Economia, energia e caos politico, Scholz lascia un Paese in panne. Ecco perché la crisi tedesca minaccia tutta Europa

Mentre oltreoceano il neoeletto Donald Trump annuncia i nomi dei ministri che comporranno il prossimo, l'Europa attraversa una fase di incertezza con Berlino in piena crisi politica, economica ed energetica

di Chiara Morelli
Palazzo del Reichstag
Esteri

La crisi tedesca post Scholz: politica, economia ed energia, preoccupano tutta Europa


Mentre oltreoceano il neoeletto Donald Trump annuncia i nomi dei ministri che comporranno il prossimo Governo degli Stati Uniti D’America, l’Europa attraversa una fase d’incertezza, a partire dalla crisi politica (e non solo) che sta scuotendo la Germania. Berlino si prepara infatti a elezioni anticipate, dopo il “collasso” del Governo guidato da Olaf Scholz. Il Cancelliere tedesco, al potere dal dicembre del 2021 dopo sedici anni consecutivi di Angela Merkel, negli ultimi tre anni si è ritrovato a far fronte a una serie di problematiche che hanno caratterizzato l’economia tedesca, non riuscendo a mantenere stabilmente la leadership e pagando “la fine del sincretismo tedesco che Merkel era stata in grado di costruire”, soprattutto dopo che proprio Angela Merkel, al contrario, era stata capace di plasmare un’Europa “del rigore a uso e consumo della Germania”, come ben sottolineato da Inside Over. 


Conseguentemente oggi, la “coalizione semaforo” rosso-giallo-verde tedesca non è più in grado di reggere, e il Partito Socialdemocratico, in vista del voto anticipato del 23 febbraio 2025, sta considerando di sostituire Olaf Scholz, dove uno dei nomi più discussi per ricoprirne il ruolo è diventato quello dell’attuale ministro della Difesa Boris Pistorius. Ma quali sono le reali cause dietro a questa crisi molteplice?

Senza dubbio l’instabilità politica, s’intreccia a doppio filo con la crisi economica e soprattutto energetica tedesca, legata in parte anche alla guerra in corso in Ucraina. Se Angela Merkel, in passato, pur condannando l’annessione russa della Crimea, avvenuta nel 2014, e seguendo – a parole – la “dura linea” Usa di contrarietà alle politiche di Mosca e di Putin, nei fatti aveva mantenuto, per anni, una cruciale alleanza russo-tedesca proprio sul fronte energetico, rendendo la Germania leader in questo settore, in tutto il Vecchio Continente. Mentre d’altra parte Scholz, dopo l’invasione russa dell’Ucraina del 2022 e la rottura totale dei rapporti con la Russia, non è stato capace di rispondere adeguatamente al venir meno proprio di quell’alleanza. 

D’altra parte, infine, il triennio di Scholz ha visto un crescente calo anche dell’export tedesco, in tanti settori chiave, tra cui quello automotive e meccanico (ma non solo), che, assieme alla crisi energetica hanno creato effetti “a cascata” con ripercussioni macroscopiche. Certo è, insomma, che la Germania di Scholz non è più la locomotiva d’Europa com’era sempre stata considerata in passato, e di fronte alla recessione, la “guerra economica” promossa in primis da Biden, e il nuovo ritorno di Trump a guida degli Stati Uniti, che già promette consistenti dazi proprio sull’importazione di prodotti europei in Usa, l’esito è quantomai incerto. Su quali prospettive si affacciano allora la Germania, e più in generale l’Europa, del 2025? Se Berlino si prepara a una linea politica intransigente sul fronte economico ed energetico, ci si chiede se questo basterà a frenare la “policrisi” post Merkel e soprattutto, l’eventualità del post Scholz.
 

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