Medio Oriente, la decapitazione di Hezbollah ha cambiato il volto della guerra. Adesso la pace è possibile!

Adesso che il “lavoro sporco” è in gran parte compiuto, sembra tutta un’altra storia

di Daniele Marchetti
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La Casa Bianca potrà rivendicare di essere sempre stata al fianco di Netanyahu



In quasi 12 mesi la guerra medio orientale tra Hamas, Israele ed il mondo sciita a partire dal cosiddetto “partito di dio”, gli Hezbollah libanesi sostenuti dalla Siria ed in ultima istanza, braccio armato, dall’Iran (deus ex macchina anche del terrorismo internazionale delle milizie Houti di stazza nello Yemen) ha cambiato volto almeno tre volte.

L’iniziale sgomento e sconcerto, suscitati -nell’intero Occidente- dal micidiale, riprovevole e vile assalto di Hamas in terra israeliana del 7 ottobre 2023 con migliaia di morti e centinaia di ostaggi deportati nella striscia di Gaza, deplorato da tutto il “mondo libero”, ha ben presto lasciato il posto ad un diffusissimo senso di sdegno verso l’operato -talvolta indubbiamente spietato e brutale- dell’esercito israeliano e del suo capo supremo, il primo ministro Benjamin Netanyahu, accusato -da più parti- di “genocidio”, denunciato -da alcuni Paesi africani (Sudafrica in testa)- presso il tribunale penale internazionale dell’AIA di “crimini contro l’umanità” ed in caduta libera nel consenso interno.

Un isolamento internazionale ed interno crescente che ha più volte fatto pensare ad una capitolazione imminente di Netanyahu preso a male parole anche da una Casa Bianca inferocita ed irrimediabilmente impotente che vedeva compromesso un cammino elettorale democratico bagnato dal sangue di palestinesi innocenti.

Poi la svolta!

La decapitazione di Hazbollah con l’eclatante ed impensabile eliminazione del suo storico fondatore e capo assoluto Hassan Nasrallah, inviso alla stragrande parte dei Paesi occidentali ed alle comunità sunnite tutte, ha -di nuovo, ma stavolta in modo dirompente- stravolto il volto della guerra, facendo saltare il tavolo: prima di tutto, il tavolo dell’ipocrisia.

Adesso che il “lavoro sporco” è in gran parte compiuto, sembra tutta un’altra storia! Persino negli Stati Uniti, dove -appena qualche settimana fa- la preoccupazione si tagliava con il coltello, si respira una maggiore serenità visto che la Casa Bianca potrà rivendicare -con orgoglio, in questo scorcio di campagna elettorale- di essere sempre stata al fianco di Netanyahu con armamenti che hanno permesso ad Israele di decimare una fazione terroristica che oltre a tenere in scacco il Libano, rappresentava una minaccia per l’intero Medio Oriente.

Anche la partita degli ostaggi, che da tempo Netanyahu ha dato per archiviata, sembra giocare un altro ruolo. Adesso l’attenzione sembra spostarsi su un altro elemento inedito per l’intero Medio Oriente: Israele come elemento di sicurezza per tutti.

Lo Stato che per decenni ha rivestito, per il mondo arabo in generale e per il mondo palestinese in particolare, l’elemento principale di turbamento e di inquietudine, sembra poter rivestire, oggi e per tutti, un importante fulcro di liberazione (e quindi di sicurezza) dai professionisti del terrore siano essi i sanguinari cecchini di Hamas a cui va l’onere di aver tradito la causa palestinese ed il sogno di Yasser Arafat di due popoli per due stati, siano essi i bracci armati dell’Iran; di quel “partito” che con Dio non sembra davvero spartire niente.

La pace è ancora indubbiamente lontana, ma alla vigilia dell’anniversario di quel tragico 7 ottobre di un anno fa, qualche spiraglio di possibile stabilizzazione del Medio Oriente sembra intravedersi. La stabilizzazione delle armi e della forza, quando arriverà, per essere reale e duratura, dovrà necessariamente cedere il passo all’integrazione delle culture e ad una reale collaborazione.

Senza fiducia e senza sicurezza, la pace in Medio Oriente sarà sempre un sogno!




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