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Mantovani il day after l'assoluzione: "Berlusconi? Non mi ha chiamato"

Mantovani il day after l'assoluzione: "Berlusconi? Non mi ha chiamato"


di Fabio Massa

Sempre difficile interpretare lo stato d'animo di Mario Mantovani. Ex vicepresidente di Regione Lombardia, ex viceministro, ex coordinatore regionale di Forza Italia. Ex indagato, ex imputato, ex arrestato e tradotto in carcere. Sicuramente assolto con formula piena, da ieri. "Come mi sento? Mah, è il primo giorno di una nuova vita".

E quindi? Che tipo di vita sarà?
Ci si deve un po' orientare quando si rinasce. Le opportunità sono tante, cerco di guardare avanti con il coraggio necessario dopo una fermata imposta senza ragioni da una procura in difficoltà.

Se fosse stato un politico di centrosinistra avrebbe passato gli stessi guai?
Non escludo che i miei guai abbiano motivazioni di ordine politico. L'ho anche detto durante il mio intervento al presidente della corte d'appello. Non escludo che possa aver influito l'aver difeso il presidente Berlusconi davanti ai tribunali, considerato che le indagini sono partite qualche giorno dopo le manifestazioni di piazza.

Berlusconi l'ha chiamata dopo l'assoluzione?
Non ancora. Secondo me non glielo hanno neanche detto.

Lei si è espresso più volte sul fatto che ha lasciato Forza Italia perché non ha sentito il necessario supporto. Facciamo qualche nome e cognome?
Basti dire che mi riferisco a quelli che circondano il presidente, quelli che oggi governano il partito, che hanno costruito le liste nel 2018. Silvio Berlusconi mi chiamò nel natale 2017, e si votava tre mesi dopo, per dirmi che aveva bisogno di persone valide da portare a Roma, e che aveva bisogno di persone che avevano nella carne le ferite della malagiustizia per sedere in commissione giustizia al Senato.

E lei che cosa rispose?
Risposi che non tornavo volentieri a Roma, ma che in 25 anni non gli avevo mai risposto di no. Non si è più fatto sentire nessuno, da quel giorno.

In Parlamento però siede sua figlia, Lucrezia Mantovani.
Giorgia Meloni mi ha teso una mano attraverso Daniela Santanchè e Ignazio La Russa, probabilmente consapevole che potevo ancora essere utile per il mio impegno e il mio lavoro in Regione Lombardia, e ovviamente non potendo candidare me mi ha chiesto se c'era la disponibilità di un familiare e mia figlia Lucrezia ha accettato di andare a Roma.

Qual è stato il punto più basso della sua vicenda giudiziaria? Il carcere?
No. La sentenza di condanna a cinque anni e mezzo. La condanna del luglio 2019. E' stato un colpo inferto in maniera grave alla mia vita. Perché leggere che sei paragonato a un criminale senza esserlo, e senza che avessero solo una prova, tanto che la corte d'appello ha messo in evidenza deduzioni discutibili, è stato tremendo.

Il Movimento 5 Stelle le ha portato le arance sotto Regione Lombardia. Che cosa dice loro, oggi?
Mi fanno solo compassione. Hanno bisogno di studiarsi la Costituzione e i diritti civili di ogni cittadino.

 

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