano colpi in aria, picchiano i migranti e liberano i cani (per i morsi dei cani sono già morte diverse persone nel corso di questi mesi, come accade da tempo al confine con la Croazia). Il livello di barbarie e violenza è altissimo. Anche qualora queste persone riuscissero ad entrare in territorio polacco, la Polonia respinge i migranti nella buffer zone senza prendere in considerazione la loro richiesta di asilo, contravvenendo alla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo”.
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Qual è l’azione di prima assistenza che i volontari stanno portando a questi profughi?
“Sul lato bielorusso, con le attiviste di Hope&Humanity Poland sosteniamo emotivamente ed economicamente le famiglie e tutte le persone che si ritrovano bloccate in Bielorussia senza più nulla: cosa che in questo momento ci è praticamente impossibile a causa delle sanzioni economiche e delle limitazioni nei trasferimenti bancari (ricordo che in territorio bielorusso non è consentita la presenza di ONG). Cerchiamo anche delle vie legali per portare queste persone in Europa, come siamo riuscite a fare per il caso della piccola Nza, una bimba di nove mesi con una grave patologia cardiaca che, insieme ai genitori, aveva vissuto l’inferno della foresta: è arrivata in Italia a febbraio e ha potuto sottoporsi all’intervento chirurgico d’emergenza che le ha salvato la vita. Sul lato polacco, diversi gruppi di attivisti portano aiuto umanitario alle persone che, magari dopo giorni nella foresta, riescono a uscire dai fili spinati: vestiti asciutti, sacchi a pelo, cibo, powerbank per i telefoni, l’occorrente per permettere la loro sopravvivenza nella foresta. Tutto ciò però è reso difficile dalla red zone, una zona larga circa tre chilometri che si estende su tutto il confine polacco, da nord a sud, nella quale è vietato l’accesso a chiunque, volontari, organizzazioni umanitarie, giornalisti, politici: solo gli abitanti locali possono circolare liberamente e salvare le persone che stanno morendo nella foresta, in una rete di solidarietà fortissima”.
Qual è il rischio della probabile chiusura del campo profughi bielorusso di Bruzgi e delle eventuali conseguenze sul flusso di profughi tra Bielorussia Polonia ed Ucraina?
“La settimana scorsa, alcuni militari sono entrati nel campo di Bruzgi, in Bielorussia, e hanno annunciato a tutte le persone che di lì a breve avrebbero dovuto andarsene: “o tentate la foresta, o andate in Ucraina, o vi deportiamo”. Come ci hanno riportato alcuni migranti che sono già rientrati a Minsk dopo aver fatto un tentativo, è impossibile entrare in Ucraina dalla Bielorussia. La scelta di molti è tentare la via della foresta: per questo sono tornata qui alla frontiera, a Pogorzelce, a pochi metri dalla zona rossa. Il numero di tentativi di passaggio sta aumentando sempre di più, e le persone che provano questo nuovo “game” sono i soggetti più vulnerabili, psicologicamente esausti e fisicamente deboli. Tutti coloro che sono rimasti bloccati in Bielorussia sono impossibilitati a tornare indietro, in patria, o per le condizioni di salute dei figli o per motivi di persecuzione politica o religiosa o perché a casa li attenderebbe il servizio militare obbligatorio (come per tutti i ragazzi in Siria).
Sono tutti profughi che scappano da altre guerre, da dittature, da nazioni con uno stato di violenza generalizzata. Due giorni fa sono stati lanciati dei missili dall’Iran a Erbil, la principale città del Kurdistan iracheno: la stessa notte tre famiglie del Kurdistan iracheno sono state respinte illegalmente dalle guardie di frontiera polacche e si trovano tutt’ora tra i fili spinati, in attesa di una salvezza che può arrivare solo con una decisione politica. L’Unione Europea continua sostenere che non può accettare i migranti strumentalizzati dalla Bielorussia. Nega però, in questo modo, il diritto della persona di chiedere asilo, come se la strumentalizzazione cancellasse il fatto che si tratta di rifugiati.
Noi che proviamo a portare aiuto su questo confine siamo spesso visti come dei criminali e rischiamo di essere accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina: se ci spostiamo qualche decina di chilometri più a sud, invece, diventiamo degli eroi. Perché non posso organizzare anche io una macchina e andare a prendere questi rifugiati al confine tra Polonia e Bielorussia, o tra Bosnia e Croazia? Lo chiedo ai politici, a cuore aperto: perché? Dovete spiegarci questa differenza di trattamento tra rifugiati di guerre diverse, perché io non la capisco. Dovremmo pretendere tutti una risposta”.
Ed ecco che anche a noi che non siamo fisicamente sul freddo confine orientale del blocco NATO, come è ora Silvia Cavazzini, la risposta appare purtroppo chiara: la guerra in Ucraina sta facendo esplodere le contraddizioni e le malefatte non soltanto del regime totalitario retto monocraticamente da Vladimir Putin, ma anche quelle dei campioni della claudicante democrazia atlantica, che con disinvoltura ormai tragicamente eccessiva hanno vissuto di doppiopesismo endemico, con la scusa di un realismo ormai debordato oltre il cinismo, nella forra ancor più gelida della disumanizzazione, del male banale.
Ce lo possiamo permettere o sarà anche questo un danno liquidato come economicamente sostenibile?