Guerra Ucraina, Biden circonda Putin. Pronta la militarizzazione dell'Artico

Nel budget record per la spesa militare (che sta creando una marea di polemiche anche negli Usa), la Casa Bianca prevede un focus particolare per l'Artico

di Lorenzo Lamperti
Esteri
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Dopo la guerra in Ucraina gli Usa sfidano Putin ovunque, Artico compreso

Sfida totale. Gli Stati Uniti di Joe Biden hanno intenzione di presidiare tutto il vicinato della Russia. A partire dall'Europa orientale dove, pur non entrando direttamente nella guerra in corso in Ucraina, hanno intenzione di rafforzare la presenza militare dislocando nuove truppe tra i paesi dell'area, a partire dalla Romania e dalla Polonia, senza trascurare i tre paesi Baltici. Ma c'è anche un'altra regione di crescente importanza strategica nella quale Washington non vuole lasciare campo libero e potenzialmente foriera di nuove tensioni: l'Artico.

Il tutto rientra nel maxi piano di aumento di budget militare, con Biden che ha presentato al Congresso una proposta di bilancio da 5.800 miliardi di dollari con una 'minimum tax' per i paperoni e investimenti record per la sicurezza: 813,3 miliardi di dollari, un incremento di 31 miliardi (pari al 4%) sull'anno precedente. Aumento esponenziale che non è piaciuto e non solo ai rivali come la Cina, che hanno colto l'occasione per ribadire il ruolo aggressivo e destabilizzante di Washington che, secondo Pechino,  cercando di contenere Russia e Cina getta benzina sul fuoco di dispute regionali. Anche l'ala sinistra dei democratici, capitanata da Bernie Sanders ha protestato in maniera vibrante. 

Guerra Ucraina, le polemiche sulle spese militari di Biden

Una parte interessante della strategia difensiva degli Stati Uniti riguarda, appunto, la postura che Washington ha intenzione di assumere sull'Artico. La Casa Bianca ha infatti deciso di intraprendere una politica più aggressiva volta a contenere quello che definisce "espansionismo russo". Il segnale di quanto può riservare il futuro è arrivato nelle scorse settimane. Mentre tutto il mondo si concentrava sull'invasione russa in Ucraina, gli Usa hanno mandato in missione circa ottomila soldati paracadutati vicino a Fairbanks, in Alaska, dove l'amministrazione sta anche investendo centinaia di milioni di dollari per espandere il porto di Nome, che potrebbe trasformarsi in un hub in acque profonde a supporto della guardia costiera e dei vascelli militari operanti nel circolo polare Artico.

Rompighiaccio, radar e navi militari popoleranno sempre di più i mari glaciali del nord. L'attenzione verso la zona artica non è una novità dell'ultima ora ma di certo ora sta subendo un'accelerazione evidente. Basti pensare a quanto accaduto durante la fine dell'amministrazione Trump, quando l'ex presidente avanzò una proposta alla Danimarca per l'acquisto della Danimarca. La Groenlandia è una rara eccezione alla dottrina Monroe, vale a dire la teoria della supremazia degli Stati Uniti sul continente americano, che è stata più volte estesa anche all'America centrale e meridionale. Dopo l'acquisto dell'Alaska dalla Russia, questa enorme isola che fa geograficamente parte del continente americano, è sempre sfuggita al controllo diretto americano, anche se Washington ha già una base militare nella parte settentrionale del suo territorio, Thule Air Base. 

Gli Usa vogliono sfidare Russia e Cina nell'Artico: il nodo della Groenlandia

Dopo averla resa un proprio protettorato durante la seconda guerra mondiale e l'occupazione nazista della Danimarca, gli Usa avevano pensato di acquistare la Groenlandia per la sua posizione potenzialmente strategica a livello militare nella guerra fredda con l'Unione Sovietica. Negli ultimi tre decenni l'importanza dell'enorme isola si era molto ridotto, con la fine della contesa tra Washington e Mosca. Ma ora la "terra verde" (in inglese la Groenlandia è conosciuta come Greenland) torna a rivestire un ruolo strategico. Già, perché il ritorno al muro contro muro tra Usa e Russia fa tornare l'area al centro dei pensieri del Pentagono.

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L'importanza delle materie prime e la Via della Seta polare

Pensieri già presenti da prima, visto che lo scioglimento dei ghiacci stra creando nuove rotte marittime artiche sulle quali sta transitando non solo la Russia ma anche, sempre col placet di Mosca, la Cina, il grande rivale economico e geostrategico degli Stati Uniti. La Groenlandia è molto ricca di risorse naturali come gas e petrolio e minerarie come uranio, zinco, oro, titanio. Non solo. L'isola ospita il dieci per cento del patrimonio di, rullo di tamburi, terre rare. Già, proprio quegli elementi chimici di cui è ricca anche la Cina e che Pechino ha più volte sbandierato come possibile arma di ritorsione contro gli Stati Uniti nella trade war, paventando un possibile blocco dell'export che colpirebbe il settore dello sviluppo tecnologico, vale a dire il capitolo centrale della sfida commerciale (e geopolitica) tra i due colossi globali.

Da anni la Cina si sta muovendo con interesse sulla Groenlandia con progetti collegati anche a infrastrutture sensibili come base navali e aeroporti. Progetti e offerte che per essere stoppati sono stati dovuti essere rimessi in piedi dalla Danimarca, che ogni anno versa 591 milioni di dollari di sussidi nelle casse della sua isola sulla quale, nel frattempo, continua a soffiare qualche vento di indipendenza anche dopo il referendum del 2008 che ha esteso l'autonomia a tutto il territorio trasferendo al governo locale le competenze in ambito legislativo, giudiziario e nella gestione delle risorse naturali. Nel 2019 la compagnia di Stato China Communications Construction Company (CCCC) ha ritirato il progetto di costruzione di due nuovi aeroporti. Ma la presenza di Pechino si registra anche, e soprattutto, nel settore delle risorse naturali, in particolare con attività avviate da tempo nei lavori legati alle riserve di zinco e uranio, tra le altre quella di zinco a Cjtronen, quella di rame a Carlsberg e quella di uranio e terre rare di Kvanefjeld, dove la cinese Shenghe Resources opera insieme a un'altra azienda australiana.

Artico, la sfida nel breve termine è Usa-Russia, ma nel lungo sarà Russia-Cina

La Groenlandia si inserisce all'interno di una strategia ben più ampia da parte della Cina, quella della Via della Seta. Lo scioglimento dei ghiacci sta infatti creando nuove rotte marittime, e nuovi business, che fanno gola al potere ascendente di Pechino. La Belt and Road lanciata dal presidente Xi Jinping prevede infatti, oltre alle altre classiche rotte terrestri e marittime (compresa quella mediterranea che coinvolge l'Italia) anche quella polare. Grazie anche alla benevolenza della Russia di Vladimir Putin, la Cina punta molto sullo sviluppo della sua presenza sull'Artico, anche perché la nuova rotta farebbe risparmiare circa 15 giorni di navigazione per arrivare da Shanghai al cruciale porto olandese di Rotterdam rispetto al passaggio attraverso il Canale di Suez, passando da 48 a 33.

L'importanza dell'Artico per la Cina è propedeutica anche allo sviluppo economico delle sue province nordorientali come l'Heilongjang e lo Shandong. Non a caso la Cina sta investendo molto in rompighiaccio, mentre gli investimenti nell'area si stanno moltiplicando: dal tunnel sul Baltico che unirà l'Estonia alla Finlandia alle onnipresenti riserve minerarie nelle quali le imprese cinesi fanno la parte del leone anche sui ghiacci. Senza contare il settore scientifico, nel quale la Cina è presente per esempio in Islanda con un osservatorio meteorologico-astronomico. 

Gli Stati Uniti avevano da tempo inserito nella loro agenda il contenimento cinese sull'Artico, in una regione che potrebbe diventare presto un nuovo fronte di competizione non solo economica ma anche militare. E ora, dopo quanto accaduto in Ucraina, a maggior ragione l'attenzione degli Usa si alza per il confronto immediato con la Russia e quello futuro con la Cina.

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