Russia: Coca-Cola, Pepsi, Starbucks e Heineken si uniscono al boicottaggio

Si moltiplicano le iniziative per isolare il regime di Putin: oltre ai brand internazionali, si muovono sia Ocse che Cern

Di Lorenzo Zacchetti
Esteri
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La guerra in Ucraina e il brand activism

Si estende il boicottaggio dei grandi brand internazionali nei confronti della Russia. Dopo McDonald’s, che ha seguito i pressanti inviti ad unirsi alle iniziative di altre aziende, anche Cola-Cola, Pepsi, Starbucks e Heineken interrompono le proprie attività nel Paese di Vladimir Putin. La drammatica evoluzione del conflitto in Ucraina ha sollecitato il brand activism da parte delle più influenti aziende del mondo, le cui scelte possono contribuire a rendere efficaci le sanzioni delle istituzioni, isolando dal Russia dal mercato globale. 


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L’importanza del ruolo delle imprese nei processi politici è sottolineata anche dalle parole di Ramon Laguarta, Ceo di PepsiCo: “Pepsi-Cola è entrata nel mercato al culmine della Guerra Fredda e ha contribuito a creare un terreno comune tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. Tuttavia, visti gli orribili eventi accaduti in Ucraina, annunciamo la sospensione della vendita di Pepsi-Cola e dei nostri marchi globali di bevande in Russia, tra cui 7Up e Mirinda. Sospenderemo inoltre gli investimenti di capitale e tutte le attività pubblicitarie e promozionali in Russia”.

Le scelte di Ocse e Cern

L’iniziativa dei brand è sinergica con quelle delle istituzioni internazionali. L’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha infatti sospeso sia la Russia che la Bielorussia, mentre il Cern di Ginevra ha preso la stessa decisione rispetto agli scienziati russi, circa mille, che ne fanno parte. Questo nonostante la netta presa di posizione degli scorsi giorni, resa pubblica con una lettera aperta molto polemica nei confronti delle scelte di Putin: “Noi, scienziati e giornalisti scientifici russi, dichiariamo la nostra ferma opposizione all’aggressione lanciata dalla Russia nei confronti del popolo ucraino”, vi si leggeva. “La responsabilità di avviare una nuova guerra in Europa ricade interamente sulla Russia. Non c’è giustificazione razionale per questa guerra. Naturalmente, l’Ucraina non rappresenta alcun rischio per la sicurezza russa. I tentativi di utilizzare la situazione nel Donbass come pretesto per una operazione militare sono totalmente artificiosi. La guerra contro l’Ucraina è ingiusta e francamente è un nonsenso”, proseguiva il documento, siglato da oltre 4.000 personalità. "L'isolamento della Russia significa decadenza culturale e tecnologica del nostro paese e una totale mancanza di prospettive positive. La guerra contro l’Ucraina è un passo verso il nulla”: le conseguenze paventate dalla lettera aperta sembrano davvero sul punto di avverarsi, anche per via delle scelte delle multinazionali.

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