Guerra Ucraina, ecco perchè Berlusconi è l'unico in grado di negoziare la pace
Il Cavaliere possiede una dote rara: l'umanità, intesa come empatia nei confronti dei propri simili, condivisione di pregi e difetti popolari
Guerra Ucraina, Berlusconi colga l'occasione per ristabilire la pace (e non la sprechi). Il commento
C’è stato un tempo, in verità molto lontano, in cui essere uomini aveva un profondo significato. Qualità considerate – a torto o a ragione – maschili, come il coraggio, erano importanti. In quel tempo, l’umanità era ancora capace di distinguere l’eroismo e di ammirare gli eroi, persone straordinarie, capaci di compiere generosi atti di coraggio. Coraggio, cor habeo, virtù oggi banalizzata, svuotata di significato. Anni di nichilismo, di svilimento della vita umana, di abbruttimento consumistico e di ateismo ci hanno fatto perdere di vista la sacralità della vita, la straordinaria unicità della vita di ciascun essere vivente, il miracolo che fa sì che ogni istante – ogni singolo istante – sia diverso da tutti gli altri.
Oggi si desidera essere come gli altri, uguali ai modelli propagandati dai media, dalla pubblicità, dagli influencer. “È una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose; nessuno che si appassioni o creda in qualcosa che non sia la sua piccola, dannata, comoda mediocrità” (Richard Yates). Si ha paura di essere se stessi.
La nostra è l’epoca delle nullità antropomorfe: vivono accanto a noi, le incontriamo ogni giorno e le osserviamo: l’umanità è inebetita, costantemente alla ricerca di soddisfare bisogni indotti, senza più valori, senza una vera volontà di cambiamento, sempre con la mente altrove, davanti ai propri schermi, ignorante, indifferente, impassibile rispetto alla quasi totalità dei problemi importanti ma anche rispetto alle effettive esperienze altrui, tanto che uno scrittore del ventesimo secolo descrisse così la vita: “La vita è movimento.
Un moto, però, circolare (intorno a quel piccolo nucleo che si chiama ‘io’), un moto talmente circoscritto che assomiglia a un piétiner sur place. Circoscritto dal gran cerchio d’ombra di tutto quello che sfugge alla nostra cognizione, o di cui non c’interessa cognizione. E non alludo allo scibile, né tantomeno al “mistero dell’universo”, alludo a ciò che rappresenta la realtà spicciola, la più vicina a noi.” (Guido Morselli, Dissipatio H.G.). Realtà e finzione si sovrappongono, al punto che non siamo più in grado di distinguere l’una dall’altra. Così, pigiati in metropolitana, davanti ai nostri schermi, osserviamo immagini reali di esseri umani che muoiono e videogiochi con lo stesso trasporto emotivo: zero!
Il film Armageddon ci dà maggiori emozioni delle immagini dal fronte perché il copione è scritto meglio: c’è il lieto fine e l’eroe salva il mondo. L’eroe non è il suicida che odia la vita e si fa esplodere per guadagnarsi il paradiso. L’eroe ama la vita e se rischia la propria è per aiutare il prossimo. Spesso, la sua dote principale non è il coraggio, ma la compassione, che è la conseguenza di una qualità rara: l’umanità.
Ieri ho scritto questa frase: “Il Cavaliere (Silvio Berlusconi) possiede una dote rara: l’umanità. Apriti cielo: “Non potevi scrivere intelligenza?”. Certamente, ma sarebbe stato banale. Io intendevo proprio umanità, intesa come empatia nei confronti dei propri simili, condivisione di pregi e difetti popolari, generosità, consapevolezza che in tutti noi c’è un lievito madre che ci accomuna, sensibilità che consente di intercettare i desideri della massa prima degli altri. L’opposto di un Mario Monti, che commise l’errore di credersi popolare quando era il prototipo dell’elitario.
Noi esseri umani non siamo che una tra le molteplici forme della vita. Per noi, romantici cresciuti nel culto della virtù dell’eroismo, la bellezza della vita umana, la sua piena realizzazione, può compiersi in un singolo atto di eroismo. Tuttavia, siamo in grado di distinguere tra veri e falsi eroi, non ci lasciamo portare fuori strada dalle esagerazioni dei cattivi giornalisti, per i quali chiunque compia il suo lavoro scrupolosamente diventa un eroe. Nossignori, non è così.
Il nostro modello di eroe è Ethan Edwards (John Wayne) in ‘Sentieri selvaggi’, che per anni insegue i Comanche per riportare a casa la nipote Debbie, rischiando la propria vita.
Noi, forse ingenui, siamo cresciuti sognando la nostra entrata in scena trionfale, l’istante che avrebbe rivelato – a noi stessi e al mondo – che eravamo coraggiosi, capaci di quell’unico gesto di eroismo che solo avrebbe dato un significato alla nostra vita mortale.
Naturalmente, ogni eroe vive quell’attesa come una noia e questa è la sua croce. Come Giovanni Drogo, il protagonista de ‘Il deserto dei tartari’, il rischio è attendere passivamente, sprecare la vita nell’attesa di qualcosa che potrebbe non giungere mai. Alla fine di una vita sprecata, senza un atto di eroismo non vi è riscatto possibile: noi non la pensiamo come Dino Buzzati, non ci basterebbe come consolazione il pensiero di morire con dignità. Noi vorremmo morire martiri per aiutare il prossimo. No, non siamo passivamente inetti: nell’attesa della nostra occasione, facciamo del nostro meglio per ingannare il tempo e, soprattutto, per migliorarci.
“Poiché il suo corpo è condannato a morte, il suo compito sulla Terra evidentemente deve essere più spirituale: non un totale accaparramento di beni nella vita quotidiana, non la ricerca di modi migliori per ottenere beni materiali e quindi non la spensieratezza con il loro consumo.
La vita deve invece essere il compimento di una riflessione costante e seria in modo che il nostro viaggio nel tempo possa essere soprattutto un'esperienza di crescita morale, per diventare esseri umani migliori” (Aleksandr Solgenitsin). Così, dopo molti lustri in questo mondo, la nostra unicità si accresce di caratteristiche che entrano a far parte della nostra personalità. Pur detestando Sartre, devo ammettere che è in parte vero che sia l’esistenza a determinare l’essenza, almeno dopo un lungo percorso.
Soprattutto, non vogliamo smettere di pensare, di provare emozioni, di interessarci alle cose. I risultati dei nostri sforzi individuali sono – ancora una volta – unici e irripetibili. Qualcuno di noi – pochissimi, in verità - ha la straordinaria fortuna di vivere l’attimo in cui tutto è possibile, in cui il gesto individuale può diventare atto di eroismo capace di dare un significato alla nostra vita mortale.
Grazie a quell’unico gesto – a volte – si passa alla Storia. Come in Armageddon, si può salvare il mondo, o forse una vita. Condizioni indispensabili sono avere coraggio e cogliere l’attimo. Silvio Berlusconi è davvero un uomo baciato dalla fortuna, perché oggi ha l’occasione di passare alla Storia per quel gesto di coraggio. Tutto il resto passerebbe in secondo piano, sarebbero dettagli di costume. Lui può avviare un negoziato di pace. E’ l’occasione della sua vita, la sua consacrazione in limine: non la sprechi.