L'enorme debito italiano nel mirino di tre falchi del rigore. Ue, il von der Leyen-bis un incubo per Meloni

Cosa accomuna Dombrovskis, Brunner e Hoekstra? Il fatto che si debba tornare al dettame rigoroso del Patto di Stabilità

di Andrea Muratore
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Ue, il von der Leyen-bis un incubo per Meloni

In Europa è tornato il Patto di Stabilità, tornano le lunghe negoziazioni sulla politica di bilancio e sono pronti a tornare a volteggiare alti i “falchi” del rigore. L’Italia deve ancora ufficializzare il suo commissario nella persona del Ministro degli Affari Europei Raffaele Fitto, ma già c’è certezza che per l’esponente pugliese di Fratelli d’Italia, per il nostro Paese e per tutti gli avversari dell’austerità nel secondo mandato di Ursula von der Leyen ci sarà da sudare.

Un terzetto di falchi rigoristi è stato indicato dai rispettivi governi per ruoli nella Commissione di domani. Il primo è il vicepresidente uscente di Palazzo Berlaymont, Valdis Dombrovskis, già primo ministro della Lettonia. Dombrovskis, 53 anni, è nella Commissione dal 2014 ed è stato vice di von der Leyen e Jean-Claude Juncker. Si aggiungerà a lui il Commissario europeo alla Transizione Ecologica Wopke Hoekstra, già ministro delle Finanze del governo olandese di Mark Rutte ai tempi della pandemia di Covid-19. Last but not least, l’Austria ha indicato come commissario il ministro delle Finanze Magnus Brunner, esponente del centro-destra popolare dell’Ovp.

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Cosa accomuna Dombrovskis, Brunner e Hoekstra? La comune ostilità all’eccessiva espansione della solidarietà europea e la percezione del fatto che, a loro avviso, per i Paesi più interventisti la ricreazione sia finita. E si debba tornare al dettame rigoroso del Patto di Stabilità, del taglio alla spesa pubblica, del rientro nei parametri, costi quel che costi. La flessibilità di bilancio? Giusto per le spese del Recovery Fund e i piani comuni su transizione digitale e green, per il resto niet.

Celebri anche i numerosi episodi in cui gli esponenti del “terzetto del rigore” si sono confrontati con l’Italia. Primo fra tutti, ovviamente, Dombrovskis di cui si ricorda, nel 2018, il braccio di ferro col governo Conte I assieme al collega Pierre Moscovici. Nominato Paolo Gentiloni agli Affari Economici, nel 2019, fu proprio Dombrovskis a commissariarlo come vicepresidente a lui superiore, spegnendo le speranze del governo M5S-PD nuovamente guidato da Conte di una grande discontinuità europea. Nel 2020, quando la Commissione sospese il Patto di Stabilità su richiesta italiana, Dombrovskis ne ha chiesto il pronto ritorno all'opera, arrivando poi nel 2021 ad attaccare esplicitamente la conduzione italiana del Recovery Plan.

Di Hoekstra Politico.eu ha scritto definendolo il “Signor No”: “sulla scena europea, il suo sostegno al rigore di bilancio ― un paese che non rispetta le regole di spesa del blocco non dovrebbe ricevere fondi UE, ha detto una volta ― gli ha fatto guadagnare una reputazione mista, soprattutto quando si è sbilanciato per rifiutare la condivisione in comune del debito UE per affrontare la crisi pandemica. In seguito, ha detto, se ne è pentito”. Ma se ora il portafoglio del Bilancio o degli Affari Economici dovesse capitargli in mano, che succederà? Gli osservatori più attenti ricordano la linea dura del duo Hoekstra-Rutte nel 2020 contro il governo Conte II che chiedeva la mutualizzazione del debito contro la pandemia, assieme a Francia e Spagna, trovando nell’Olanda un rivale sistemico.

Brunner, giunto alla politica dopo una lunga carriera nel privato, non ha attaccato l’Italia con insistenza ma ha incarnato la nuova linea dei popolari austriaci che dopo il Covid-19 hanno interpretato la parte dei falchi più oltranzisti. Superando addirittura l’Olanda nella gerarchia dei più ostili avversari di qualsiasi cedimento alla solidarietà sui conti pubblici nelle negoziazioni sul bilancio. In nome del suo “sacro egoismo” l’Austria fa del rigore un punto di riferimento. E Brunner, da tre anni titolare delle Finanze austriache, si fa interprete di questa linea in nome della quale è arrivato addirittura alla “lesa maestà” di bacchettare nientemeno che Mario Draghi un mese prima della caduta del suo governo, nel giugno 2022, quando invitò il governo di unità nazionale a mettere a posto i conti pubblici.

La presenza di figure politiche tanto spinte sul tema dell’austerità spiega perché il portafoglio che Fitto avrà sarà decisivo per capire se l’Italia potrà pesare nella Commissione di domani. La cui leader, Ursula von der Leyen, appartiene comunque a quella stessa Cdu tedesca che del rigore fu, con Angela Merkel, la vera ideatrice. Insomma, arrivano tempi decisivi. E si capirà dove tirerà il vento già dalla battaglia autunnale sul bilancio. Se ai tre falchi saranno dati portafogli di peso in ambito economico, la strada sarà sicuramente in salita.