Iran, la polizia ha arrestato alcuni operatori dell'informazione occidentali
Accusati di aver inviato alle loro redazioni filmati "inopportuni"
Le proteste degli ultimi mesi in Iran sono le più estese dalla Rivoluzione del 1979, ma che cos'hanno di diverso rispetto alle precedenti?
La polizia iraniana hanno arrestato alcuni operatori dell'informazione occidentali che avevano ripreso video e immagini di "diverse situazioni" in Iran e li avevano inviati alle loro redazioni: lo hanno reso noto oggi le stesse Guardie Rivoluzionarie in un comunicato, nel quale hanno definito i contenuti filmati "inopportuni".
Le persone arrestate, che si trovano a Pardis, una città a est di Teheran, avevano il sostegno finanziario e di intelligence dei media occidentali, si legge nella nota, citata dall'IRNA. Durante le proteste in corso da tre mesi nel Paese, sono state inviate immagini e video ai social media e alle tv dissidenti in lingua persiana all'estero.
Iran, condannato a 28 anni un operatore umanitario belga
Le autorità iraniane hanno inflitto una condanna a 28 anni di prigione all'operatore umanitario belga Olivier Vandecasteele: lo ha dichiarato oggi un portavoce della famiglia. "La mia famiglia è sconvolta", ha dichiarato alla France Presse Olivier Van Steirtegem, dopo che il governo belga ha informato la famiglia della notizia.
Tajani: "Situazione iraniana inaccettabile"
Le proteste in corso in Iran hanno portato anche a diverse esecuzioni pubbliche nei confronti di alcuni manifestanti. Proprio di questo ha parlato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenuto all'evento sul Premio Sacharov al Senato.
Tajani ha definito "inaccettabile" la situazione a Teheran: "Invitiamo le autorità iraniane a fare marcia indietro e impedire altre condanne a morte" per i giovani che hanno partecipato "a manifestazioni in cui si chiedeva la libertà".
Le proteste in Iran
In più di 40 anni di regime, la repubblica islamica e le sue regole non mai state così minacciate dall’interno. C’è qualcosa di esemplare nel coraggio delle ragazze iraniane. Delle ragazze, e poi di tutti i giovani, degli operai delle fabbriche in sciopero, dei bazarim, i mercanti delle città che erano una base importante del consenso allo stato islamico.
In gioco non c’è solo il velo né la sopravvivenza della polizia morale religiosa. È uno scontro per la libertà dell'intero Iran e per il regime islamico vigente, che ha come guida suprema Ali Khamenei e come presidente Ebrahim Raisi, queste proteste sono una minaccia senza precedenti, che sta provando a fermare con la repressione, le torture, le pene di morte.
Ma questa strategia non funziona. Per le strade, se si chiede ai manifestanti che cosa ne pensano delle esecuzioni, rispondono: "Per ogni persona uccisa se ne alzeranno altre mille".
Che cos'hanno di diverso queste proteste in Iran?
Le proteste di questi ultimi mesi in Iran sono le più estese dalla Rivoluzione del 1979, quella che trasformò l’Iran in una Repubblica Islamica. Sono iniziate dopo la morte di Mahsa Amini, la ragazza arrestata a Teheran perché non indossava in maniera corretta il velo: nel giro di poco tempo si sono trasformate in una rivolta contro il regime, allargandosi ad altre città.
La differenza fondamentale con le proteste precedenti è questa: non c’è nessun leader che la polizia morale possa arrestare e uccidere, perché ognuno di questi uomini e donne è diventato il leader della propria vita. È impossibile vedere “quello che vuole” questa nuova generazione, ma è molto chiaro “cosa non vuole”: non vuole il regime islamico, non vuole più la censura, l'oppressione.
Iran: sospesa temporaneamente l'esecuzione della condanna a morte di Sadrat
L'esecuzione della condanna a morte per il 23enne Mahan Sadrat Marni è stata sospesa fino ad un ulteriore riesamine del caso da parte della corte suprema iraniana. Sadrat, che non ha avuto accesso ad un avvocato, era stato processato lo scorso 3 novembre, un mese dopo il suo arresto.
La condanna è per aver diffuso insicurezza e paura attraverso l'organizzazione di raduni e di aver così contribuito a minare la sicurezza nazionale, anche per aver dato fuoco ad una motocicletta e aver lanciato un attacco armato di coltello. Durante il processo ha negato di avere un coltello.