Inter, Suning regge ma non rilancia. Cessione? Sì, ma Zhang non ha fretta

Ecco perché il colosso cinese proprietario dei nerazzurri è entrato in difficoltà, ma anche come sta provando a uscirne sia in patria sia sul fronte calcistico

di Lorenzo Lamperti
Steven Zhang
Esteri

Suning, la parabola tra boom e crisi del colosso cinese proprietario dell'Inter

Di certo, i tempi non sono più quelli della crescita roboante e degli investimenti globali. Ma con una seconda stella il cielo sopra Suning si fa un pochino più sereno. Il gruppo proprietario dell'Inter, colosso che ha costruito la sua fortuna con una capillare rete di vendita di elettrodomestici in un Paese che stava vivendo una storica esplosione di urbanizzazione e avanzamento della classe media, ha aggiunto il ventesimo scudetto alla lista di titoli della presidenza del 33enne Steven Zhang, che ora si fa sempre più nutrita e lusinghiera.

Dopo il successo sportivo, però, costruito anche e soprattutto grazie all'ampio margine di manovra lasciato a dirigenti capaci come Giuseppe Marotta e Piero Ausilio, ci si interroga sul futuro finanziario e societario dell'Inter. Insomma, come stanno Suning e Steven Zhang? Quali saranno i prossimi passi del proprietario della società nerazzurra?

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Iniziamo dalle condizioni generali di Suning, che nel quinquennio 2015-2019 ha vissuto il momento più propositivo sul fronte degli investimenti. In quei cinque anni, gli investimenti di Suning sono stati pari a 71,6 miliardi di yuan, tra cui 4 miliardi di yuan di investimenti azionari nel gigante delle telecomunicazioni China Unicom, sostenuto dallo Stato, 4,8 miliardi di yuan per l'acquisizione di una quota dell'80% di Carrefour China, 270 milioni di euro per l'acquisizione del 70% dell'Inter e 523 milioni di yuan per l'acquisto del Jiangsu Football Club.

Una lista della spesa forse esagerata. Ma che Suning sentiva di poter sostenere. Non solo sul fronte economico, ma anche politico, visto il rapporto privilegiato tra Zhang Jindong (il patron di Suning e papà di Steven) e gli alti funzionari del Partito comunista cinese. Tanto che Zhang senior era nell'elenco degli imprenditori cinesi arrivati col presidente Xi Jinping nel marzo 2019 in Italia per firmare decine di accordi nell'ambito dell'adesione del governo Conte I alla Nuova Via della Seta.

Solitamente si fa coincidere l'inizio dei problemi con la pandemia di Covid-19 ma in realtà il cordone del portafoglio di Suning ha iniziato a stringersi già prima. Innanzitutto, sul fronte calcistico, già dal 2017 il governo cinese ha gradualmente cominciato a rivedere la quantità degli investimenti all'estero. A cavallo tra fine 2016 e inizio 2017, l'Amministrazione statale cinese per i cambi (SAFE) ha dichiarato che le autorità di regolamentazione avrebbero controllato più da vicino gli investimenti cinesi in uscita nel settore sportivo e in altri settori, nonché gli investimenti al di fuori del core business di un'azienda.

Le politiche cinesi sul calcio e la mazzata pandemica

Applicate al calcio, le intenzioni significano: sì agli investimenti su beni immobili come centri sportivi o stadi, meno su beni volatili, come i cartellini dei calciatori. Suning, a differenza di altri proprietari cinesi di società di calcio europee, regge fino al 2019 incluso con spese parecchio ingenti per costruire una squadra vincente. Ma la seconda mazzata "normativa" arriva con il Covid. Tra 2020 e 2021, il governo cinese chiarisce che la fuoriuscita di capitali deve essere ridotta e gli investimenti riorientati su settori strategici.

Solo per questo Suning entra in difficoltà? No. Oltre al mutato approccio delle autorità al calcio, c'è anche una questione di portafoglio. La corsa alle acquisizioni e le perdite registrate nell'attività principale di vendita al dettaglio hanno trascinato Suning in una crisi di liquidità. Nel 2020, la società ha registrato una perdita netta di 3,9 miliardi di yuan su un fatturato di 258,4 miliardi di yuan, in calo del 4% rispetto al 2019.

Il calo viene acuito da due fattori, uno contingente e l'altro strutturale. Il primo: la richiesta di aiuto a un gruppo di aziende private, Suning compresa, nel salvataggio del colosso immobiliare Evergrande. Si rivelerà un tentativo velleitario, con le difficoltà che per lo sviluppatore sono continuate e anzi peggiorare dopo la pandemia, ma che intanto ha ulteriormente svuotato le casse del gruppo. Nel frattempo, le passività totali di Suning, comprese quelle della società quotata in borsa e delle altre filiali della casa madre, sono aumentate.

La seconda ragione, quella strutturale, è il fatto che la rete di Suning si poggi soprattutto su punti vendita fisici. La pandemia ha dato una prima spallata agli affari, ma ha anche cambiato le abitudini di acquisto dei cinesi, sempre più trasferitesi online e sulle grandi piattaforme di ecommerce. Con ripercussioni sulle prospettive del gruppo proprietario dell'Inter, penalizzato anche dalla mancata piena ripartenza dei consumi al dettaglio.

Non è un caso che l'attività di Suning ha continuato a indebolirsi anche dopo la pandemia. Nella prima metà del 2023, l'attività principale dell'azienda ha registrato un crollo del 70% dei ricavi, scendendo a 547 milioni di yuan. Il rapporto debito/attività ha raggiunto il 90,7%, con debiti a breve termine pari a 44,6 miliardi di yuan.

Nel luglio 2021, intanto, un consorzio guidato dal governo della provincia di Jiangsu ha investito 8,8 miliardi di yuan nel salvataggio di Suning. Il consorzio, sostenuto da diversi fondi governativi e da Alibaba Holdings, ha sostituito Zhang Jindong come azionista di controllo dopo un trasferimento di azioni. 

I progetti futuri di Suning e Zhang, tra Inter, Pimco e possibile cessione

E ora com'è la situazione? Qualche spiraglio si intravede. Lo scorso autunno, due società sostenute dallo stato come Citic Trust e China Huarong Asset Management, hanno predisposto un pacchetto da 685 milioni di dollari. Le due società investiranno i fondi in Suning nell'arco di 10 anni per contribuire alla rinascita del rivenditore. La prima tranche di finanziamenti servirà a sostenere i progetti di parchi logistici di Suning a Shaoxing, Hangzhou, Nanchino e Chengdu, con l'obiettivo di ristrutturare e rivitalizzare i progetti.

Per gestire il tentativo di rilancio, Zhang Jindong è tornato a occupare un ruolo di primo piano sul fronte operativo. Anche con questo si spiega la lunga permanenza in Cina del figlio Steven, che non ha potuto nemmeno partecipare alla festa scudetto nel derby di lunedì 22 aprile.

Il futuro? La sensazione diffusa è che Suning stia cercando di rifinanziare il debito per avere più tempo per proseguire i progetti societari. L'accordo col fondo statunitense Pimco sarebbe più vicino, per sostituirsi a Oaktree anche se con tassi di interesse più elevati. Per poi tenersi l'Inter sul lungo termine? Molto probabilmente no, ma Suning sa che tra nuova Champions League allargata, Mondiale per Club a cui l'Inter è qualificata insieme alla Juventus, nonché le ricadute positive della seconda stella, è meglio non vendere ora. Le due competizioni riviste e aggiornate garantiscono introiti più che ingenti, oltre che visibilità globale.

DI più. L'obiettivo di Steven è quello di arrivare a ottenere un'altra leva negoziale, quella dello stadio di proprietà. Insomma, la strategia è quella di arrivare a vendere in un momento in cui si potrà rientrare meglio delle grandi spese fatte negli anni pre Covid e dei tassi di interesse dovuti ai fondi. Per questo sin qui non c'è stata fretta, per questo non c'è stata smobilitazione. Suning sa che per conservare l'appeal l'Inter deve restare competitiva. Quindi, sì a mercati finanziati con le cessioni, ma no a vendite di massa.

Una strategia che sin qui ha funzionato, nonostante le difficoltà. E con una seconda stella è più facile programmare il futuro.

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